martedì 28 febbraio 2012

Er chiaroscuro de la vita di Rossana Mezzabarba

ER CHIAROSCURO DELLA VITA
DI  ROSSANA MEZZABARBA NICOLAI

RECITAL DI AUGUSTO BENEMEGLIO

1)    ENRICO E ROSSANA CANTANO ROMA NUN FA LA STUPIDA

Signore e Signori , benvenuti a questa soireè , come direbbero i francesi, contrassegnata dalla “romanità” come la canzone che hanno cantato Enrico Nicolai , e sua madre, Rossana Mezzabarba Nicolai l’autrice de “Er chiaroscuro de la vita”, edizione Anicia, 2010- .un libro di poesie che vi presenteremo  in forma di recital , un po’ come è in voga ormai da tempo in questa biblioteca.  In realtà si tratta di un convivio letterario che ha la musica , il suono, il sapore , la voce di Roma , grazie alle  poesie in vernacolo del suo libro, versi che passano tra le fessure , gli interstizi della nostra memoria , che sanno ora di violini , ora  di grancasse, e grazie  alla ideatrice di questi deliziosi appuntamenti letterari in biblioteca , che è la padrona di casa, l’impareggiabile , entusiastica , gentile e rigorosa  direttrice di questa  Biblioteca :  Maria Moretti

 2. Roma per me...

“Roma  per me – ha detto lo scrittore Alberto Bevilacqua , che ci ha vissuto cinquant’anni  - -   è Scipione , Sordi , Fabrizi , Moravia e Proietti ;  Roma è la città più accogliente del mondo, è un ventre morbido che non lascia cadere nessuno, è sensuale , è ospitale , accoglie tutti con grande civiltà. E  tutto ciò lo ritroviamo , intatto, anche nei versi  di Rossana , alla conquista della leggerezza e della libertà, versi che si accalcano di nomi, aggettivi, avverbi e si scavalcano , ruzzolano, sognano, si scontrano ,urtano fra loro ,  sono segni, linee , interpunzioni,  giochi di luce e d’ombra, poesia che finisce per diventare talora atto sostituivo dell’esistenza , che è come una continua  attesa , illusione di un nuovo mondo che forse non esiste
3)    ROSSANA LEGGE L’ATTESA 

 Rossana scrive in dialetto romanesco, la lingua dell’immediatezza , del corpo , dell’istinto, lo strumento espressivo più puro, o meno usurato, da opporre alla saturazione di una tradizione che non sa più parlare , né scrivere.

Roma , per me ,  è  il Casermone  di via Vitellia ,  Donna Olimpia, Villa Pamphili,  San Pancrazio , Villa Sciarra e  il Gianicolo , con i monumenti di Garibaldi e Anita , a cavallo , con la pistola e il bambino in braccio  , e l’erme , lungo i giardini del Gianicolo , dei difensori della Roma Repubblicana , che caddero in quel lontano 2 febbraio 1849 , Mameli, Manara Dandolo Toti e tanti altri , tutti ricordi lontanissimi ,  i sentieri della mia infanzia ; immagini che oggi però diventano attuali , storia  viva , nella ricorrenza del 150° anniversario dall’Unità d’Italia . Non va dimenticato che per l’eroico comportamento dei suoi cittadini, la città di Roma fu insignita  , un secolo dopo, nel 1949, della  medaglia d’oro al valor militare . Quindi Roma non è solo la più insigne città del mondo , per la sua storia, e la sua cultura , la lingua il diritto i costumi , la religione, la filosofia ecc., per l’incredibile ricchezza e concentrazione dei suoi  monumenti  storici architettonici, ma si è dimostrata anche, in tempi non più remotissimi , con pieno diritto , una città piena di coraggio e di eroismi, e continua ad essere sempre la città più visitata e…invidiata del mondo. Rossana ci ha scritto una poesia che riecheggia un po’ il Cesare Pascarella della scoperta dell’America. Ascoltiamo,  declamata da Piero Girardi:

