giovedì 29 dicembre 2011

L'amore dimenticato

Capitolo I

Cara Sally,
che dirti?...
Sei troppo generosa con me...
Non sono un grande , ma solo  un modesto scriba,
figlio di Barpanthar, allevatore di cavalli...
Vorrà dire che ti offrirò un caffè alla prima occasione.
Un abbraccio.
Gioacchino

PS: Non è vero che Gioacchino,
il (presunto) padre della Madonna,
era ricco. Era solo un povero Cristo
della Galilea , di Nazareth, dove stavano i rifiuti umani .
E lo sfottevano pure perchè non aveva avuto
figli maschi, ma solo una femmina del tutto insignificante,
di nome Miriam. Che nessuno gli aveva chiesto, tranne
un falegname vedovo di nome Giuseppe, che aveva
già sette figli da mantenere, e il più grande aveva un anno
più di  Miriam.
E gli altri Gioachini famosi, tipo
Rossini o Belli, avevano talento, è vero,
ma erano dei nevrotici, ipocondriaci, sfaticati,
opportunisti, vissuti sempre alle spalle di una donna.
Quindi stai alla larga il più possibile da me, cara Sally.
Anche se ti desidero. Ti sento molto, dico, "fisicamente"
E ardo dal desiderio di fare l'amore con te.

.............
Dopo questa mail , i due - Gioacchino My e Salvatora Scarlino, detta Sally,  si incontrarono a Choziba,
tra Gerusalemme e Gerico, dove anticamente esisteva un Monastero in cui si celebrava il Santo . E poi a Colonia , dove era conservata ancora una reliquia di San Gioacchino, sull'autenticità della quale non c'era da spendere neppure un mezzo euro bucato. Del resto tutta la storia di Gioachino era stata definita da San Gerolamo  "deliramenta".   Puro delirio, insomma, degli apocrifi , ma si sa come sono gli  apocrifi .
I due - come detto - fecero finta di non conoscersi, sì ignorarono completamente. Ascoltarono insieme anche l'adagietto della sinfonia n. 5 di Mahler, ma tra loro c'era come un cerchio di silenzio. Non si guardarono neppure. Nessuno dei due sapeva perchè si comportasse in questo modo assurdo, nessuno dei due in realtà aveva mai visto veramente il viso dell'altro, nessuno dei due conosceva il colore degli occhi dell'altro. Erano dei disperati che non sapevano di esserlo e si erano incontrati su Internet , il Nuovo Mondo .  Avevano il tipico bisogno dei disperati. Che è uno spazio bianco, un incantesimo, una carriola,  un Parigi o cara, una luce azzurra, un volo folle, una nuvola, una storia che comincia , un riflesso, un salto, una barca che anela il mare, un nome, una notizia, uno zucchero filato, un vento gelido, una linea di confine, un buco nero, un muretto, un rosso-sangue, un ponte, un utopia.

Per molti anni non si scrissero , nè si videro. Eppure sapevano tutto l'una dell'altra. Prendevavano informazioni da amici in comune. Abitavano a duecento passi l'uno dall'altra, non di più. Zona Madonna
della Buona Novella.

Un giorno inseguendo rispettivamente un casco giallo - lui- e un cuscino - lei -, si rividero al Bar del Centurione , in via Macchia Saponara 2666. Era un bar scalcagnato, dove non erano mai andati prima d'allora - frequentato quasi esclusivamente da immigrati - bicchieri di plastica ,caffè  d'infima qualità, dove gli acari avevano trovato il loro rifugio consolidato , bancone pieno di sfregi , barman che puzzava di sudore, pieno di gente che parlava tutte le lingue possibili, tranne l'italiano.

Si misero una vicino all'altra , e presero il caffè
che - senza che l'avessero ordinato - il barman porse  loro nel bicchiere di plastica.
Lo sorseggiarono lentamente, si guardarono per la prima volta negli occhi.
E fecero l'amore.
Lì davanti a tutti.
Ma non se ne accorse nessuno.
Il tutto durò cento millisecondi.
Neppure un battito di ciglia.
E tuttavia mai amore fu più completo e intenso.
C'era tutto il Kamasutra, e il Cantico dei Cantici.
In quell'amore consumato sul bancone di un caffè di estrema
ma molto estrema periferia.

giovedì 8 dicembre 2011

Lawrence e l'amante di lady Chatterley

DAVID HERBERT  LAWRENCE
LADY CHATTERLEY E I VIAGGI IN ITALIA


DI AGUSTO BENEMEGLIO

1. Viaggio in Italia
C'è stato un tempo in cui nessun artista ( o amante dell'arte) poteva mancare il "viaggio in Italia" ( Goethe in testa) . Era una moda. Bel clima, belle donne, si pagava poco, ci si stava da papi. Ci venivano a sospirare sulla delizie della natura , serviti e riveriti. E poi s'inventavano etnologi, filosofi, storici, o studiosi dell'arte, ecc. Invece di mandare le cartoline ai parenti e amici - come usava ai tempi nostri  ( ehm, ehm, ai miei tempi) , - ci scrivevano su il loro bel diario. David Herbert Lawrence , figlio di un minatore di Eastwood  , contea di Nottigham , e di una ex maestrina  colta e delicata , che si ricorda soprattutto per  l’allora “ scandaloso” L’amante di Lady Chatterly , ( ma ha scritto tanti altri libri importanti, poesie, saggi, ed è stato un eccellente pittore ) , è uno che in Italia c’è venuto svariate volte , insieme alla sua amata Frieda , baronessa von Richotfen, e ha scritto molte cose interessanti, ad esempio sulla Sicilia:  "Perchè mai questo fiore cominciava a uscire in gennaio , nel vivo dell'inverno , quando il vento nervoso soffiava ancora dall'Etna? ...Qualcosa ci dev'essere a infondere coraggio al mandorlo, qualche memoria di lontane terre,  di piu amabile sole a riaccendergli in cuore la fiducia"...Oh, il mattino mediterraneo in cui il nostro mondo cominciava!...Questa greca montagna senza tempo, nello splendore del suo cielo più basso, così maliosa, così maliosa, che tortura! E' come Circe. Se un uomo non è forte sul serio, essa gli porta via l'anima , e lo lascia , non un animale, ma una creatura elementare, intelligente e senz'anima....Così sono i siciliani, intelligenti demoni , quasi ispirati e senz'anima...Quanti uomini e quante razze umane , non ha l'Etna messo a cimento? Essa rompeva il vivo dell'anima greca . E dopo i greci , romani e normanni e arabi e spagnoli e francesi e italiani e anche inglesi ...Via dunque. Ma verso dove?..."

