sabato 30 giugno 2012

La gazza ladra e il Trio paradiso


 LA GAZZA LADRA  E IL TRIO PARADISO
Metti una gelida sera d’inverno  , un Natale di VENT''ANNI  fa , metti   un trio di giovani musicisti  che esegue la “Gazza ladra” di Rossini , il tutto presso la Biblioteca Civica di Gallipoli , ex Oratorio dei Nobili dedicato all’arcangelo Gabriele e comunemente chiamato “ Sant’Angelo”, tant’è che la gente per distinguerlo dal più celebre e famoso castello dalla  cui cima si gettò la “Tosca”( e tanti altri “vennero gettati" prima e dopo di lei),dice il Sant’Angelo di Gallipoli . Mettici in cima il trio “Paradiso” ( così si chiamano i tre giovani orchestrali, tutti diplomati al Conservatorio di Bari ) che eseguono in modo davvero ammirabile la celebre aria di Rossini. Ed eccovi allora una “Gazza ladra” senza i marziali rulli di tamburi, una gazza più tenera che stempera  la sua graffiante ironia , che annulla  quasi del tutto quel  conflitto drammaturgico di opera ottocentesca , dove i soprusi del potere  politico si scontrano con i semplici sentimenti degli umili, insomma una “gazza” davvero natalizia, da presepe , da pastori , contadine  e stelle comete, da pittule e mmudricule  colorate . Ecco i nostri giovani musicisti Salentini  regalarci una serata di musica interiore , musica che scende davvero nel cuore . Certo non sono gli  inarrivabili “Ottoni di Budapest”, o gli “Ensemble di Vattelapesca”,  che ogni anno vengono ingaggiati dal Comune di Gallipoli , a spese del contribuente, per magnifici  mega-concerti estivi fantasmi , che nessuno è mai riuscito a vedere, nè sono  tantomeno ( per fortuna)  le riciclate  star del  Premio Barocco tipo la Loren  da quattrocento milioni di vecchie lirette  per un quarto d'ora  scarsa di presenza..
Ecco , Signore e Signori ,   questo è il nostro  Trio Paradiso : affettuoso, tenero, carezzevole , sorridente , gioioso.  Ed ecco gli archi e il flauto aprire sentieri, radure , sospensioni , voli...  E poi losanghe colorate, “zinzuli e dulori”, e palazzi barocchi  che sono geometria pura, architettura perfetta, cattedrali rosa senza peso  come quelle di Monet, spazi senza fine , orizzonte senza limite,
prospettiva a perdita d’occhio. Il mio  “Infinito Leopardi”, insomma, che  pur  essendo stato totalmente ignorato dai media e dal potere  politico locale  (non era presente  nessun  rappresentante dell’Amministrazione comunale e delle altre Istituzioni ) è stato molto apprezzato e goduto dai pochi intimi come una Epifania , un dono prezioso.  Davvero l'è una roba  che non l’avevo mai  sentita neanche a Milano  e a  Torino..." , mi dice un  turista per caso .  "Ma chissà cosa costano quei ragassi lì, eh?”  Non hanno prezzo,- dico io.  Suonano per gioco e per amore. Suonano per il  loro piacere, suonano per vocazione, per dannazione, nonostante gli  spifferi d’aria che bloccano loro la cervicale, nonostante terribili  pruriti sotto i piedi, nonostante spaventosi capogiri che gli fanno  perdere il senso dell’orientamento, suonerebbero anche col fuoco e  coll’acqua alla gola, perchè suonare per loro è vivere, te capiss?...  Ma non parve aver molto capito, a lui interessava la cosa pratica, i daneè.  Alla fine gli ho detto in un orecchio quanto costavano  e lui ha trasecolato....    Ma l'è proprio gratis!....( Sembrava deluso) Però l'è stata l'stess una  bela serata, ragassi! Viva il trio paradiso e...la gazza Ladra!

CHI E' VERAMENTE AMELIA?



