venerdì 1 giugno 2012

La fontana di Gaudì ...a Gallipoli

LA FONTANA DI GAUDI’




                                                DI AUGUSTO BENEMEGLIO

Siamo al  “Vesuvio” , con la bella  Fausta ,  sorridente, gentilissima, impeccabile , una Venere di giorgionesca memoria con un che di fiammingo ( tra Bronzino e Rubens, mi dice il maestro Anteri, ricordandomi la toilette di Venere, ma io dico no,  mi ricorda la Rebecca al pozzo di Piazzetta con quelle efelidi, la carnagione dorata , le braccia tornite);  ecco la bella Fausta dalle chiome rosse lucenti coi tramonti  di ottobre sulle ginocchia , che  ci accoglie , dolce e lieta ,  facendo   musica nel caos di sensazioni che vibrano  in noi , nella nostra sterile disarmonia tutta maschile ( l’essere creativo è sempre aperto e femminile). 
 Ma stavolta  bisogna dire che  il nostro primo incontro  ( siamo i tre di Santa Maria al Bagno, il mio amato direttore, l’artista Anteri e il sottoscritto scriba)  non  è con lei , ma con   un artista assolutamente nuovo , che non conoscevo .  No, non  è un intellettuale , non pubblica articoli , manifesti teorici o dichiarazioni d’intenti , non tiene pubbliche conferenze, preferisce parlare in partenopeo , o in inglese ( la sua seconda lingua) . L’italiano –dice lui - non lo conosce ancora bene .  Parlo di   Franco Serra, il padre di Fausta ,  un saturnino  napoletano di Pomigliano d’Arco  con sessantre anni  vissuti a pieno  regime ,  con studi  , paesaggi e spaccati  di vita  canadese, a nord di nord, cogli Huroni, i Terranova , le Giubbe Rosse e gli eredi degli infidi franciosi di Luigi XVI,   le cascate e forse anche i boschi innevati di Pan e le Naiadi  del 50° parallelo , latitudine da 42° a 78° gradi.  Insomma   una specie di  bohemien  dell’esistenza che dopo aver fatto l’insegnante di materie artistiche  si fa imprenditore e  costruttore di castelli in aria, così  per istinto  e per strane combinazione alchemiche , che ogni tanto capitano nella vita ,  con una singolare capacità creativa e trasformatrice , a metà tra geometria e natura, tra figura e struttura , con un suo modo di essere e fare  parabolico e iperbolico , per ricreare la natura intorno a sé, per rifarne – come si dice – il cammino . Franco  Serra ci appare  con  la sua faccia tonda e la calce sul maglione blu della Marina , e il sorriso  pacificato  dell’uomo senza maschera . Poeta del fango e della mazurka, muratore di conci di tufo, falegname dai  ritmi asimettrici e dello spianamento delle forme , dinamico facitore degli  abbozzi teorici  e delle scansioni non risolte , sembra uno di quegli esseri rari  in grado di possedere lo spirito del passato , ed è come se la storia gli appartenesse , una storia che riesce a trasformare , a farla nuova, pur conservando le tracce di arcaico che rimangono impresse nella pietra leccese , nel tufo, nel carparo . Ed ecco allora che una masseria abbandonata alle porte di Gallipoli  diventa  un ristorante a la page , caldo, fatto di luci e di miele, immaginoso e barocco; ed ecco  come  questo  innamorato della luce e dei colori vivi , delle forme plastiche e della tradizione Mediterranea , nonostante , come accennato, si sia formato in Canada, dove ha studiato all’Accademia delle Belle Arti), sia riuscito a realizzare qualcosa che richiama alla mente il grande Gaudì , una fontana in forte movimento ascensionale fatta di materiali vari e decorazioni 
Chi è Gaudì?