2. Frieda

Il padre di Lawrence era un  modesto minatore, sua madre proveniva da una ragguardevole famiglia borghese. La reciproca avversione dei genitori, trasformatasi ben presto in odio, derivava proprio dalla differenza sociale, e i frequenti conflitti gettarono la loro ombra sullo sviluppo dei figli. David Herbert , “Bert”,  sperimentò un profondo contrasto psichico quando la madre si separò dal marito e si dedicò tutta all' educazione e all' avvenire dei  figli. Si sciolse da questo legame con la madre unendosi a Frieda von  Richtohfen, madre di tre figli , che abbandonò la famiglia per vivere con lui. Tutte queste problematiche  di Lawrence  vennero fuori in seguito ed ebbero forti ripercussioni sulla sua vita , ripresentandosi più tardi nella sua opera.
Lawrence  viaggiò con sua moglie Frieda da un paese all'altro, vivendo per brevi periodi in Italia , Austria, Germania , Francia ,  Inghilterra , America e Australia. Studiò molto Nietzsche , Bergson , Freud, Melville , Whitmann, Hardy , Dickens, Eliot,  Carlyle, Ruskin  e , in Inghilterra , fu amico di John  Middleton , Murry , Mansfield e  Huxley.

3. Eclettico
Nella sua opera si dispiegano una molteplicità di generi letterari  che vanno dal romanzo al racconto,  dalla poesia al dramma , dal saggio alla critica , dagli scritti di viaggio agli articoli di alto giornalismo  . In tutto ciò i dati esistenziali e le esperienze biografiche assumono un eccezionale rilievo tanto da costituire una vera e propria chiave di  lettura dei testi . L’ultima sua opera fu " L'Apocalisse", che io lo lessi a vent'anni , e ne rimasi folgorato, per il suo anelito cosmico. “ Noi e il cosmo siamo una sola cosa . Il cosmo è un vasto corpo vivente , del quale siamo ancora parte. Il sole è un grande cuore i cui palpiti si diffondono sin nelle nostre vene anche più sottili . La luna è un grande , splendente centro nervoso , del quale noi vibriamo eternamente .
Ricordavo anche un suo racconto sulla Risurrezione – “L’uomo che era morto” - , dove Gesù si leva e si sente stanchissimo di tutto, e non può sopportare  la vecchia folla ; così, egli si separa e a mano a mano che riacquista forza , comincia a trovare quale meraviglioso luogo sia il mondo dei fenomeni, quanto più meraviglioso di ogni salvazione o cielo; e ringrazia la sua stella di non avere più bisogno di esercitare una 'missione' ”Ora potrò vivere - dice Cristo Risorto - senza sforzarmi di guidare gli altri”. “L'uomo che era morto”  è un rifiuto di Gesù come maestro , e un'accettazione di Gesù come uomo e amante? O l'uomo in questione è  lo stesso Lawrence prima dell'Amante di Lady Chatterley, il libro-svolta della sua carriera artistica?  “Ella si faceva vento con un ventaglio viola e guardava arcigna corrugando le sopracciglie folte. All'improvviso  quegli occhi giallo-bruni s'appuntarono sfavillando nei miei: Potremmo peccare insieme! La favilla cadde e mi incendiò d'un subito il sangue, poi si spense quasi con l'istessa rapidità. Si tenga pure il suo peccato ,pecchi pure con qualche tarchiato spagnolo o siciliano . Il peccato a me non interessa”.  

3. L'amante di Lady Chatterley

Quanto c’era  di autobiografico in Lady Chatterley?  Secondo la teoria di Murry – che lo conosceva bene - lui si volle identificare con il guardacaccia Mellors , l’amante della Lady . L’esperienze amorose fatte da Mellors  prima di incontrare Lady  Chatterley recano il riflesso di quelle fatte da Lawrence con due delle ragazze amate in giovinezza , Miriam ( Jessie Chambers) e Elena ( Helen Corke) , e poi con la moglie Frieda . Le prime due erano state restie lasciarsi possedere , l’altra aveva esercitato lei l’imperio sessuale , invece di subirlo. Umiliato , come  Mellors, nel suo orgoglio di maschio , Lawrence crea Lady Chatterley , la donna dalla quale ricevere , in fantasia, cioè in persona di Mellors,  tutto  quello che aveva desiderato , ma non ottenuto , dalla donna nella vita. E non l’aveva ottenuto perché  era scisso tra il desiderio di fisica tenerezza , che è amore corporeo , e il desiderio di pretta sessualità, che è cosciente esercizio d’imperio sessuale, che è odio corporeo.  Era vittima della repressione subita nell’ambiente puritano della sua infanzia , nell’impossibilità – per quanto si sforzasse - di trovare innocenza nell’amore corporeo. Da ciò ne consegue – continua Murry – che è  Sir Clifford  ( il marito della Lady, reso impotente a causa della guerra) il vero simbolo dell’infermità di Lawrence , il quale si fa spietato verso l’aristocratico personaggio per salvarsi dal dover riconoscersi suo doppio.  “Per questo predicatore della coppia “. Dirà Andrè Malraux , “ l’altro non conta affatto. Il conflitto o  l’accordo si stabilisce fra l’essere e la sua sensazione”. In ciò era anche la sostanza dell’erotismo di Lawrence, ma forse quello di “Bert” non era neppure erotismo , negato com’era alla tenerezza non meno che alla sessualità , benché convinto del contrario da pensare come titolo  del romanzo più famoso che gli diede la fama e molti problemi appunto “ Tenerezza”. Ma non c’è nessuna tenerezza in Mellors . E anche Lady Chatterley finisce col restare condannata alla pura ricettività e quindi sotto il segno dell’isolamento , respinta come si trova dall’isolamento di Mellors, refrattario quale egli è a vera espansione. Lady Chatterley gli chiede: “ Ma conserverai la tua tenerezza per me , non è vero? Ti ho amato tanto questa notte. Conserverai la tua tenerezza per me?” Si avverte dall’ansia della richiesta che ella è la prima a non credere a quella tenerezza. Insomma , il nostro David Herbert come amatore era un vero e proprio bluff. 

4. Cinzia da Boston

Ma Cinzia da Boston  obietta sull’accostamento con Clifford-Lawrence e dice che il Lord  rappresenta solo  una caricatura dell'uomo troppo represso, troppo assessuato, troppo cerebrale, troppo inglese, troppo sterile , dunque la stessa classe aristocratica inglese del tempo , a cui  Lawrence certamente non apparteneva,  come figlio di minatore  e minatore egli stesso da ragazzino , poi costretto a lasciare il lavoro per motivi di salute ( era affetto da tubercolosi ), sebbene avesse sposato una baronessa tedesca, mezza ripudiata dalla famiglia , per il tipo di vita  che conduceva . “ In Italia vivevamo di pane nero, ova fresche , fragole e more” scrisse al padre, che di rimando rispose se non si vergognava di andare  per il mondocome una barista e di diventare così povera e socialmente impraticabile.  Ma a proposito di Cinzia da Boston  e di Frieda , uno degli incontri più importanti di Lawrence fu quello con un’altra Cinzia , Lady Cinzia d'Asquith, moglie dell'avvocato Herbert Asquith, che era il figlio del primo  ministro inglese. Lady Cinzia scriveva versi fin dall'età di quattordici anni e invitò il poeta e Frieda (non ancora sposati) ad un tè .I due amanti  ottennero un successo magnifico , strepitoso ( soprattutto Lawrence) , tant'è che Lady Cinzia ne riferirà in termini entusiastici , scioccanti , nel suo libro di memorie