1. LE MUSE
Leggendo “Amelia” , il raffinato elegante affascinante romanzo
di Maria Concetta Cataldo, “Edizioni del Grifo” , Lecce 2003, ad un
certo punto mi sono chiesto se anche l'autrice abbia scorto le muse
montaliane sulla balaustrata, appena un filo di brezza sull'
acqua /..., la magnolia, il cipresso, l'ippocastano , /la vecchia
villa scortecciata”...e tutta assorta in quell'atmosfera e tono
crepuscolare, vagamente sfumata e liberty, densa di malinconia, di
sospensione d'ogni attività, di calma assoluta , si sia posta in
attesa del quel “suono, ora acuto ora grave , solenne vibrante che
raramente gli uomini ascoltano. Un'armonia originaria che, se udita,
stimola la nostra ulissiaca vocazione a violare il limite, a dilatare
l'io, a vincere l'ordine della Storia ed il fiume del tempo” (vds.
pag.11) di cui parla nella sua introduzione. Mi sono chiesto se quelle
muse , magari più bodelariane , o rembodiane , che montaliane ,
fossero andate a trovarla in una di quelle sere disperate , una notte
di tormenti e tempesta , in cui la ragione è davvero poca cosa e non è
in grado di prendere il timone della nave , in una di quelle notti in
cui non rimane altro che lasciarsi andare alla deriva , liberare la
propria anima nella sua nudità e farla danzare sulla vecchia nave ,
ormai ridotta senza alberi e vele , su un mare mostruoso e senza
rive , senza nessuna certezza di riuscire a traghettarla.

2. SUBLIMAZIONE
Per uscir fuori di metafora , “Amelia “ , opera prima ma molto
matura , sia per la personalità che il corredo culturale e la cifra
spirituale dell'autrice , è - probabilmente - il frutto autobiografico
della sublimazione di una crisi esistenziale in cui - come osserva
acutamente Gino Pisanò , nella sua dotta prefazione - si cela “il
messaggio etico-ideologico, le pulsioni emotive , le aspirazioni
ideali , i ri-sentimenti , in definitva, la visione del mondo di chi
scrive”, il tutto “trasferito su un piano di più alta e assoluta
armonia” L'intenzione è anche quella di “ sublimare “ l'attenzione del
lettore , attraverso gli stessi stilemi che si propone il messaggio
poetico , “accessibile , un giorno o l'altro, -disse Rimbaud - a tutti
i sensi”, invitarlo - come dichiara lei stessa -ad una sfida , ad andare 
controcorrente , verso una profondità insolita, all'introspezione, 
ad approfondire il tema dello sdoppiamento delle nostre personalità, 
ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, il sogno, l'eterno sogno 
della molteplicità dell'uomo dalle mille maschere e la ricerca dell'unità.

3. STORIA DI DUE DONNE
Nel romanzo si narra la storia di due donne , due intellettuali , due
letterate , due poetesse , diversissime l'una dall'altra , che fanno
esperienza dell'innamoramento, “ dell'amicizia del cuore , che è
elemento di quel fuoco che opera la metamorfosi dell'essere in Amore”
(pag.13). E' vero che Pisanò fa ricorso a Platone e parla
di “innamoramento per la bellezza fisica fino alla contemplazione
della Bellezza nella sua essenza pura , quindi , come nel Fedro nel
suo anelito a ricongiungersi con l'Assoluto ritrovando le radici della
propria eternità “ e la stessa Cataldo , nel suo “prologo
metaletterario” , fornisce chiavi di lettura , mette sull'avviso il
lettore affinchè la storia di Amelia e Silvia non venga banalizzata e
ridotta ad una mera , per quanto appassionata relazione sentimentale
fra due donne ,ad un amore saffico . E tuttavia rimane la libertà di
giudizio del lettore , enunciata da Perec nelle famose dieci regole ,
com'è giusto che sia ( Ogni lettore diventa padronissimo di dare al
romanzo la sua personale interpretazione) , e quell'ambiguità e
ambivalenza della storia , che è propria dell'arte, fin dalla elegante
e bellissima copertina del libro che riproduce un particolare della
Primavera del Botticelli, due donne, due fanciulle angeliche - Amelia
e Silvia idealizzate? - i cui sguardi e le cui mani si intrecciano e
si specchiano - aliti femminili di un'altra vita , che soffiano
addosso in una profferta quasi panica di bellezza e d'amore assoluto .