Un catalano, un uomo dalla vita semplice e dalla immaginazione barocca , che non portava orologio né occhiali , come te, pur essendo miope da un occhio e presbite dall’altro, perché la sua genialità si sottraeva al tempo e perché le sue visioni provenivano dalla sua fervente interiorità. Era un costante equilibrio tra logica e sentimento, tra algebra e fuoco. Il  poeta del parabolide iperbolico, del gotico mediterraneo, come questa fontana che tu hai realizzato con le tue mani. Anche qui c’è l’intuizione dell’ignoto , il  potere del basso , l’io  empirico , l’io che si offre al caos dell’inconscio ,quell’ammasso di cocci e anfore e  giare e vetri , collage di pietre informi e materiali di scarto, che si muovono insieme come una sinfonia del profondo , un colpo d’archetto e via!
Ma tu che dici, guagliò? Questo è solo puro divertimento, nient’altro che evasione dello spirito, da buon mediterraneo che insegue la fantasia e i sogni.
Mediterraneo vuol dire in mezzo alla terra , con la luce che ti colpisce in piena fronte a mezzogiorno e non ti lascia fino al tramonto. Diceva Gaudì che le razze del nord incupiscono , affogano il sentimento , proprio per mancanza di luce producono solo angoscia  e fantasmi ; mentre quelli del Sud per eccesso di luce dimenticano la razionalità e producono i mostri della ragione.E infatti la sua – disse una volta Unamuno - , è arte ubriaca , un ebbro sogno febbricitante.
E la tua, Franco, che arte è?
E ridanghete!  La mia non è arte, è artigianato , utilizzo i mattoni di scarto, quelli bruciati, vetri, pietre slabbrate, è una sorta di…gioco infantile
Già. Arabesco spaziale , immagine e sculture aeree  , il risultato di un equilibrio statico. C’erano in Gaudì vibrazioni crepuscolari cangianti e visione cosmica , dal vecchio  sclerotico Monet delle ninfee ,  all’infoiato   Klimt  degli arazzi ,  fino alla più astratta composizione tonale.
 Tu sei venuto qui , in questa Isola della Luce che tutti accoglie ,  con un io disarmato , che è quello dei bambini (io voglio essere poeta e lavoro per divenirlo) , e un ragionato disordine di tutti i sensi . Sei venuto a farti  un’anima nuova , sei venuto a   plasmare le cose , gli oggetti , la casa,   accarezzare  e commuovere la materia come fosse la tua antica madre , la dea Natura , la Sant’Anna di Leonardo , l’eterna femminilità di Goethe la Notte e la Madonna di Novalis , l’amore femmineo di Rilke, sono tutte nuove forme creative di umanità , le più alte e definitive. Ed ecco la musica conoscitiva , l’ode dei castelli , il canto metallico dei  pali,  la sofferenza armoniosa  di un nuovo grido…  Ormai è tardi. S’accendono le  palme e i primi lampioni ,  e il breve lago azzurro con le foglie , e il bianco di calce lontana , il bianco farfalla di  una Fausta Diana cacciatrice , sul petto vasto potente , segretamente bramato – la rivolta implicita  piena di reminiscenza. Si sveglia l’anima ferina  con balzo inaudito . Cose innominabili, amigo. Cose d’altri tempi. Orizzonti crollati. Erosione dello spazio infranto. Mondo  boia lader. Il muro , le ville , la malattia , le viti , le patate , il tabacco , la logica stilistica e il grande amore ladro , l’oscuro implacabile amore ladro  e l’acquavite degli operai , il collo grigio della bottiglia semivuota e la spina dorsale incrinata.
Ecco  le foto di Nicola , belle , complete come un articolo di cronaca nera, da reporter.
La giornata è  finita , amici di Santa Maria ; è stata una di quelle rare  giornate indefinite che cominciano tra il lusco e il brusco, con manciate di ironie e qualche sorriso e poi si trascinano un po' tutto, passato presente avvenire , e domande che non ricevano alcuna risposta ( ad esempio i tagli di Lucio Fontana , le ferite inferte ad una tela arancione che hanno l'intendo di scardinare la nostra idea di dipinto tradizionale  concepito su due dimensioni per cercare forse uno spazio nuovo , che vada più in là della superfice). Spiegatemi questi  tagli, please. Che vordì quella tela tagliata?. L’antico professore di storia dell’arte sale in cattedra  e si concentra assai prima di darsi  risposte. Il taglio  rappresenta un concetto spaziale , e attraverso esso , l'artista pensa infinito, passa all'infinito…