5. Lady Cinzia

"Ricorda e ne avrai gioia" ( Remember and Be Glad, New York , Charles Schribner's Sons, 1952)  Lady Cinzia e il marito provarono una specie di trauma al primo entrare di Lawrence  nel loro campo visivo, “Nell'attimo che quella smilza, flessibile figura avanzò lesta nella stanza , entrambi constatammo, quasi con la scossa violenta di una collisione , che qualche cosa di nuovo e stupefacente era entrato nelle nostre vite. Credo che nessuno sia stato in presenza di Lawrence anche soltanto due minuti senza che lo colpisse la differenza di lui da ogni altro. Non una differenza di grado , ma di natura . Qualcosa come un'elettrica elementare qualità gli dava un tremolante splendore Indipendentemente da questa singolare alterità , si avvertiva subito che egli  era di una vitalità oltrenaturale". E  ciò la dice lunga sulla personalità "magnetica " di Lawrence  e spiega , forse, almeno in parte, come una  donna come Frieda, -che aveva "tutto", - abbandonò marito e figli per seguire “Bert”, sempre più innamorato dell’Italia e in particolare della Sicilia. Che “sembra un paese in un acquario: tutto acqua ; e la gente come granchi o gamberetti nero-grigi che strisciano sul fondo.....Qui  tutto è lotta, e sofferenza, ferita e reintegrazione. Guardate la fragile vite . Quante cicatrici! E tuttavia quale fresco pullulare di gemme dai corti moncherini! Provatevi ad abbattere il forte , ostinato, gommoso fico: esso scoppierà come un polipo nella prolissità .

6. Il mandorlo

E il mandorlo? Esprime il suo fiore , come sudor di sangue dai suoi nudi stocchi di ferro arrugginito...Sicilia , Sicilia! Umidi mandorli, nero ferro emerso in fiere contorsioni dalla profonda , soffice piuma del siciliano verde invernale , su per i declivi.... E rieccoti ,  mandorlo , sotto la ringhiera della terrazza : nero, arrugginito tronco di ferro , che hai saldato i tuoi smilzi rami più fini come acciaio sensibile nell'aria: grigio, di lavanda...che cosa fai , nella pioggia di dicembre ? Hai tu un'arcana sensitività elettrica nelle tue vette d'acciaio. Avverti l'aria per elettriche influenze , come un qualche ignoto apparecchio magnetico? Ricevi messaggi, in misteriosa cifra? .....Questa è l'antica terra del sud che s'arriccia in ferro di mandorlo. Ferro dal cuore d'alba. Cuore d'alba che batte in perpetuo , avviluppato nel ferro per resistere all'esilio , alle età , e s'esprime , ecco, in fiore"....

7. Lerici

E poi le sere d'inverno , a Lerici, dov'era ( ed è tuttora) il castello descritto da Shelley. Lawrence e Frieda cantavano. Bert aveva un'esile voce da semicastrato, ma era un vero artista e insegnava molte canzoni a Frieda , della quale gli piaceva la voce robusta , da soprano "tenorile". Lawrence  era un interprete finissimo, sensibile, meraviglioso e a Natale accorrevano ad ascoltarlo tutte le famiglie inglesi, tedesche e americane che si trovavano nel golfo dei poeti, in cui " i cuori non bruciano". C'erano due ragazze tedesche , di nobile famiglia, che venivano con la chitarra e accompagnavano Lawrence, che cantava , sotto la direzione della maestra di Tellaro , " Da quella parte ove si leva il  sole " e "Dì' alla Marcella che sai fare all'amore . E poi c'era Luigi, un  contadino ligure, così bello a vedere, quando raccoglieva le olive dai rami, che la maestra di Tellaro andava in deliquio e stornellava a più non posso sotto lo sguardo divertito di Bert e Frieda. Con la baronessa era diventata amica e si raccontavano i particolari intimi dei loro rispettivi amori. Frieda era un inno alla meraviglia del vivere , era tutt'uno con il suo uomo, ma l'uomo vero... era lei... elargiva i suoi favori - fuggevoli - ad uomini di un certo fascino e avvenenza.
Per incatenare e incantare il plebeo Lawrence , la novella Pizia ci mise non più di venti minuti ; lui ne rimase rapito e folgorato dinanzi a questa Venere assai teutonica. E come fratello aveva un mito  , il Barone Rosso , eroe della prima guerra mondiale di cui è stato tratto un  film-documento  in cui appaiono insieme , sorella e fratello, se non vado errato. Ma il  vero  barone con cui ebbe a fare Lawrence  fu il padre di Frieda , "un ometto irascibile , fiero, purissimo aristocratico che guardava tutti con sprezzo" che non benedì di certo l'unione di sua figlia con  il figlio di un minatore e tuttavia lo salvò in diverse circostanze, una in particolare quando nel parco di Metz , Lawrence ,sdraiato sull'erba insieme a Frieda , venne scambiato per una spia inglese , fu arrestato e stavano per fargli un processo sommario. Insomma lui continò a scrivere all'amico Garnett che quella dei Richthofen era una famiglia "incredibile , straordinaria " e ne era estasiato... E’ stato scritto come tutta l'esistenza di Lawrence sia stato un tentativo di superare, nel rapporto libero e pieno con altre donne, il legame con la madre. E tutta la sua opera è ricerca di un equilibrio impossibile tra un fortissimo senso della religione , e fortissimi impulsi sessuali.

8. Aveva cercato l'utopia

Nella sua vita, prima che nella sua opera, aveva cercato l'utopia di un mondo privo di oppressione, fatto di libertà sessuale e pacifismo, a stretto contatto con la natura. E scriverà sempre contro chi intende chiudere i rapporti sociali in regole, in ruoli.È per questo, più che per l'esplicito erotismo di qualche pagina, che la sua opera letteraria, e anche la sua pittura, furono oggetto di feroci censure .Alle sue posizioni teoriche si riconosce oggi un notevole rilievo. Lawrence smonta la costruzione intellettuale che ha imbalsamato la psicologia del profondo, e critica l'immagine freudiana dell'inconscio: astratta, idealizzata, e quindi repressiva. Il vero equilibrio, per lui, sta nell'abbandonarsi al flusso del desiderio, nel creare una libera economia di saperi e di piaceriD. H. Lawrence. Lawrence è uno degli scrittori che hanno assorbito maggiormente le idee di Nietzsche e ciò appare ravvisabile nel corso di tutta la sua opera, in particolare ne “L'arcobaleno” e “Donne innamorate”. In questi romanzi l'impatto di Nietzsche è evidente in molte delle idee espresse dai personaggi principali, che cercano di recuperare la loro identità irrazionale, di uscire dagli inutili schemi morali con cui gli uomini imbavagliano i loro istinti. Lawrence – dirà Henry Miller - partiva da delle idee astratte e poi costruiva i suoi romanzi, mirati spesso a criticare una società ipocrita e bigotta; proprio per questo le idee innovative e trasgressive di Nietzsche ebbero per lui una straordinaria importanza. 