 5)ROMA E LI ROMANI  - PIERO   ( sottofondo musicale)
La Roma dell’infanzia di Rossana è quella delle tenerezze struggenti, irripetibili legate all’innocenza, quelle nostalgie canaglie che ti prendono a tradimento e ti trafiggono l’anima, dei mondi  magici, dei territori profondi  in cui l’immaginazione scopriva nuovi paesaggi, nuove atmosfere, nuove intimità, tutte da comunicare ad una bambola di pezza, dono prezioso , unico , ma allo stesso tempo totem e maschera delle nostre disillusioni della vita che trovano rifugio (e consolazione)  nel mito tutto leopardiano di un’infanzia rivissuta nel tempio della memoria.
6) La pupa de pezza  - Rossana (sottofondo musicale)
Er bacio di Rossana ricorda inevitabilmente il bacio di Rostand nel Cirano de Bergerac, da sempre innamorato segreto di Rossana: ma che cos’è poi un bacio?  Un giuramento , una promessa, una confessione, un punto rosa sulla i di ti amo…un frammento d’eternità…
7) ER BACIO  - Rossana  (Sottofondo musicale)  
Però , ner chiaroscuro della vita, capita sovente  che tra  lui e lei  ci sia una musica diversa , diciamo assai meno idilliaca , più di conflittualità , di ripicche, accuse , insulti , e rimpianti... In questi casi è  solo col  dialetto che  si possono esprimere certi moti dell’animo, certe battute fulminanti. Il dialetto ha la capacità di cancellare d’un tratto tutti i dilemmi espressivi della poesia  contemporanea., di recuperare accordi , lazzi, frizzi, ma anche certe ritualità , certe liturgie sacrali , che appartengono alla nostra cultura cristiana, come ad. esempio lo  spezzare il  pane , ( ricordate i discepoli di Emmaus: : lo riconobbero  dallo spezzare il pane)
9) ER PANE   
Rossana non si dimentica dei suoi maestri di poesia dialettale, e allora ecco un omaggio al grande Carlo Alberto Sallustri, in arte Trilussa, con una delle liriche tipo “Ommini e bestie” , sempre piene di saggezza:
 Quando si parla di poesia in dialetto romanesco non si può prescindere mai dall’ideatore di questa lingua, da colui che lasciò al popolo di Roma questo incredibile patrimonio culturale , e cioè il grandissimo geniale  immenso  Gioachino Belli… E  se uno dice Belli …rivede  d’un tratto la Roma autunnale delle fontane e dei pini di Respighi ,  con la musica sonora,  che è una distesa di balconi e di alberi con le foglie dei platani sul lungotevere che battono le mani , la Roma dei pretini e dei marinai che sciamano per San Pietro e Castel Sant’Angelo , la stola e il solino, la croce e il cannone, l’incenso e l’odore di polvere da sparo, i topi e i gabbiani, la spada e la sete , le metamorfosi assurde , la nostalgia del mistero , le donne inginocchiate e i mattini che precipitano dentro di te, la  Roma   di quelle giornate  meravigliose, di quelle giornate così splendidamente romane che perfino uno statale di infimo grado  , be’ , puro quello se sente arricciasse ar core un nun socchè , un quarche cosa che rissomija a   la felicità...
E la felicità cos’è ?,– dice Trilussa    « C'è un'ape che se posa
su un bottone di rosa:/ lo succhia e se ne va…/Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. » . La felicità , con tutto lo scompiglio , direi la rivoluzione che ti può portare  , è  anche , senza dubbio,  la nascita di un bambino.
11) ER PUPO 
La mia , anzi , direi la “nostra”  Roma di oggi , è più distante dal centro , più ovattata, più silenziosa , più verde, con il parco della Madonnetta, le vie quasi deserte dei pittori moderni di Acilia-Malafede, e quelle dei grandi artisti filosofi e letterati dell’antica Grecia dell’Axa-Palocco , con il verde e le quiete ville signorili  adagiate nel verde geometrico delle aiole ,  e  i versi dialettali di Rossana Mezzabarba o quelli di un Giulio Sordini ,pubblicati mensilmente su Zeus , versi che hanno sempre sotto sotto  la  voglia di  ripercorrere   sogni infantili  ed eroici  , come ad esempio – per i maschietti -  quello del  trombettiere del Generale Custer , il mitico trombettiere del 7° Cavalleggeri , ch’era in realtà un romano  di via delle Zoccolette , 47, e si chiamava Giovanni Martini , ma è passato alla storia come John Martin. E fu  l’unico scampato al massacro dei  Sioux della famosa battaglia di “Little Big Horn” , quello che nel film di Ford  “Ombre rosse” viene ripreso in primo piano con la mitica tromba e che sprona i soldati alla carica…..E magari Giovanni era stato uno di quelli che fuori porta aveva cantato li stornelli romani , e oggi si unirebbe volentieri a noi
12) stornellata romana con Enrico Piero e Rossana
  Vi ricordate quelle amicizie che si fanno da bambini, da ragazzi, quando si verificano quei momenti di afflato e di grazia irripetibili, e ti porti appresso quel sentimento per cui l’amico è parte di te e tu sei parte di lui, quando si è “amici” perché inscindibili da qualcosa di comune e di immenso ? L’amicizia  ci sembra non debba mai finire, come e più dell’amore , ma poi passano gli anni, ci si perde di vista….e  magari quando ci si rincontra …..
13) L’AMICIZIA  - PIERO ( Sottofondo musicale)
 Il dialetto , disse Berman , è la riabilitazione della memoria e della pulizia etnica , storia personale , storia delle proprie radici , come elemento vitale dell’identità personale. E’ il bisogno di tornare a casa , di dispiegare la propria creatività e di essere protetta all’interno dei tuoi confini. 
 Io credo che la poesia  di Rossana abbia  un valore  proprio per questa sua capacità  di recupero quasi artigianale di uno strumento espressivo puro, meno usurato della lingua letteraria , questa sua capacità in sostanza  farci ridere e commuovere, con l’ordinarietà delle cose di cui è fatta l’esistenza, con la semplicità dei sentimenti di sempre , con l’oro del cuore che conosce cose che la mente non sa, come disse Pascal, ma anche con quella sua indubbia maestria di saper mescolare i toni e i colori, come  fa con l’emblema umile e determinante della nostra vita di tutti  i giorni: 
15) LA CASALINGA – ROSSANA  ( SOTTOFONDO MUSICALE )
A: E una risata liberatoria, rabelesiana, ci vuole, anzi cce vo’, cce vo’
16) LA RISATA – PIERO  ( SOTTOFONDO MUSICALE)
SOTTOFONDO MUSICALE
 Roma non è solo una città: è metafora, norma, paradigma, canone, testo, immaginario, meta e percorso dello sguardo, del cervello e dell'anima. Del linguaggio, accademico e comune. Ma è pure quotidianità. Si lavora, si fa l'amore, si canta, si cucina, si muore, si uccide. Come dovunque. Ma tutto ciò che è relativo in questa città, tutto ciò che è cronaca di questa città, tutto ciò che accade giorno dopo giorno in questa città non può non condividere un'aura di assolutezza. Di eternità. Di terreno e di sovrannaturale.
È un privilegio assoluto vivere qui, ma è anche una fatica vivere qui. È un dono straordinario. Quasi insopportabile. Si può buttarlo via e restarvi indifferenti, distrarsene: è un modo di sopravvivervi. Si può restarne schiacciati, afasici, imbambolati: è un modo per viverci. Chiunque viva o sopravviva qui mostra il massimo dell’affezione e il massimo della distrazione verso ciò che lo circonda, in cui è immerso. (FINE MUSICA
AUTORE: È nello stesso tempo radicato e in esilio, è in esilio da ciò in cui è radicato. Sarebbe davvero un’estrosità, una stravaganza considerare solo «locale» e «stracittadino» quel che accade qui.  Roma è capoccia.
17) ROMA CAPOCCIA CON ENRICO E PIERO
E siamo alla conclusione di questo nostro incontro con una poetessa romana , che è riuscita a fare poesia con la lingua di conversazione  familiare , il che non è poco ;  siamo alla fine di questa giornata dedicata ,  oserei dire consacrata –in fondo la poesia è un rito – alla romanità, ma non dimentichiamo le cose appena accennate  , quel  sibillino “ monno infame”   di Roma Capoccia, né  le disfunzioni , le storture , gli accaparramenti, le truffe , a cui  abbiamo accennato . Insomma, non  dobbiamo dimenticare  “er  chiaroscuro della vita” , dove la poesia  finisce talora  per diventare – l’abbiamo già detto - un rifugio, o un atto sostitutivo dell’esistenza . Ma Rossana , in questa sua silloge, non dimentica  mai quale siano le vere  finalità , i valori che contano , ed è sempre alla ricerca di una  redenzione , un riscatto morale e cristiano dell’uomo, che lo elevi dalla sue cose immonde. Anzi ci ricorda spesso le due cose fondamentali che costituiscono un po’ tutta l’impalcatura  della morale cristiana, l’ amore verso il prossimo   e la pace , che vanno spesso a braccetto. Dunque per  finire eccovi: LA PACE   
Non poteva che finire con la pace, qui, nella Biblioteca della Casa della Pace. Grazie.
Roma , 5 aprile 2011                             (Augusto Benemeglio)