L’infinito di Leopardi , o  il Senza fine di Ornella Vanoni e  Gino Paoli,  a braccetto nei palcoscenici over ’70? dice Franco Serra  e va a prendere un suo quadro-collage-mosaico assolutamente incomprensibile ( una donna , forse?) in cui ci sono elementi di cubismo , arte spaziale e informale . Ma chi lo dice, chi lo dice che quello è l’infinito?
Lo dice lui, cazzo...Prova tu a fare i tagli che fa lui. Io ci ho provato, non ne è venuto neppure uno ..Anche a fare i tagli ci vuole classe, ci vuole arte . E anche se ci riesci lui li ha fatti prima di te.
La verità è che probabilmente nessuno capisce nulla  di  quella luce spaziale, quella luce nera che esce da quei buchi e da quei tagli. Tu compri quella luce e ti senti spaziale, moderno, intelligente, altrove. E basta così… non c’è niente da capire.
Da Fontana si passa alla Gioconda . Chi era Monna Lisa ?  Era un uomo , dice il voluminoso Avventore  che occupa il tavolo alle nostre spalle ,  lo sanno tutti che Leonardo era frocio. E scopre l'acqua caldissima della sua brodaglia mentale ,  mentre Fausta  la Rouge et Noir  porta il pesce per tutti , con grazia e autorità da locandiera goldoniana.  E  poi mi alzo, e vado a vedere il   parapetto barocco in carparo della Fortezza Bastiani , che  s’affaccia sul  “Deserto dei Tartari” , che si stende sul lato sud del Vesuvio , colla città che appare irreale , in lontananza , e le sue fioche luci che  sembrano smorire . E  il  tenente Buzzati  dov’è?  Sfrattato dalla fortezza  , malato e isolato in una camera d’alberghetto di montanga ,   guarda in faccia  la morte che sta arrivando e poco prima del commiato vede una luce accecante .Una luce si è accesa, dice. Qualcuno è apparso, Chi?  Questo non ha potuto , o forse non ha voluto dirlo.
E riecco Franco della casetta in Canada,  con gli aneddoti a meno quaranta  gradi sulle montagne indiane , e le barzellette di Pomigliano d'Arco , coll’Alfa Romeo e la cassa integrazione , sai che risate!  Che fa? Se mette a cantà!  Insieme a lui l’Avventore pirandelliano con la panza che deborda per ogni dove, al piano forte l’immarcescibile Mimmo Anteri  impazza. Torna a  Surriento , Dove sta Zazà,  Spingule Frangese, Scalinatella . Il direttore, impassibile, rimane al suo posto, davanti all’ultima lisca di pesce. Guardo Franco in tralice. E’ lui , Erik il rosso che ha perduto i capelli nel mar del nord , e si porta la panza a spasso nella calcina e nel carparo leccese  alla ricerca di miele e di una casa Batllò di memoria gaudiana ( Gaudì, chi era costui?) 
Insomma  la giornata se ne è ghiuta,  con i sacchi drammatici di Burri  e il Car Crash di Jim Dine ( opera da non sottoporre all’Assicurazione) . E’ finita la nostra bella festa fatta di arte-vita e ironia. Ma non mi rimane granchè  nella “capa” ,  caro il mio director , niente di alato , niente di armonico , niente di pindarico , solo un magma di sensazioni  che danzano nel Nulla , intorno al quale gira tutta la nostra esistenza . Cosa vuoi che scriva?...
-         Scrivi di Frankie .
Franco è la calce sul maglione blu della marina e il sorriso pacificato mezzo napoletano e mezzo canadese al fianco della bellissima figlia Fausta dal volto rinascimentale e dalle forme giunoniche , Fausta la propizia , Fausta dalle chiome rosse come le serate di ottobre , Fausta lieta che frantuma l’ordine delle cose , e la musica , il caos che vibra e pervade le disarmonie
Franco è poeta del fango e della mazurca , falegname dei conci di tufo e dei minareti , coi ritmi asimettrici e lo spianamento delle forme , il dinamismo da medium della libertà, con gli abbozzi teorici , le tensioni non risolte , le dissonanze
Insomma, una quantità infinita di fratture

Nessun commento:

Posta un commento