9. I promessi sposi

Per finire vorrei sottolineare certe simiglianze tra il capolavoro di Lawrence e i  “I promessi sposi” manzoniani , almeno per quanto riguarda i vari rifacimenti. Infatti esistono ben tre versioni  di Lady Chatterley : la prima Lady C., la seconda Lady C. ( queste due versioni pubblicate postume) , la Lady C. riedita recentemente da Repubblica - e infine , per soprammercato , " A proposito
dell'Amante di Lady C: , scritta a Parigi nel '29. Ricordiamo che  il Manzoni fino all'ultimo respiro dice : “Il Perdonatore mi avrà perdonato?” , e non si vede quale peccato potesse commettere oltre a quello di aver fatto fare una dozzina di figli alla povera Enrichetta e ad averli abbandonati a se stessi. Anche David Herbert alla fine , nonostante fosse nicciano e panteista , vuol credere ad una resurrezione , non si rassegna alla fine di tutto, s'aggrappa alla Luna, alla dea Selene , che è una dea quieta, di luce riflessa, silenziosa, insomma , una dea graziosa , leopardiana , che , come disse Carducci ,  "non rompe  le palle con l’incenso e la sacrestia manzoniana".

10. L'ultima poesia

Questa l'ultima poesia, prima di morire, a soli 45 anni, alle dieci di notte del 2 marzo 1930, dopo essere stato trasportato dal Sanatorio nella Villa Robermond. “Mettete la luna ai miei piedi,/ la mezzaluna , ponete su di essa i miei piedi, come fossi un Signore!/ Oh lasciate che le mie caviglie si bagnino nel chiaro di luna , ch'io possa andare/ sicuro e calzato di luna, calmo e con piedi lucenti/ alla mia meta....Poichè il sole è nemico, ora/ la sua faccia è di leone rosso....”
E questo è tutto, come avrebbe detto il giovane Holden.



BECKETT E IL RUMORE DEL MARE

BECKETT E IL RUMORE DEL MARE


Di Augusto Benemeglio
1. Una commedia di 35 secondi.
 Samuel Barclay Beckett  lo conoscono tutti , anche quelli che non si sono “mortalmente annoiati , o terribilmente angosciati “ , come diceva un mio amico ex Sindaco di Gallipoli , nell’andare a teatro a vedere rappresentato un suo testo,  come sempre oscuro , difficile , che richiede un’estrema concentrazione ; Beckett, come tutti sanno , è uno che ha cambiato l’intero teatro contemporaneo scrivendo una commedia  ( Aspettando Godot) che tratta di due vagabondi che aspettano in nessun posto particolare qualcuno che non compare mai   ; è un irlandese  , o meglio un dublinese , che nacque il Venerdì Santo del 13 aprile 1906  da due protestanti , Franck , agrimensore , e Mary Roe , casalinga , che iniziò la sua carriera letteraria celebrando Joyce ,Dante , Giordano Bruno e Vico , e la concluse con una commedia  (Respiro) senza attori , che dura esattamente trentacinque secondi e si basa esclusivamente sul vagito di un neonato;  Beckett è uno che ha fatto della privazione e della depressione estrema materia d’arte , anziché di psichiatria ; un uomo costantemente in bilico tra l’arte e la follia , del resto il discrimine è costituito da un filo sottilissimo ; uno che ha espresso la sua visione catastrofica , assurda , angosciosa ,  desolata  dell’esistenza (“Speriamo che Dio mi aiuti e mi dia una morte veloce”)    con una forza , un’originalità ,una purezza e una fede davvero unica.
La sua non è arte , ma follìa , dice qualcuno. “Non apre niente , non ha niente da aprire , tutto è nella sua testa malata”.

2. Il poeta dell’assurdo e della depressione.
Diciamolo francamente,  uno così , che crea mondi assurdi ,  in cui i Godot non arrivano  mai , mondi aggrovigliati  fatti dai  Sig. Knott ( leggi “nodo”) , uno a cui sembra perfettamente normale passare il tempo in un’urna o in una pattumiera , o nella sabbia fino al collo, o con la faccia nel
fango , uno che ti fa vedere il tuo passato in un nastro magnetico  e il tuo futuro in un fazzoletto macchiato di sangue , o in una stanza a forma di cranio , che t’apre un mondo devastato , postatomico e  talmente vuoto che un essere umano sembra un’intrusione mostruosa, forse sarebbe meglio dimenticarlo , cancellarlo dalla memoria. E invece no. Ancora oggi , in tutti i posti del mondo si celebra quest’uomo continuamente attraversato da lampi di  tragico umorismo, l’uomo di fine di partita, di atto senza parole, di giorni felici, l’uomo che offre un’immagine profondamente pessimistica della condizione dell’uomo in questa nostra civiltà senza possibilità di via d’uscita, di salvezza.. E allora è lecito chiedersi del perché di tanto spreco d’energie per celebrare quest’artista che nacque depresso , ed è stato come pochi fedele alla sua vocazione alla depressione . Perché gode di tanta popolarità, tanto seguito, tanto clamore un poeta , uno scrittore, un commediografo  dell’assurdo come lui , che  ha scritto commedie senza attori, atti senza parole, romanzi senza trama , lontanissimo dal pubblico , a cui non ha mai voluto fare alcuna concessione ?
 La gente comune non si riconosce affatto con la sua opera in cui personaggi misteriosamente infermi e disperatamente  monologanti incarnano l’orribile solitudine dell’uomo contemporaneo e la sua paradossale resistenza all’oscuro annientamento che lo sovrasta.


3. Buster Keaton della timidezza 
Perché tanto parlare  ,ancora oggi,  di lui ?, fiumi di libri , di tesi di laurea , di esercizi accademici in tutti i campi, dalla letteratura al teatro, dalla metafisica alla psicologia , nei confronti di un’artista  che è  sì di grande originalità  e di grande purezza , ma anche di grande oscurità.  Qual è il fascino di  questo   martire della timidezza , alla Buster Keaton  ( fece un solo film intitolato appunto “ Film” ed è in sé un’allegoria della timidezza) ,  quest’uomo fatto di agonie silenziose, di ultimi  respiri e ultimi spasmi , nemico giurato delle folle, dei convegni  e della vita sociale , uno che ha sempre sfuggito la pubblicità come la peste bubbonica e  man mano che cresceva la sua fama è andata sempre aumentando  la sua diffidenza e reticenza ?.Anche la sua carriera è stata anomala. In fondo  prima di “Aspettando Godot” era praticamente uno sconosciuto al grande pubblico, nonostante fossero trent’anni che scriveva  romanzi, poesie, commedie, saggi.  Lo conoscevano gli avanguardisti e gli accademici. E ancora oggi , a distanza di oltre mezzo secolo , non è facile trovare compagnie teatrali che “s’arrischino”  di portare in scena le sue opere , perché  (almeno qui da noi) il grande pubblico   preferisce altri autori e  altri tipi di spettacolo. Ma probabilmente per lui, come per Carmelo Bene, il teatro perfetto sarebbe stato senza pubblico, anche perché – non fosse stato per la scrittura – aveva delle difficoltà  ( un po’ come Montale ) a credere che l’uomo esista veramente.  