Canzoni:
ROMA CAPOCCIA
Quanto sei bella Roma quand'e' sera
quando la luna se specchia
dentro ar fontanone
e le coppiette se ne vanno via,
quanto sei bella Roma quando piove.
Quanto sei bella Roma quand'e' er tramonto
quando l'arancio rosseggia
ancora sui sette colli
e le finestre so' tanti occhi,
che te sembrano dì: quanto sei bella.
Oggi me sembra che
er tempo se sia fermato qui,
vedo la maestà der Colosseo
vedo la santità der cupolone,
e so' piu' vivo e so' più bbono
no nun te lasso mai
Roma capoccia der mondo infame,
na carrozzella va co du stranieri
un robivecchi te chiede un po'de stracci
li passeracci so'usignoli;
io ce so'nato Roma,
io t'ho scoperta stamattina.

ROMA NUN FA’ LA STUPIDA STASERA
Roma nun fa' la stupida stasera
damme na mano a faie di de si
scegli tutte le stelle piu' brillarelle
che c'hai e un friccico de luna
tutta pe noi
faje senti' ch'e' quasi primavera
manna li mejo grilli pe fa' cri cri
prestame er ponentino
piu' malandrino che c'hai
roma reggeme er moccolo stasera
roma nun fa' la stupida stasera
damme na mano a famme di' de no
spegni tutte le stelle
piu' brillarelle che c'hai
nasconneme la luna se no so guai
famme scorda' ch'e' quasi primavera
tiemme na mano in testa pe' di de no
smorza quer venticello
stuzzicarello che c'hai
roma nun fa' la stupida stasera

venerdì 24 febbraio 2012

La malinconia di Gustave Falubert

La malinconia di Gustave Flaubert




1.     Un corridoio pieno d’ombra
“ Il tempo della bellezza è passato …Più si andrà avanti , e più l’arte sarà scientifica, come la scienza diventerà artistica…Nessun pensiero umano può prevedere ora a quale scintillante sole si schiuderanno  le opere dell’avvenire. Nell’attesa,  noi siamo in un corridoio pieno d’ombra, e brancoliamo nel buio. Non c’è punto d’appoggio per nessuno di noi , letterati e scribacchini.  A che serve scrivere ?  A che bisogno rispondono queste chiacchiere? Tra la folla e noi non c’è nessun legame . Tanto peggio per la folla ; e soprattutto tanto peggio per noi”.Così scriveva  il sabato sera del 24 aprile 1852  Gustave Flaubert alla bella e affascinante scrittrice Louise Colet , che era diventata la sua amante.

2.     Le tentazioni di Sant’antonio

Siamo nel periodo in cui è tutto preso dalla stesura del suo capolavoro,Madame Bovary, un romanzo che avrebbe segnato la fine del romanticismo e la nascita di una nuova corrente letteraria già preannunciata dalla “Commedia umana” di Balzac; un romanzo che tuttavia era stato scritto per una sorta di scommessa con gli amici Louis Bouhilet ,  poeta e drammaturgo, e Max Du Camp, giornalista ed editore, in un altro sabato di due anni e mezzo prima, nell’autunno del 1849 . Li aveva invitati nella sua proprietà di Croisset , sulla Senna, presso Rouen, dove si era ritirato , insieme alla madre, dopo la morte del padre, primario chirurgo all’Ospedale di Rouen, per leggere loro un suo manoscritto , “La tentazione di Sant’Antonio” , che aveva appena ultimato, in vista della pubblicazione.  La lettura del manoscritto ( cinquecento pagine ) occupò quattro giorni con dosi massicce. Durante l’interminabile declamazione di Gustave , gli amici – per desiderio dell’autore - , si astennero dai commenti, ma alla fine il verdetto fu desolante: il libro era buono da gettare nel fuoco.

