lunedì 9 aprile 2012

L'assedio di Gallipoli

L’ASSEDIO DI GALLIPOLI
                                                             (1484-2004)
                                                    Di Augusto Benemeglio

          Con il vecchio Aldino De Vittorio ci troviamo sul   bastione   turrito  di  San Giorgio ,  affacciati  sul  porticciolo. Da una tastiera invisibile ascoltiamo come un   trasuono, una musica strana venire dal  mare  , o forse da un’onda fonda di risacca  che tesse e ritesse la spola del tempo , riapre  pagine  dolorose e pur gloriose della storia  di Gallipoli…. 
    Alla vigilia dell’assedio, nel 1483 , nessun libro, nessun documento della storia di Gallipoli ci dice esattamente quali fossero le condizioni della città. Tutto è andato perduto , tranne una
“ supplicazione “ presentata dall’Università a Ferdinando d’Aragona : maestà ,  la città è desolata , c’è penuria di uomini da lavoro e anche per fare vettovaglie. Il re è magnanimo e concede franchigie da ogni dazio a “ tutte quelle persone che volessero condurre  o far condurre grani o altre vittuvaglie, per venderle nella città”.
       Ma è quell’onda di  mare , che passa e ripassa sulle antiche mura , che ci racconta la storia  e d’un tratto  ecco venire  verso di noi  vessilli di cento  leoni  d’oro   che ruggiscono nell’aria e  fanno  tremare le nuvole grigie.  Sono le galee veneziane  comandate dall’Ammiraglio Marcello ,  riprodotte in una grande tela da Aldino ( “L’assedio di Gallipoli” ) , una sorta di pannello scenografico teatrale  in cui si può  rivivere la storia dell’assalto veneziano  sulle mura  . I marinai veneti  sono  sulle biscagline   di corda ,   con i loro inguini di spuma , le oscillazioni di barbe ramate  e le  grida terribili; ma i  guerrieri di   Gallipoli  hanno fiamme mobili nel cuore e un infinito di passioni. Gli avi di Aldino  si difendono valorosamente e  respingono  gli assalitori , finchè possono. Sono barriere vive  di stinchi, di braccia, di grucci  e  bastoni.   Ma sulle mura  c’è un’estasi di  grida  , un delirio  di vittoria  e di grandezza dei veneziani  i cui capi urlano : “ cento monete d’oro e  la più bella donna di Gallipoli per il primo che mette piede sulle mura” .
Lame , scale,  vessilli invadono   le torri e i bastioni,  ed è tutto   un risuonare di voci  strane e terribili che avanzano,  avanzano sui morti e  risalgono le mura sbrecciate...poi  un suono  lontano  di campane  che annuncia   la muta  onda  nera delle donne  di Gallipoli. Tutte , giovani spose con il figlio in braccio  e  anziane ,  fanciulle di undici o  dodici anni  con le trecce nere   escono dalle  case e  si riversano  sui bastioni   con  l’olio bollente ,  i sassi a difesa estrema della  loro città bella che sta per  cadere , essere presa… I loro cuori disperati  formano  una tastiera immensa , un’ultima barriera di clarini  che  stordisce e fa arretrare i veneziani trionfanti. Le donne fanno il cielo scuro e il mare d’olio . E i  sassi e le rocce s’insaguinano di feriti e morti veneziani… 
Tutto ciò  è  nel quadro di Aldino , come una sinfonia dalle intonazioni varie, da quelle più sorde a quelle più acute , la grandezza di un sogno che sopravvive alla sua degradazione e alla realtà della storia  insieme ai granelli di polvere e al sentimento del vuoto e della morte , il tutto  evidenziato con impressionante realismo e  geometrica  precisione; tutto ci puoi trovare ,  anche il dolore più straziante  dei bambini massacrati , lo stupro delle donne   e  l’agonizzare delle onde che si infrangono  sugli scogli . Un  vizio assurdo  ,  un rimorso e  il silenzio , la luce  e le canzoni di mare  scritte da  un maestro  prodigioso di orchestre e di colori  che ha dentro di se  la tristezza di quelle onde infrante, il dolore  di  una campana al tramonto che ridesta sopite malinconie e antichi ricordi del sangue.
“Con la vanga dei ricordi/ scavo nei tumultuosi/ e frenetici abissi/ di questo mondo ora in eclissi/…Terre del mio Salento…/orlate di muri/merlettate di pietre/ come teschi calcarei…
Il suo cuore è  una melograna profonda e aperta… Campi seminati di preghiere/ olivi benedetti/ e cori di bocche / di corpi sazi di lavoro/ echi di bestemmie / e rami secchi/ rivolti verso cieli neri.
 E le onde sotto di noi si fanno semi fulgenti di sguardi lontani , mentre il vento del sud trasporta il profumo dei fiori d'arancio, intenso e penetrante,  e l’immagine viva di un bambino gallipolino con “ … un pezzo di carbone spento/ per angeli e madonne/ dal collo torto disegnare.   
Gallipoli, 2004                                                                 Augusto Benemeglio

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