4. Nobel per la letteratura
Quando vinse il Nobel, nel 1969 , Beckett si trovava in un hotel tunisino . Fu letteralmente assediato da un piccolo esercito di giornalisti  ( erano 257e venivano da tutte le parti del  mondo)  , ma non ci fu nessuno di loro che riuscisse non a fare un’intervista ( cosa praticamente impossibile), ma neppure a fotografarlo. Si barricò letteralmente e non volle vedere nessuno.  Ovviamente non si sognò neppure di andare a  ritirare il premio , né ritenne di doversi scusare.
“Beckett  era uno drogato di silenzi – disse una volta Richard Ellman – e con Joyce si impegnavano in conversazioni che erano spesso fatte di silenzi, rivolti l’uno all’altro, entrambi soffusi di tristezza, Beckett soprattutto per il mondo, Joyce soprattutto per sé stesso.” I due sembravano anticipare le conversazioni di Vladimiro ed Estragone che non sanno cosa fare( “Speriamo che la morte arrivi in un clima caldo  e secco in cui crocifiggono velocemente”). Beckett era ossessionato dalla sua apatia e malinconia, dal cancro del Tempo  e dei suoi attributi, l’Abitudine e la Memoria. In base a  essa , il tempo è la condizione velenosa  in cui siamo nati , che ci muta costantemente senza che lo sappiamo  e che alla fine ci uccide senza il nostro consenso.
Noi siamo condannati al tempo perché abbiamo commesso il peccato originale  ed eterno…di essere nati, una frase che riecheggia costantemente attraverso i suoi romanzi e le sue commedie. Noi espiamo questo peccato originale con la nostra vita , che Beckett considera una faccenda particolarmente dolorosa , e mitighiamo la pena di vivere con l’abitudine , che è la corazza che ci protegge da tutto ciò  che non può essere predetto e controllato , da quell’intero mondo di sensazioni che assicura solo sofferenza. Per Beckett la possibilità che la vita possa offrire alternativa alla sofferenza – cioè l’amore o il piacere –semplicemente non esiste. “La sola consolazione è che la  sofferenza è una precondizione dell’arte ; la sofferenza ispira , altrimenti il massimo che possiamo aspirare sono le infrequenti illuminazioni di una memoria involontaria .

5. La solitudine  , il rumore del mare, la cenere.
L’arte è l’apoteosi della solitudine , non vi è comunicazione perché non vi sono mezzi di comunicazione”, scrisse tanti anni prima . E poi: “ Essere un artista vuol dire fallire, come nessun altro osa fallire ;  questo fallimento è il suo mondo ed evitarlo vuol dire diserzione …”
Più dura lo sforzo artistico più ti porta ineluttabilmente nelle profondità spirituali interiori , in cui la parola si contrae sempre di più, finchè  arrivi al massimo della contrazione in cui la solitudine e la profondità non sono più sopportabili, ed ecco che tutto ciò che rimane è una specie di stenografia arcaica , la “rune”  della disperazione,“Ceneri”,  la concentrata affermazione drammatica delle  difficoltà di essere uno scrittore , in cui ti chiudi sempre più nel tuo universo solipsistico.
La sola realtà esterna è il rumore del mare , che egli non può tollerare  ma da cui non può nemmeno fuggire , un basso continuo che tormenta una vita deprivata che si sta spegnendo come il fuoco nella casa di Bolton, ridotta in cenere.  
E quel rumore del mare , quella vita che si sta spegnendo, quella cenere - qualcuno ci sussurra  all’orecchio – non è forse anche la nostra? 

La seta e la musica bianca di Baricco

BARICCO  BAROCCO

 L’OCEANO E LA SETA




Di Augusto Benemeglio


1.Il fenomeno Baricco

La data di nascita , per me, del fenomeno “ Baricco”  avviene con la trasmissione televisiva  " Circolo Pickwick" : è la storia di nuovi spazi , nuove frontiere che si aprono ad una cultura letteraria televisiva mai veramente nata . E l’autore è un  giovanotto  dalla esse scivolante , un ciuffo nero e dal fascino tutto jeans e casual . Schiere di adepti , soprattutto donne  , cominciano a interessarsi di programmi culturali , dove in luogo  di professori accademici brutti ,anziani, mezzi calvi , panzuti , unti, pieni di forfora  eczemi e muffa ,  c’è  questo bel ragazzo IN JEANS , fresco, vivo, simpatico, pimpante, intrigante .. L'entusiasmo  cresce a dismisura , di puntata in puntata . Finalmente si è  data una decisa sterzata alla bolsa muffa trita imbalsamta asfittica cultura.  Baricco  , questo è il suo nome , legge  libri e autori come se  fossero stati stampati allora, per la prima volta,  gli dà un’anima , li scrosta dal tanfo delle biblioteche o dalle ex cathedre . In realtà si  tratta di autori americani  famosi  e affermatissimi , veri e propri classici  della letteratura (  Salinger, Dos Passos, Kerouac, Bukowsky, ecc.) che in Italia non sono mai stati veramente inseriti in un contesto di educazione di  massa, sempre per via di quei professori mummificati al pari delle strutture e dei politici, che appartengono per lo più a quel tipo di cultura e mentalità retrive.

2. I libri di Baricco

Poi , il giovane e affascinante Baricco,  comincia a scriverli lui i libri ( Castelli di Rabbia, Oceano Mare, ecc.) e dopo che gli strozzano il programma televisivo , perché il suo successo da’ i nervi a qualche papavero della Rai , comincia  a  scrivere per i quotidiani italiani più famosi e importanti ,  La Stampa di Torino  , La  Repubblica . Ed io lo seguo , lo leggo e apprezzo molto  i suoi commenti , in specie lo trovo  originalissimo come esperto di  musica lirica ,  ma in genere  trovo sempre ricche e affascinanti le sue cronache da equilibristi del nulla , da  “barnum”  ( e infatti le raccoglierà in un volume con quel titolo, “Barnum”, che mi affretto ad acquistare ) . Finalmente – mi dico -  uno che scrive in modo diverso dalla massa grigia e imbalsamata dei molti giornalisti mestieranti,. Mi piaceva il suo linguaggio  " frizzante", fatto di bollicine di champagne, svolazzante, quasi sempre sopra le righe , ma allo stesso tempo diretto, immediato , incisivo, ammiccante, colloquiale , goliardico , che strizza l’occhio un po’ a tutte le categorie ...E intanto vado a vedere  la performance del suo testo teatrale , " Novecento",  e ne rimango incantato ,  pieno di meraviglia e di musica , di colori, di un simpatico rollare , un mal di mare non da " raccata" nel bugliolo, ma da uomo in frac , brillo , leggero , poetico , o filosofico , da uno insomma che ha bevuto un bicchiere o due in più e tutto e assai più lieve e tenero , anche il peso dell'indomani, che ti aspetta accigliato con il dovere da compiere.