3.      Un fatto di cronaca

Alla condanna seguirono i consigli . Gustave abbandona i voli lirici e le fantasie romantiche , questo tuo lavoro è di una noia mortale , una sorta di Faust francese , popolato di personaggi mitici e interrotto da barbosissime digressioni filosofiche ed estetiche , disse Louis. E’ vero, – disse Max – tutto è stato già detto e scritto , è trito e ritrito , cambia soggetto, prendine uno terra terra, uno di quegli incidenti di cui la vita borghese e le cronache dei giornali sono  pieni, da trattare con un tono naturale e familiare, alla Balzac, certo con il tuo stile e il tuo talento , che è immenso. - Leggi questo fatto di cronaca di qualche tempo fa, gli disse Louis. E gli consegnò il giornale ormai ingiallito dal tempo. Flaubert lo guardò e scosse la testa. Ora no, non potrei. La delusione era immensa , amarissima. Aveva speso anni e anni per scrivere quel suo libro, - Louis lo sapeva bene, fin dal Liceo – ed ora veniva così brutalmente , impietosamente bocciato. “Impubblicabile”, gli avevano detto.- Caro Gustave, disse Bouhilet , questo non è più il tempo di paggi ,castellane e cavalieri erranti . I protagonisti del nostro tempo sono i borghesi ,  indifferenti ai blasoni e alle gesta d’Oltremare , ma sensibilissimi al denaro, agli investimenti fruttiferi e alle fluttuazioni della Borsa. Era tutto vero, purtroppo, dovette ammettere  Flaubert ,  e pian piano si convinse che gli amici avevano ragione , e discusse con loro la possibilità di scrivere un nuovo romanzo calato nella realtà quotidiana. Intanto lesse l’articolo di cronaca nera riportato dall’Equipe , in cui si parlava di un modesto ufficiale sanitario , Eugene Delamare , che , rimasto vedovo , era  passato a nuove nozze con una ragazza di campagna, Delphine , leggera e prodiga, coinvolta in fatti penali in seguito a squallide avventure d’infedeltà coniugale. Costretta a indebitarsi , all’insaputa del marito, per la sua mania di “ comparire”, e incapace di far fronte ai suoi impegni , Delphine si era uccisa, lasciando una figlioletta orfana. Dopo pochi mesi , il povero Delamare l’aveva seguita nella tomba. - Bene, disse  Flaubert, accetto il vostro consiglio e vi prometto che scriverò un nuovo libro secondo le linee  da voi suggerite. Ma non ora. Questo è il tempo di viaggiare, di andare nei paesi più affascinanti della terra, in Egitto, Palestina , Turchia,  Grecia....Andiamo tutti e tre a fare questa meravigliosa crociera, poi ne parleremo, d’accordo?

4.     Emma Bovary!

Gustave se lo poteva permettere , grazie all’eredità paterna , ma gli altri due un po’ meno. Lo seguì il solo Maxime e fu un viaggio lunghissimo, dal novembre del 1849 all’estate del 1851 . Vedono le rovine degli antichi, il deserto , le cortigiane arabe, ma Flaubert è costantemente annoiato. Parlano spesso dei futuri orientamenti letterari e del progetto-scommessa, finchè – scriverà  Du Camp - ai confini della Nubia, sull’altura di Djebel Aboucir,  mentre guardavamo  il Nilo battere contro gli argini rocciosi di granito nero, egli gettò un grido: Ho trovato! Eureka! Eureka! La chiamerò Emma Bovary!” Era stato concepito il romanzo rivoluzionario della nuova letteratura.

5.     Ricerca di perfezione maniacale

Iniziò materialmente a scrivere  la sera del 19 settembre 1851, a Croisset e rimase inchiodato alla scrivania , con un calamaio di bronzo a forma di rospo e un mazzo di penne d’oca , per ben cinque anni, tanto gli ci volle per portare a termine quest’idea nuova con tutte le risorse del suo stile, con una maniacale ricerca di perfezione. “Le esalazioni dell’anima, il lirismo, le descrizioni: voglio tutto in stile . Altrimenti è prostituzione , dell’arte e pure del sentimento”)Trovare tutte le parole giuste, pagina per pagina, periodo per periodo, rigo per rigo, parola per parola (non esistono due modi per esprimere un’idea,ma uno soltanto, e le parole devono adattarsi al pensiero come il guanto si adatta alla mano), come se fosse un poema in prosa. Una  fatica improba, uno sforzo enorme, un rovello e una lentezza esasperante ( certe volte impiega una settimana per completare una sola pagina). Cinque anni con Emma, la sua creatura , il personaggio che amò con un trasporto  totale, assoluto, fino a fondersi con lei. Amò il suo corpo ( “Sono alla scopata , in pieno mezzo. Sudo e ho la gola serrata”, scrive a Louise), i larghi vestiti d’estate, le lunghe ciglia curve ,le unghie brillanti come l’avorio, nei denti madreperlacei , nel sangue che batte dolcemente sotto la sua pelle fine , e negli ultimi raggi di sole crepuscolare che scintillano come frecce d’oro sui suoi capelli d’ebano. (“Io sono contemporaneamente amante  e amata, sono stato a cavallo  in un bosco, in un pomeriggio d’autunno, sotto le foglie gialle, ed ero i cavalli, le foglie, il vento, le parole che si dicevano  e il sole rosso che faceva socchiudere  le loro palpebre pesanti d’amore”)

6.      Madame Bovary sono io.
”Nello sguardo  di Emma – scrive Pietro Citati - si concentrano gli oceani di passione che sconvolsero tutti gli sguardi del mondo.  Perché là dietro – lontana , sepolta quasi inavvertibile – s’annida ancora la musica del cuore , dolce e indistinta, come l’ultima eco di una sinfonia che s’allontana .” Flaubert , mentre derideva la retorica romantica, la faceva fiorire con un’intensità e con uno splendore straziante. Era l’ultimo scoppio fantastico del romanticismo, dopo il quale esso doveva fatalmente morire..
Del romanzo sappiamo tutto, della sua pubblicazione a puntate sulla Revue de Paris, il 1° giugno 1856, della quale Du Camp era uno dei fondatori, dello scandalo che provocò, dell’intervento della censura , che impose all’autore dei tagli che lo stesso si rifiutò d’apportare; dell’azione giudiziaria nei confronti degli editori e infine del processo agli stessi e all’autore con l’accusa di  “ oltraggio alla morale pubblica e religiosa e ai buoni costumi”. E della famosa affermazione di Flaubert: “ Madame Bovary sono io”.