4 .DIALOGO NEOPLATONICO.
Certo, si tratta - siamo d'accordissimo con Pisanò - di una lettura
aristocratica che si fa reminescenza dell'assoluto , trascendenza del
concreto o delle esperienze emotive dell'autrice, ma anche complessa
riflessione filosofica incentrata sul tema dell'eros , della donna
vista come origine dell' eros , un eros senza confini che puo' far
nascere anche in un'altra donna”, di fatto un dialogo neoplatonico a
due voci, dove l'una appartiene al sosia dell'autrice ( Silvia) ,
l'altra a una figura femminile ( Amelia) che rappresenta il vero
epicentro del tessuto ideologico e dell'intreccio”.
 E potremmo aggiungere che è anche una metafora dell'Arte , “e delle
sue possibili maternità”, come ha osservato Maria Paola Porcelli , “di
una maternità immortale”. L'arte che diventa una morale visibile , una
forma di vita che non sarebbe possibile senza una serie di capacità
intellettuali e percettive e di abilità nel manipolare la materia che
rivelano anche degli aspetti importanti della natura umana, che si
rifanno alla storia personale dell'artista, in questo caso Maria
 Concetta Cataldo, studi filosofici, baccelierato in Teologia e licenza
in scienza delle religioni all'Università del Laterano , dirigente del
settore cultura della Fidapa , è animata dal desiderio di perfezione
della forma, della parola scritta , degradata e corrosa dall'uso
quotidiano, che recupera un tutto il suo fascino e la sua magìa , che
si fa lieve , levigata ed essenziale , leggera, fragile e colorata
come una farfalla , aerea e rarefatta , parole quasi scolpite nel
cielo come nubi danzanti: ... due nuvole bianche... si formano rade
nel cielo di settembre e tendono, spinte dalla brezza di tramontana, a
fondersi non per generare pioggia , ma solo per il desiderio di
incontrarsi. (pag. 100)

 5. CHI E' AMELIA?

Per la Cataldo , Amelia è una  scrittrice , una poetessa , una creatura straordinaria
, piena di carisma e fascino , che Silvia (  lei stessa )conosce a Capri , 
in uno dei suoi abituali week end cultural-chic , e se ne innamora pazzamente , 
in senso totale , esclusivo particolare . Ma non è cosa da  ridurre ad amore saffico
Per Dossi ,lo scapigliato,  Amelia  fu un mazzo di fiori ,  una creatura ideale tra la
nùvola e l'ombra, che  impersona tutte le virtù e bellezze delle  eroine di
ogni tempo.
Per  l'inglese  Fielding ,  Amelia  fu   un testo sperimentale, dove la funzione
estetica della narrativa esplorava  possibilità diverse da quelle che lo
scrittore aveva precedentemente affrontato, rappresentando un interessante
sviluppo del rapporto nella mimesi fra storia e finzione.
Per Prisco Amelia  , anch'essa napoletana , come il personaggio della
Cataldo ( a cui in parte si è ispirata) , è una  donna misteriosa , 
già avanti con gli anni, ma ricca di fascino che vive sola nel cuore di una 
Napoli degli anni Cinquanta, i cui muri 'di pallido oltremarino' sono 'simili
 a una mappa segreta impossibile da decifrare'. La sua è stata una vita chiusa 
nel cerchio autosufficiente di piccole e reiterate abitudini. 
Ma quando  un giovane irrompe nella sua casa e le dice che un altro uomo 
invoca il suo nome sul letto di morte,  Amelia segue , contro ogni ragione , 
lo sconosciuto che la invoca. ( sono gli altri, anche quando siamo soli, 
anche quando non lo sappiamo, che c'inducono a vivere e a scrivere.)
  "L' Amelia " di Elizabeth Peters, in un  giallo, uno dei migliori cento gialli 
del secolo ventesimo, è una  donna di fine ottocento,  intelligente ed emancipata, 
ma anche   petulante
Infine, per  PaveseAmelia è  una modella che posa nuda per i pittori., 
ed è colpita dalla sifilide. Amelia è  la corruzione ,  un personaggio negativo, 
ma necessario al compimento del sacrificio dell'uomo che vuole redimersi.