3. Seta

E’ a questo punto che  inizio a leggere  i suoi libri , che ho comprato e tenuto da parte cominciando dall'ultimo di essi, appena uscito : "Seta".Un libro - dice lui - che non è un libro, ma una storia con una musica ( tutte le storie hanno una musica) , una musica bianca . Ecco Baricco che fa scomparire tutte le cose reali: sentimenti case fiumi , montagne città strade fiori , il mare , sì l'Oceano Mare , che prima aveva descritto con trasporto da innamorato , anche il mare sparisce. E la stanza si riempie di ...niente. Poi va a prendere alcune tessere di un puzzle , - come dice Citati -  : un pizzico di Voltaire , un frammento di Perec, qualcosa di Marco Polo e di Calvino,(naturalmente) ,il tutto condito con una larga passata di Borges . Poi ritaglia, tagliuzza, trita , fa uno polpettone , un impasto per ridurlo infine a qualcosa di sottile , sottilissimo, trasparente , simile alla carta velina che usavamo una volta come copia . Poi comincia ad istoriarlo , incastonarlo , comporlo sul monitor del computer , in modo tale che uno stesso brano si possa replicare due o tre volte, senza troppa fatica. Alla fine , ecco il libro. E' fatto di "niente" (era il sogno di Flaubert , che non realizzò mai, perchè non conosceva il Giappone) Invece Baricco sa che il Giappone è un paese senza profondità, senza peso , un paese appunto di carta velina , con pannelli di carta di riso , con stanze senza mobili, con una tazza di tè che rappresenta l'unico discorso possibile e poi la vita di un giapponese è ridotta ad un teatro di ombre , a d un gioco d'ombre . ...Eccolo disegnare sul monitor un giapponese con la sua tunica scura , poi una ragazza cogli occhi che stranamente non avevano un taglio orientale ...( ci vuole un che di suspense ) E poi gli uccelli , tanti uccelli, centinaia di uccelli dalle grandi ali azzurre che volavano liberamente nel cielo di segni  colorati o riempivano follemente una voliera....Intorno a questo raccontare una storia con un personaggio snob inesistente , senza passato, senza presente , senza futuro, c'è una musica bianca e,  - leggero, trasparente , lieve come la seta , - il Nulla. Ed ecco confenzionato un magnifico romanzo sul Nulla, ma un Nulla pieno di Poesia Bianca , che viene tradotto in settandue lingue e diventa un best sellers, che fa annoverare Baricco come il più grande scrittore italiano, insieme ad Eco, negli States , ma anche ( pare) in Francia e in Malesia e chissà in quanti altri paesi..

4. Novecento

Letto questo Romanzo , letto il testo teatrale Novecento , (ottimo come tale, oh, yes , mentre il film l'ho trovato eccessivamente lungo, prolisso e pesantuccio ) , ho provato a leggere gli altri romanzi ,  ma non ci sono riuscito . Mi annoiavano terribilmente , dopo poche pagine non ce la facevo a proseguire ...mi sembrava tutto già scontato, già letto, già visto....Era l'effetto Nulla , che ha tuttavia un suo indubitabile fascino . E poi c'è quella straordinaria musica bianca che ti invade e non ti fa pensare al fatto che l'indomani ti devi alzare presto.  Sento intorno a me tante voci , giovani voci, per lo più che lo dicono un grande scrittore, il più grande , l’unico che l’Italia abbia ,  mentre io in assoluta minoranza continuo a sostenere trattarsi di un grande genio del Nulla.
Ma ovviamente , come sempre: ai posteri, ai posteri l’ardua sentenza.
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lunedì 5 dicembre 2011