7.     La solitudine di un monaco cistercense

Il romanzo gli aveva dato  la fama, il successo ( fu un best seller, grazie anche alla pubblicità sollevata dal processo che fece salire vertiginosamente le vendite), la gloria ( gli  sarà assegnata la Legion d’Onor nel 1866) , ma non certamente i soldi , tant’è che Flaubert  finì gli ultimi anni della sua vita  in miseria e gli amici si diedero da fare per fargli avere una modesta pensione governativa e una sinecura come bibliotecario. Soprattutto non gli aveva dato la serenità e la felicità, a cui ancora credeva, nonostante tutto. E così questo normanno barbaro  ( “Dei barbari  ho l’aspetto robusto , i nervosi languori, gli occhi verdi e l’alta statura , ma ne ho anche lo scatto , l’ostinazione, l’irascibilità”) continuò ad essere eternamente malinconico e annoiato. Passava interi mesi senza che nessun visitatore  interrompesse la sua solitudine , nella sua vecchia villa paterna di Croisset, sulla Senna. Guardava le barche che passavano lentamente, i rimorchiatori con i lunghi fumaioli neri e gli ululati sonori, le catene che cigolavano , le chiatte rettangolari con il loro odore di ruggine , catrame e rifiuti.  Lui, chiuso nella sua cella d’aria , si  gustava quella solitudine come un monaco cistercense , che spesso aveva sognato di essere .

8.     La felicità di essere in tutte le cose

In quei momenti s’aggirava nella casa con un senso di possesso e di proprietà assoluta: guardava le sue poltrone, i suoi libri,  il suo studio, il suo giardino; poi sedeva alla scrivania e per ore e ore scriveva e cancellava , cancellava e riscriveva , inseguendo la stessa idea per giorni e giorni ,  e ci andava a letto con quell’idea e la sognava ; s’inebriava dell’odore d’inchiostro come ci si inebria di acquavite . Era posseduto dal desiderio estatico di perdersi negli oggetti. Fissava una goccia d’acqua, una pietra, una conchiglia, il vecchio cappello della madre morta , e s’arrestava immobile , con la pupilla fissa e col cuore aperto, mentre l’oggetto contemplato sembrava sconfinare e penetrare dentro di lui. Provava la felicità suprema di essere in tutte le cose : “ emanarmi cogli odori, crescere come le piante, scorrere come l’acqua, vibrare come il sole, brillare come la luce, penetrare ogni atomo , discendere fino al fondo della materia , essere la materia!” Cercava di allontanare tutti gli uomini : scartava ogni manifestazione esterna e ogni relazione umana ; viveva sepolto, come fosse già morto, nel suo grande sepolcro bianco.

9.     Un muro nudo dell’Acropoli

Spesso sognava di assomigliare al canonico di Poiters di Montagne ,  che da trent’anni non era uscito dalla stanza per l’incomodo della malinconia .”Non aspetto più nulla dalla vita  che un seguito di fogli di carta da imbrattare di nero. Mi sembra di attraversare una solitudine senza fine , per andare non so dove. E sono io ad essere insieme il deserto, il viaggiatore e il cammello”.   Sembrava davvero non  voler  più nulla dalla vita , ma in realtà , sperava ancora nella bellezza , che per lui era rappresentata dalle opere di  Omero, Rabelais , Michelangelo, Shakespeare, Goethe, opere immobili come falesie , tempestose come l’Oceano , tristi come il deserto , azzurre come il cielo , opere di artisti impietosi, senza fondo, infiniti e molteplici. Aveva scritto a Gorge Sand:”Mi ricordo di aver avuto dei battiti di cuore, di aver sentito un  piacere violento contemplando un muro dell’Acropoli, un  muro assolutamente nudo…Mi domando se un libro , indipendentemente da ciò che dice, non possa

produrre il medesimo effetto. Nella precisione degli accostamenti, nella rarità degli elementi, nel levigato della superficie, nell’armonia dell’insieme, non c’è una virtù intrinseca , una specie di forza divina , qualcosa di eterno come un principio? (Parlo da platonico)”

10.           La vita, questa invenzione abominevole

Sì, credeva ancora nella felicità , ch’era uno sprazzo di luce , il sorriso del sole , la calma serena di un bue che pascola , - oh,  la calma , è davvero una gran cosa. Invece il  tempo – “quest’eterno imperfetto” –  era il suo nemico , il tempo “precipitava”  sulla sua testa come una sorta ghigliottina ; e allora veniva preso da palpitazioni, tremori,strette di gola . ”Passo dall’esasperazione alla prostrazione ,poi risalgo dall’annullamento alla rabbia …” . Quando scriveva aveva crampi allo stomaco, mali alle viscere, angosce nervose ,  “un umore accanto al quale quello d’ebano era color di rosa”. Tutto lo faceva soffrire e un’ansia esasperata gli faceva veder ovunque  pericoli , rovine e morti . Tutte le cose lo disgustavano . La vita , “questa invenzione abominevole , questo disastro “ , gli  pesava ogni giorno di più. Si sentiva sfinito, svuotato , sconfitto, vecchio: “ Sono incrinato”, diceva . Non  poteva uscire dallo studio, passeggiare sul terrazzo , o nei boschi , tra le foglie che ingiallivano , perché la malinconia lo assaliva di colpo con una violenza così dolorosa che  doveva tornare al tavolo di lavoro con gli occhi pieni di lacrime , e scrivere , scrivere , divorato dai ricordi.

11.           Assalito dalla  malinconia

Ricordò d’essere stato sempre assalito dalla malinconia , fin dall’infanzia , il padre col camice bianco da chirurgo , il suono di un campanile che scandiva le ore;  e poi  l’adolescenza in collegio , con il giornalino del Liceo e l’amico del cuore   Louis Bouilhet , che farà da  pendant poetico della sua prosa archeologica , l’espulsione dal collegio per indisciplina ( leggeva  Sade, proibitissimo) , la mancata laurea in giurisprudenza ,  studi che lo annoiavano , ma che dovette lasciare a causa di ricorrenti  crisi d’origine nervosa, (forse  epilettica); la morte del padre , i viaggi in Italia , Firenze , Roma, Napoli, le  belle donne di Via Toledo e Mergellina .