JOHN FANTE IL DOSTOEVSKIJ DI GUARDIAGRELE


            JOHN FANTE IL DOSTOEVSKIJ DI GUARDIAGRELE
                                    di Augusto Benemeglio
1.     Il comandante Marrone
Il Comandante Mariano Marrone , di Guardiagrele (Chieti) , era imparentato
con la famiglia Fante , e molti anni fa, prima di diventare ufficiale delle Capitanerie di Porto e Comandante del Compartimento Marittimo di Gallipoli
era stato imbarcato su  diverse Navi   Mercantili  come Ufficiale di Macchina,
, e capitò  più di una volta che sbarcasse negli Stati Uniti,  dove aveva conosciuto e fatto amicizia con la famiglia  Fante , americani con origini italiane , proprio  di Guardiagrele  , il suo paese
Mariano mi raccontò di aver parlato  spesso con  Frank , il nipote dello scrittore John;  suo coetaneo ,  che ancora parlava qualche parola dialettale abruzzese.  Ma la prima volta , quando era  giovanissimo , alla fine degli anni 50’,  incontrò  proprio    John , e me ne parlò diffusamente , a Roma, quando eravamo  insieme al Ministero della  Marina.  Io ero molto incuriosito , avido di notizie. 
2.     Scrittore ammirato da Bukowski
Per la verità – disse Mariano -  l'ho visto e ci ho parlato una sola una volta e tuttavia m'è parso chiaro che si trattasse di un "wope" , cioè il tipico italo-americano, sradicato,  non integrato , nonostante lavorasse ormai da diversi anni a Hollywood come sceneggiatore. E per tutta la vita soffrì di questo complesso , probabilmente . Di fare lo sceneggiatore gli interessava molto poco , la sua ambizione era di essere riconosciuto per quel che sentiva di valere come scrittore , scrittore intenso , di raro equilibrio, nuovo, originale , al punto tale da essere ammirato e preso come modello dal grande Charles Bukowski . Ma anche Elio Vittorini intuì la sua grandezza di scrittore e non esitò a tradurlo e farlo stampare, in Italia, già nel 1941 , quando la fama di Fante come scrittore era praticamente zero. E infatti in Italia il suo libro Chiedi
alla polvere fu un fallimento . Ma il suo "Arturo Bandini" , scrive Santoro,
ci trasporta in un universo marginale, fatto di squallidi albergi e di
locali dozzinali; uno straordinario viaggio interiore, un percorso tra i
pensieri e i sentimenti di un giovane di vent'anni, con le sue ingenuità e
contraddizioni ma anche con la sua sostanziale nobiltà ed elevatezza
spirituale.
3.     Vinicio Capossela
Molti scrittori americani – scrive Vinicio  Capossela - hanno reso grande il mito dell'America asfaltandone le strade,cantando i posti di ristoro, gli occhi
di marmellata delle cameriere , il fresco, la penombra dei bar prima dell'
assalto della sera. John Fante ha fatto tutto questo, ma , a differenza di
Bukowskj,  il Cristo che l'ha resuscitato in vita, ha conservato anche gli
occhi italiani, occhi malinconici, occhi di sua madre, ostia sacra,sacrificio della carne della Famiglia.

4.     Chiedi alla polvere
"Chiedi alla polvere" mi fa lo stesso effetto che faceva a lui leggere
Dostoevskij . Maccheroni riscaldati e bestemmie , il velo di caglio ossidato
e la tazza iridescente del tè senza limone. La sua scrittura scioglie il nodo del risentimento , ti permette di abbracciare i tuoi vecchi nella loro disgrazia, nella loro miseria, nel loro decadimento .Io me lo ricordo bene , - scrive Diego Ramirez , scrittore colombiano che faceva l’usciere a Hollywood  - il vecchio John,  poco prima di morire , era cieco e malato di diabete , dettava alla moglie il suo ultimo romanzo , "Sogni di Bunker Hill" e lì dentro c'era c'è tutto il dramma e il destino degli immigrati italiani in America. E sai che ti dico, amigo?, mi fa Diego.  A John Fante voi italiani dovreste fare un monumento, invece non sapete neppure chi è. Vergogna!...