LA SANTINA DI GALLIPOLI E DANIEL BAREMBOIN


LA SANTINA
DI GALLIPOLI 

E

DANIEL BARENBOIM
                                                    



Di Augusto Benemeglio

1. La santina di Gallipoli
Gli ultimi istanti della  “Santina di Gallipoli”, al secolo Lucia Solidoro, portata sulla scena dall’attrice Anita Boellis,  vengono  accompagnati  dalla musica della morte di Isotta nell’opera di Wagner “Tristano e Isotta”.  Ed è una cosa davvero struggente, che ti prende alle “frattaglie”come diceva ill mio amico loggionista Angelino Amendolagine da Terlizzi. Donne e uomini si commuovono fino alle lacrime, fino a star male. Ricordo, a Sannicola , quindici anni fa , presso il piccolo teatro del “Centro Insieme”  ,  una signora , che dovette uscire dal teatro ed essere assistita da un medico ( il dottor Schirinzi, cardiologo) che si trovava lì da spettatore.  A Gallipoli , una ragazza  cominciò ad avere crisi isteriche per gli effetti combinatori della musica ( (l’amore stregone di De Falla) , della voce demoniaca fuori campo ( per la cronaca era la mia) , e della luce stroboscopica. Abbiamo dovuto tagliare la scena, per non creare una situazione di panico. Come qualcuno sa , la Santina muore guardando il mare , “l’Jonio che ha la forma del vento”, dalla finestra della sua casa di calce e salnitro di poveri pescatori , sita sulla Riviera Bartolomeo Diaz,  muore invocando il suo Dio crocifisso ( “Gesù mio, ti amo, ti amo…”) .  Anche Isotta la bionda muore su un alto pianoro che guarda il mare , anche lei muore d’amore davanti al mare amaro del Nord , ma non ha nessun Dio da invocare.  Muore per il suo Tristano , muore adagiata sul corpo caro dell’amato, che l’ha preceduta nel lungo viaggio nella tenebra. Quella di Wagner non è l’Isotta cristiana della leggenda di Chretien dei Troyes , con il sentimento del peccato e della espiazione per un amore proibito, ma tutto il contrario.  Nell’opera di Wagner – scrive Th. Mann -  non c’è cielo né  inferno , non c’è nessuna religione , non vi è Dio. Nessuno lo nomina , nessuno lo invoca , vi è soltanto una filosofia erotica, una metafisica atea, il mito cosmogonico  nel quale il motivo del desiderio fa nascere il mondo”.  E’ un poema filosofico d’amore e morte , dove Wagner , il rivoluzionario del teatro , il grande dilettante della musica ( non imparerà mai a suonare decentemente il pianoforte ) , l’anti-italiano , l’antisemita, a quel tempo innamorato folle della contessa Mathilde Wesendonck ( la sua Isotta) , più che mai  nietzschiano e  dominato dalla più alta concezione di sé ,  dice che è ora di cambiare musica ,  e  trasmette il suo messaggio messianico: “ Solo nella morte, estrema rinuncia all’Io , l’amore trova la propria compiutezza”.  
Il suo “Tristano e Isotta”   è il massimo del romanticismo , l’infinito lunare , l’inconoscibile ,  la  notte,  l’amore  assoluto, l’ebbrezza di annullarsi,  la morte come momento erotico più alto e assoluto.    Il nostro amore è  ogni tempo / e  oltre il tempo…Oh  dolce morte/ fuga le nostre angosce/ oh morte d’amore/ tra le tue braccia / riscaldati da te / liberati dal pericolo di svegliarsi”. 
2. Barenboim
Ma è anche la fine del romanticismo, dice Daniel Barenboim  ,  grande pianista e grande direttore d’orchestra   argentino , di origine ebraica , che ha preso la cittadinanza israeliana , e ora sta scompaginando tutti gli “equilibri”  dell’odio atavico tra palestinesi ed ebrei , accettando anche la cittadinanza palestinese. «È un grande onore ricevere l’offerta di un passaporto», ha detto dopo un recital di piano dedicato a Beethoven , a Ramallah, città della Cisgiordania dove è attivo da qualche anno nel promuovere i contatti tra giovani musicisti arabi e israeliani. «Ho accettato anche perché credo che i destini del popolo israeliano e del popolo palestinese siano collegati in modo inestricabile  Abbiamo la benedizione, o maledizione, di dover vivere assieme. E preferisco la prima delle due. Il fatto che un cittadino possa essere premiato col passaporto palestinese sia un segno che ciò è possibile…La mia convinzione è che tramite la musica noi  possiamo imparare molte cose su noi stessi, sulla nostra società, sulla politica – in breve, sull´essere umano. La musica non come luogo di dorata ed edulcorata quiescenza, ma di fondamentali verità e quindi di ineludibili responsabilità. La musica è la cornice comune; è un linguaggio astratto di armonia. In musica nulla è indipendente. Richiede un perfetto equilibrio tra intelletto, emozione e temperamento. Quindi, tramite la musica possiamo immaginare un modello sociale alternativo, dove l'utopia e la praticità uniscono le forze, permettendoci di esprimere noi stessi liberamente e di ascoltare ciascuno le preoccupazioni dell'altro. Questo processo ci offre un importante insight sul modo attraverso il quale il mondo può e deve funzionare, e talvolta in effetti funziona».
3. Wagner
Ma oggi, purtroppo,  non si sente altro che sirene o spari , e la tristezza che siamo diventati, dice ancora  Barenboim , grande artista , ma anche grande uomo ,  un sessantenne alto , grosso, pieno di energia  , di passione, di umanità, che parla benissimo l’italiano ,  è veloce,   è perfetto , è cantilenante , come i sudamericani, è tutto un bzzz  bzz  da insetto ronzante ,  - oggi la musica che si ascolta per le strade è un insulto all’orecchio…e l’orecchio è l’organo più intelligente del corpo umano…l’orecchio registra la memoria …bisogna educare a sentire…invece oggi è tutto visuale …bzz bzz ,  Bar  è uno  che ha diretto il Tristano un centinaio di volte, opera con cui  il 7 dicembre scorso è stata inaugurata l’apertura della stagione  della Scala di Milano, di cui è direttore. Gli mettono il microfono sotto il naso. “Maestro ,  è vero che lei aveva sempre sognato  fin da bambino di dirigere il Tristano alla Scala di Milano?” Assolutamente no. Io veramente sognavo di fare  il marinaio , o il pescatore ,  oppure il presidente degli Stati Uniti, a seconda di come mi alzavo dal letto al  mattino.  Lei sa come sono fatti i bambini…  Poi un giorno mi sveglio , mi alzo e dico …bzzz…bzzz…bzzz , oggi voglio fare il musicista , voglio dirigere  il Don Giovanni di Mozart , o magari l’Otello di Verdi , o la Carmen di Bizet . E tante altre opere ancora . Ma al Tristano  non ci avevo mai pensato. Non solo  quando ho cominciato a suonare nelle orchestre ( avevo appena sette anni ) , ma anche dopo , da direttore , non  pensavo al Tristano,  anche perché onestamente non lo conoscevo affatto. Sa, noi argentini conosciamo solo i tanghi e le mazurche, bzz bzz. Ma un giorno che suonavo il pianoforte nella buca  con Wilhelm Furtwängler,  lui mi fa ,  Senti Bar perché non vieni con me che ti faccio suonare il Don Giovanni,  e così ti levi la voglia.  E così mi rimetto nella buca, seduto al clavicembalo e mi faccio una ventina d’anni di  Mozart.   Ora pero fai il Tristano , mi disse  il mio maestro e mentore Furtwängler . Ed io, no,  Furt,  ora c’è Verdi , c’è l’Otello , ma devo ammettere che alla fine non è che mi entusiasmasse molto fare l’Otello.  Ho subito invece il fascino di  Anton Bruckner e me lo sono  fatto tutto, ma proprio tutto. Mi piaceva assai  uno come lui , un romantico convinto.  Mi piaceva conoscerlo musicalmente , ma mi resi conto che non aveva praticamente scritto nulla per pianoforte ,  e io avevo bisogno di pezzi  forte al piano, allora mi sono buttato a capofitto su Lizst , e l’ho suonato come un pazzo, e si sa che chi suona Liszt stabilisce un vincolo, un contatto con Wagner , anche se non mi spiego come facesse un grande come Lizst  a sopportare l’arroganza e l’atteggiamento da superuomo di un genero come Wagner , che stava sempre a rimirare il proprio genio, come Narciso la sua immagine, sempre pronto a servirsi con cinismo dei propri ammiratori per ottenere prestiti  in danaro e favori di  ogni genere . Lui – diceva - era venuto al mondo per una missione da compiere. Doveva avere splendore,  bellezza  luce , ricchezza, e il mondo gli doveva tutto ciò di cui aveva bisogno. “Io non posso vivere  con una  miserabile elemosina da organista come il vostro Bach”. Ma se l’uomo è discutibile , l’artista è davvero grande, mostruoso , titanico , inventore della nuova opera lirica , del  grande teatro , dell’opera d’arte totale, colui che più di altri ha segnato un’epoca e ha costituito un punto di  partenza per le ricerche successive.. 
         