12.            Elisa Focault  e “L’Educazione sentimentale”

Nei  suoi ricordi trovava posto anche la trentacinquenne Eulalia Delanglade , conosciuta in un albergo di Marsiglia che lo iniziò ai misteri del sesso appena diciannovenne; e poi  Elisa Focault , meglio conosciuta come Madame Schlénsiger , una sorta di Beatrice , che sarà la musa ispiratrice di molte sue opere ( in Madame Bovary , la vediamo rappresentata nella signora Renaud e ne “L’educazione sentimentale”  nella dolce , ideale e appassionata Marie Arnoux ). Elisa aveva avuto un passato romanzesco e una morte tragica . Moglie di un luogotenente di Fanteria , resosi colpevole di malversazione, per salvare il marito dalla prigione e dalla fucilazione , aveva accettato di sposare l’editore Maurice Schlesinger , che si era accollato il debito del militare ,  che a sua volte fece in modo di scomparire per sempre. Moglie esemplare di quest’ultimo, a cui diede due figli, morì pazza in un manicomio. Tutti questi elementi esterni  sarebbero confluiti nell’altro capolavoro di Flaubert, “L’Educazione Sentimentale “, in cui dichiara il proprio fallimento , liquida con amara ironia tutte le sue chimere dei vent’anni , lo svanire dei sogni e dell’idealità , che a poco a poco si sgretolano e si sfaldano  al contatto di una umiliante realtà . Una rinuncia della sensibilità e dell’immaginazione davanti alla crudezza e stupidità della vita. 

13.            “Lui”
E  Louise Colet , la sua “musa” ufficiale , colei che l’aveva introdotto nei circoli letterari parigini, ed  era  divenuta la sua amante, dopo esserla stata di altri letterati come Cousin e Villemain , la bella e affascinante scrittrice , che – finito il rapporto - scrisse su di lui  un romanzo, “Lui”, dipingendolo come uomo insensibile e meschino . “(Ho riso fino a sfiancarmi”)   E infine la madre , Caroline Fleuriot , morta da poco, ( “ Mi sento come uno a cui abbiano strappato le viscere ) ….Il passato lo ossessiona, lo assedia, lo invade, lasciandolo straziato. Accarezza tristemente  la vecchia zuppiera d’argento , il ventaglio  e il cappello della madre .Aveva sbagliato tutto . Nella sua folle  e orgogliosa giovinezza  aveva sacrificato la vita alla letteratura : i libri avevano bruciato il desiderio di una famiglia . “Sì, certo la letteratura rende tollerabile l’esistenza , la ricerca di frasi ci fa dimenticare il rimpianto delle cose  e, a poco a poco, la vita passa...”Ma in realtà era stato un vile , aveva avuto paura dell’esistenza ; e ora si trovava solo, a cinquantasei anni,senza una famiglia , e con un immenso bisogno di tenerezza che voleva effondere sugli altri e ricevere dagli altri. Desideri  irreali di un’ amante ,  di una moglie, di un padre , di una madre, di un amico…tutto era scomparso…

14.L’amica e “maestro” George Sand

Gli  era rimasta  l’amica George Sand , con cui non avevano nulla in comune, tranne una cosa:  vivevano entrambi fuori Parigi.  Anche se lui  in una vecchia casa che dava sulla Senna, e l’altra in uno sfarzoso  castello .C’era stata tra loro un’intensa corrispondenza. Qualche anno prima, in una lettera del 30 ottobre 1870 , Flaubert aveva scritto alla Sand  parole profetiche :” Quel che mi rattrista è la ferocia degli uomini, la convinzione che stiamo per entrare in un’era stupida . Sarà utilitaria ,militare, americana , molto cattolica” . Scoraggiato e ferito dall’insuccesso dell’ “Educazione sentimentale”, Flaubert ando’ a trovare George Sand , nel castello di Noah , dove lei viveva con sei figli e un mare di amici . Dispensato dalla giacca,  s’aggirava nel castello in pantofole e vestaglia e spesso la sera giocavano  a carte con george sand  e lui si divertiva come un ragazzo .Quando partì , Sand disse che era  sfinita, sfiancata  dal suo caro Flaubert. “Eppure con lui non ho mai fatto sesso , pero’ gli voglio molto bene ed è eccellente , ma ha una personalita’ troppo esuberante, distrugge gli altri , chissa’ forse gli ci vorrebbe il matrimonio, o una famiglia , che lo distragga  dai suoi tormenti”.
“A parte voi e Turgenev , non conosco un mortale con cui sfogarmi  sulle cose che amo di piu’ ed entrambi siete lontani a me”
“Mi pare che tu tenda troppo a considerare la felicita’ come una cosa possibile e che la sua assenza che e’ poi la nostra condizione  cronica , ti irriti  e ti stupisca troppo”
“Si, avete ragione, cara maestro, l’umanita’ e’ stata sempre la stessa. Il popolo e’ abbietto e la sua irrimediabile bassezza  mi ha amareggiato fin da quando ero giovane”.
“Non si puo’ disprezzare i propri simili – rispose Sand –Il popolo, dite voi,  ma questo popolo siamo noi, voi ed io”.
“Sono commosso fino alle lacrime di questa lettera, ma non siete riuscita a convertirmi, perche’ tutto il sogno della democrazia e’ quello di elevare il proletariato a livello della stupidita’ della borghesia.”

15.Cacciatore della stupidità

Negli ultimi anni  diventa sempre più un feroce cacciatore della stupidità umana , che trova ovunque, nella vita politica ,letteraria, nella religione  nella filosofia,  nelle parole ascoltate per strada ,  nel profilo borghese. “ Gli imbecilli coprono tutto il mondo”. Era diventata una vera malattia, una grandiosa ossessione, una folle mania di persecuzione, che cresceva, si dilatava, si allargava , si ampliava , e finiva per nascondergli l’universo. E tutto ciò finì in un libro che uscì postumo e incompleto:: “Bouvard e Pècuchet , un libro dall’umorismo nero, sigillato da un nichilismo ironico e definitivo del romanzo. L’esistenza è caos, e qualsiasi ordine, anche quello della scrittura, non può che essere vano e ridicolo.