         
           4. Il Tristano
Poi forse venne il tempo in cui ero pronto anche per il Tristano,  ma mi trovavo a Parigi e ritenni che fosse il caso di omaggiare Hector Berlioz , anche lui è uno che ruota intorno a  Wagner. Arriviamo così  al 1977 , ho trentaquattro anni e mi trovo a Berlino Ovest per dirigere la Carmen,  io adoravo la Carmen , soprattutto con la regia di Ponnelle.  Si doveva fare la Carmen con dialoghi cantati  secondo l’originale , ma la cantante francese s’ammalò e non ce n’era un’altra . Di cantanti che conoscono la lingua italiana ne trovi quante ne vuoi, di lingua tedesca ne trovi ancora , ma che cantino il francese trovi solo i francesi.  Ponnelle era uno che  comunque sapeva sempre trovare il rimedio,  e mi disse, non ti preoccupare Bar, ho anche la versione in tedesco , e una Carmen tedesca la troviamo di certo. Ma la produzione non so perché decise di cancellare il progetto,  con gran discorno di Ponnelle che se ne andò superincazzato.  Non c’erano altri titoli liberi in programma se non  il Tristano . Ma chi lo  dirige? , chiesi a Palmhorststein , che aveva diretto Wagner un miliardo di volte. Lo fai tu, vero? . E lui di rimando,  No , fallo tu, Bar, è una buona occasione, disse, e  mi sembrò che avesse un risolino ironico sulle labbra.  Accettati la sfida. Minchia!, dissi dentro di me ,  questa è una provocazione bella e buona. E fu così che ebbe inizio la mia vera e propria carriera di direttore d’orchestra, fino allora occasionale ( facevo più il pianista)  con il mio   primo Tristano, a Berlino , nella madre patria. Poi lo feci anche a Bayreuth , nel 1981, e fui il primo direttore ebreo a farlo lì, nel tempio di Wagner. Ma poi feci anche di peggio. Portai la musica dell’antisemita Wagner in Israele  , e mi feci un mucchio di nemici. Sai quante pietre da parte dei buoni ebrei!, metaforiche e no. Ma grazie a Dio ho avuto la fortuna di prendere coscienza presto che fare musica non è un'affermazione dell'essere ma del divenire…Dicevamo  del Tristano, vero? …Con la regia di  Gotz   ne ho fatti tanti , uno , due , sessanta , ottanta bzzz bzzz .  Venticinque anni di Tristano e Isotta in ogni parte del mondo …bzzz…bzzz…. Tanti fans , dei veri e propri adoratori del  Tristano, ma anche qualche nemico…Quando suoni Wagner è così….Del resto se nella vita non hai nemici significa che hai sbagliato tutto, significa che non hai fatto niente. E un’altra cosa vuol dire Tristano , che se uno vuole bene  veramente , è disposto a morire  per la persona amata. Ma il Tristano è anche altre cose. Questa musica di Wagner ha uno slancio sensuale, direi sessuale, in sé. Ascolti la musica ed è come se ti facessi una scopata, è un vera e propria sublimazione del coito. Per questo è  inutile caricarla di pathos. E così ha fatto Patrice Chereau , che tiene una classe  unica , è pulito e senza orpelli , fa le cose semplici,  le cose essenziali,  ha capito che Tristano non è  solo,   quando il suo re Marke lo  manda  con il vascello a prendere Isotta , principessa d’Irlanda,  perché divenga sua sposa e regina di Cornovaglia ,  come pegno del trattato di riconciliazione fra la Cornovaglia e l’Irlanda. Non c’è solo l’equipaggio con lui , ma c’è tutto  il pubblico che fa il viaggio con Tristano , che partecipa alla vicenda , che è storia pubblica, a cielo aperto, sul mare , come sempre capita quando si viaggia su una nave e non ci sono dei camerini singoli. La bella Isotta dalle trecce bionde , la maga Isotta , che ha già curato e guarito Tristano sotto mentite spoglie , nonostante questi avesse ucciso il suo fidanzato Morold , è ancora innamorata del suo eroico “traditore” , e la loro storia d’amore è  irreversibile e tragica fin dalle prime battute. Ora dal vascello si vedono  le coste della Cornovaglia , e Isotta è  furente , maledice Tristano e tutti i suoi avi. (“Razza bastarda !”), e ha ordinato segretamente alla sua ancella Brangane  di aprire il filtro magico della morte e versarlo nel vino, che offrirà a Tristano. Lo invita a bere nella coppa ( “Brinda con me , amato traditore!”) ma prima le deve chiedere perdono. E  Tristano non si lascia pregare ( “Mia regina e donna adorata!”) . Il torneo , la schermaglia tra i due innamorati si apre già prima di bere  entrambi nella stessa coppa.  Musica e parole li legano pericolosamente. E l’ancella Brangane non ha versato  il filtro di morte, ma quello d’amore. Restano in muto abbraccio. La nave arriva in porto. Suono di trombe. Urrah! Urrah per il re Marke!, gridano le voci, ma tutti sono attenti ai due innamorati fatali : “I nostri cuori traboccano d’ebbrezza/ i nostri sensi fremono di gioia/ fiore rigoglioso di ardente desiderio/ suprema fiamma di struggimento amoroso/…meravigliosa estasi d’amore”
Una delizia piena di perfidia, una gioia votata alla menzogna, conclude Tristano, mentre l’atto si chiude con “Gloria al re!”, che è già tragicamente becco ancora prima di conoscere la sua sposa. Da quel momento della bevanda o filtro d’amore è tutto  un annegare, affondare, nella catastrofe tragica del mito , fino al canto finale di Isotta accanto al cadavere di Tristano , con lievi invisibili  affinità leopardiane dell’infinito : annegare nell’immensità , “dolcezza suprema”. E’  l’ultima parola cantata da Isotta che cade . come trasfigurata , sul cadavere di Tristano , con re Marke che sopraggiunge e benedice i cadaveri. E il sipario che cala lentamente. Voluttà , piacere, anche gioia,  anche sensualità trasfigurata , ma soprattutto la voluttà intellettuale che filtra attraverso Schopenahuer e i lampi di poesia, è quello il piacere supremo di Wagner , veder coincidere, come in  Novalis ,  la bellezza e la verità…e il  Nulla«L'impossibile mi ha sempre attratto più del difficile, perché l'impossibile desta non solo un'impressione di avventura, ma un'impressione di attività che trovo altamente attraente. Ha il vantaggio aggiunto che il fallimento non solo è tollerato ma anche atteso».
Anche per Tristano quest’amore era impossibile . E così  anche nel terzo atto  Tristano non può  essere solo,  sotto un tiglio , sull’altura rocciosa affacciata sul mare , a  morire. Ha intorno a sé  tutta la gente possibile, gli stessi spettatori . E lui lo sa. Sta morendo per amore , ed è la morte perfetta .  Nel duello contro Von Melot si e lasciato volutamente ferire , ed ora canta la sua totale appartenenza alla notte , attende Isotta . C’è un pastore, di vedetta, che scruta l’orizzonte in cerca della nave che porti la salvifica giovane . Vicino a lui c’è il fedele amico Kurwenal  , che gli che dice, Tristano hai  fatto la più  dolce follia del mondo. Guarda cosa hai fatto di te…Un’opera morta. E Tristano,  di rimando,  Non è il massimo possibile per un mortale, morire d’amore?
5. Musica  e morte.
Maestro, ma  il  Tristano è  solo una storia d’amore?
No, è una storia di musica e morte , soprattutto , e la morte si fonda sull’amore , anche sull’amore . Ma la morte è centrale in quest’opera , la morte influenza tutto, è come nel don Giovanni  di Mozart , che inizia con una morte che segna poi tutta l’opera. La musica esce dal silenzio e va nel silenzio, come diceva Schopenhauer , tanto amato da Wagner, il grande genio rivoluzionario dell’arte che ha trovato la musica in età tardissima , pensi che fino a diciotto anni non conosceva una nota , grazie a Beethoven… Ma la musica ha sempre qualcosa in sé di sovversivo, che ti può incantare e travolgere….

Perchè i personaggi di Wagner  hanno queste ferite, come Tristano, ferite
che non guariscono mai?
E’ ovvio che le ferite non sono quelle della carne , ma soprattutto dell’anima , ma sono ferite anche delle civiltà , sono ferite della musica stessa. Dopo Tristano la musica non è  più la stessa.  Tristano è un’opera chiave per lo  sviluppo della musica . Ci sono compositori grandi , dalla scrittura e dalla compositura perfetta, come ad esempio Mendelssohn , col suo ottetto , ma anche col concerto di violino, con  le romanze senza parole, tutte cose eccezionali, che però non hanno cambiato il corso della musica . Anche senza questi capolavori la musica si sarebbe sviluppata lo stesso. Poi ci sono altri   compositori magari meno perfetti di Mendelssohn  , prendi Berlioz , o Lizst , ad esempio, compositori che non hanno lo stesso grado di  arte , ma hanno  radicalmente fatto svoltare il mondo.
Dopo di loro, solo tre o quattro hanno  raggiunto l’apice , sommando la perfezione della scrittura con  l’importanza della sostanza.  Ma Bach e Wagner , loro hanno incarnato e insieme la conclusione del loro tempo simultaneamente hanno mostrato il cammino del futuro. Ma  fra tutte le creature di Wagner  , il Tristano  è il pezzo chiave , perché qui il cromatismo è portato al massimo e  il cromatismo significa ambiguità , per questo l’opera “Tristano e Isotta” , è perfetta  , perché è pura e totale ambiguità , sia dei personaggi che della musica . Ed è per questo che la sentiamo così parte di noi e  del nostro tempo.