Roma, 24.2.2012                  Augusto Benemeglio   

La malinconia di Gustave Falubert

La malinconia di Gustave Flaubert
di Augusto Benemeglio 



1.     Un corridoio pieno d’ombra
“ Il tempo della bellezza è passato …Più si andrà avanti , e più l’arte sarà scientifica, come la scienza diventerà artistica…Nessun pensiero umano può prevedere ora a quale scintillante sole si schiuderanno  le opere dell’avvenire. Nell’attesa,  noi siamo in un corridoio pieno d’ombra, e brancoliamo nel buio. Non c’è punto d’appoggio per nessuno di noi , letterati e scribacchini.  A che serve scrivere ?  A che bisogno rispondono queste chiacchiere? Tra la folla e noi non c’è nessun legame . Tanto peggio per la folla ; e soprattutto tanto peggio per noi”.Così scriveva  il sabato sera del 24 aprile 1852  Gustave Flaubert alla bella e affascinante scrittrice Louise Colet , che era diventata la sua amante.

2.     Le tentazioni di Sant’antonio

Siamo nel periodo in cui è tutto preso dalla stesura del suo capolavoro,Madame Bovary, un romanzo che avrebbe segnato la fine del romanticismo e la nascita di una nuova corrente letteraria già preannunciata dalla “Commedia umana” di Balzac; un romanzo che tuttavia era stato scritto per una sorta di scommessa con gli amici Louis Bouhilet ,  poeta e drammaturgo, e Max Du Camp, giornalista ed editore, in un altro sabato di due anni e mezzo prima, nell’autunno del 1849 . Li aveva invitati nella sua proprietà di Croisset , sulla Senna, presso Rouen, dove si era ritirato , insieme alla madre, dopo la morte del padre, primario chirurgo all’Ospedale di Rouen, per leggere loro un suo manoscritto , “La tentazione di Sant’Antonio” , che aveva appena ultimato, in vista della pubblicazione.  La lettura del manoscritto ( cinquecento pagine ) occupò quattro giorni con dosi massicce. Durante l’interminabile declamazione di Gustave , gli amici – per desiderio dell’autore - , si astennero dai commenti, ma alla fine il verdetto fu desolante: il libro era buono da gettare nel fuoco.

3.      Un fatto di cronaca

Alla condanna seguirono i consigli . Gustave abbandona i voli lirici e le fantasie romantiche , questo tuo lavoro è di una noia mortale , una sorta di Faust francese , popolato di personaggi mitici e interrotto da barbosissime digressioni filosofiche ed estetiche , disse Louis. E’ vero, – disse Max – tutto è stato già detto e scritto , è trito e ritrito , cambia soggetto, prendine uno terra terra, uno di quegli incidenti di cui la vita borghese e le cronache dei giornali sono  pieni, da trattare con un tono naturale e familiare, alla Balzac, certo con il tuo stile e il tuo talento , che è immenso. - Leggi questo fatto di cronaca di qualche tempo fa, gli disse Louis. E gli consegnò il giornale ormai ingiallito dal tempo. Flaubert lo guardò e scosse la testa. Ora no, non potrei. La delusione era immensa , amarissima. Aveva speso anni e anni per scrivere quel suo libro, - Louis lo sapeva bene, fin dal Liceo – ed ora veniva così brutalmente , impietosamente bocciato. “Impubblicabile”, gli avevano detto.- Caro Gustave, disse Bouhilet , questo non è più il tempo di paggi ,castellane e cavalieri erranti . I protagonisti del nostro tempo sono i borghesi ,  indifferenti ai blasoni e alle gesta d’Oltremare , ma sensibilissimi al denaro, agli investimenti fruttiferi e alle fluttuazioni della Borsa. Era tutto vero, purtroppo, dovette ammettere  Flaubert ,  e pian piano si convinse che gli amici avevano ragione , e discusse con loro la possibilità di scrivere un nuovo romanzo calato nella realtà quotidiana. Intanto lesse l’articolo di cronaca nera riportato dall’Equipe , in cui si parlava di un modesto ufficiale sanitario , Eugene Delamare , che , rimasto vedovo , era  passato a nuove nozze con una ragazza di campagna, Delphine , leggera e prodiga, coinvolta in fatti penali in seguito a squallide avventure d’infedeltà coniugale. Costretta a indebitarsi , all’insaputa del marito, per la sua mania di “ comparire”, e incapace di far fronte ai suoi impegni , Delphine si era uccisa, lasciando una figlioletta orfana. Dopo pochi mesi , il povero Delamare l’aveva seguita nella tomba. - Bene, disse  Flaubert, accetto il vostro consiglio e vi prometto che scriverò un nuovo libro secondo le linee  da voi suggerite. Ma non ora. Questo è il tempo di viaggiare, di andare nei paesi più affascinanti della terra, in Egitto, Palestina , Turchia,  Grecia....Andiamo tutti e tre a fare questa meravigliosa crociera, poi ne parleremo, d’accordo?

4.     Emma Bovary!

Gustave se lo poteva permettere , grazie all’eredità paterna , ma gli altri due un po’ meno. Lo seguì il solo Maxime e fu un viaggio lunghissimo, dal novembre del 1849 all’estate del 1851 . Vedono le rovine degli antichi, il deserto , le cortigiane arabe, ma Flaubert è costantemente annoiato. Parlano spesso dei futuri orientamenti letterari e del progetto-scommessa, finchè – scriverà  Du Camp - ai confini della Nubia, sull’altura di Djebel Aboucir,  mentre guardavamo  il Nilo battere contro gli argini rocciosi di granito nero, egli gettò un grido: Ho trovato! Eureka! Eureka! La chiamerò Emma Bovary!” Era stato concepito il romanzo rivoluzionario della nuova letteratura.

5.     Ricerca di perfezione maniacale

Iniziò materialmente a scrivere  la sera del 19 settembre 1851, a Croisset e rimase inchiodato alla scrivania , con un calamaio di bronzo a forma di rospo e un mazzo di penne d’oca , per ben cinque anni, tanto gli ci volle per portare a termine quest’idea nuova con tutte le risorse del suo stile, con una maniacale ricerca di perfezione. “Le esalazioni dell’anima, il lirismo, le descrizioni: voglio tutto in stile . Altrimenti è prostituzione , dell’arte e pure del sentimento”)Trovare tutte le parole giuste, pagina per pagina, periodo per periodo, rigo per rigo, parola per parola (non esistono due modi per esprimere un’idea,ma uno soltanto, e le parole devono adattarsi al pensiero come il guanto si adatta alla mano), come se fosse un poema in prosa. Una  fatica improba, uno sforzo enorme, un rovello e una lentezza esasperante ( certe volte impiega una settimana per completare una sola pagina). Cinque anni con Emma, la sua creatura , il personaggio che amò con un trasporto  totale, assoluto, fino a fondersi con lei. Amò il suo corpo ( “Sono alla scopata , in pieno mezzo. Sudo e ho la gola serrata”, scrive a Louise), i larghi vestiti d’estate, le lunghe ciglia curve ,le unghie brillanti come l’avorio, nei denti madreperlacei , nel sangue che batte dolcemente sotto la sua pelle fine , e negli ultimi raggi di sole crepuscolare che scintillano come frecce d’oro sui suoi capelli d’ebano. (“Io sono contemporaneamente amante  e amata, sono stato a cavallo  in un bosco, in un pomeriggio d’autunno, sotto le foglie gialle, ed ero i cavalli, le foglie, il vento, le parole che si dicevano  e il sole rosso che faceva socchiudere  le loro palpebre pesanti d’amore”)

6.      Madame Bovary sono io.
”Nello sguardo  di Emma – scrive Pietro Citati - si concentrano gli oceani di passione che sconvolsero tutti gli sguardi del mondo.  Perché là dietro – lontana , sepolta quasi inavvertibile – s’annida ancora la musica del cuore , dolce e indistinta, come l’ultima eco di una sinfonia che s’allontana .” Flaubert , mentre derideva la retorica romantica, la faceva fiorire con un’intensità e con uno splendore straziante. Era l’ultimo scoppio fantastico del romanticismo, dopo il quale esso doveva fatalmente morire..
Del romanzo sappiamo tutto, della sua pubblicazione a puntate sulla Revue de Paris, il 1° giugno 1856, della quale Du Camp era uno dei fondatori, dello scandalo che provocò, dell’intervento della censura , che impose all’autore dei tagli che lo stesso si rifiutò d’apportare; dell’azione giudiziaria nei confronti degli editori e infine del processo agli stessi e all’autore con l’accusa di  “ oltraggio alla morale pubblica e religiosa e ai buoni costumi”. E della famosa affermazione di Flaubert: “ Madame Bovary sono io”.

7.     La solitudine di un monaco cistercense

Il romanzo gli aveva dato  la fama, il successo ( fu un best seller, grazie anche alla pubblicità sollevata dal processo che fece salire vertiginosamente le vendite), la gloria ( gli  sarà assegnata la Legion d’Onor nel 1866) , ma non certamente i soldi , tant’è che Flaubert  finì gli ultimi anni della sua vita  in miseria e gli amici si diedero da fare per fargli avere una modesta pensione governativa e una sinecura come bibliotecario. Soprattutto non gli aveva dato la serenità e la felicità, a cui ancora credeva, nonostante tutto. E così questo normanno barbaro  ( “Dei barbari  ho l’aspetto robusto , i nervosi languori, gli occhi verdi e l’alta statura , ma ne ho anche lo scatto , l’ostinazione, l’irascibilità”) continuò ad essere eternamente malinconico e annoiato. Passava interi mesi senza che nessun visitatore  interrompesse la sua solitudine , nella sua vecchia villa paterna di Croisset, sulla Senna. Guardava le barche che passavano lentamente, i rimorchiatori con i lunghi fumaioli neri e gli ululati sonori, le catene che cigolavano , le chiatte rettangolari con il loro odore di ruggine , catrame e rifiuti.  Lui, chiuso nella sua cella d’aria , si  gustava quella solitudine come un monaco cistercense , che spesso aveva sognato di essere .

8.     La felicità di essere in tutte le cose

In quei momenti s’aggirava nella casa con un senso di possesso e di proprietà assoluta: guardava le sue poltrone, i suoi libri,  il suo studio, il suo giardino; poi sedeva alla scrivania e per ore e ore scriveva e cancellava , cancellava e riscriveva , inseguendo la stessa idea per giorni e giorni ,  e ci andava a letto con quell’idea e la sognava ; s’inebriava dell’odore d’inchiostro come ci si inebria di acquavite . Era posseduto dal desiderio estatico di perdersi negli oggetti. Fissava una goccia d’acqua, una pietra, una conchiglia, il vecchio cappello della madre morta , e s’arrestava immobile , con la pupilla fissa e col cuore aperto, mentre l’oggetto contemplato sembrava sconfinare e penetrare dentro di lui. Provava la felicità suprema di essere in tutte le cose : “ emanarmi cogli odori, crescere come le piante, scorrere come l’acqua, vibrare come il sole, brillare come la luce, penetrare ogni atomo , discendere fino al fondo della materia , essere la materia!” Cercava di allontanare tutti gli uomini : scartava ogni manifestazione esterna e ogni relazione umana ; viveva sepolto, come fosse già morto, nel suo grande sepolcro bianco.

9.     Un muro nudo dell’Acropoli

Spesso sognava di assomigliare al canonico di Poiters di Montagne ,  che da trent’anni non era uscito dalla stanza per l’incomodo della malinconia .”Non aspetto più nulla dalla vita  che un seguito di fogli di carta da imbrattare di nero. Mi sembra di attraversare una solitudine senza fine , per andare non so dove. E sono io ad essere insieme il deserto, il viaggiatore e il cammello”.   Sembrava davvero non  voler  più nulla dalla vita , ma in realtà , sperava ancora nella bellezza , che per lui era rappresentata dalle opere di  Omero, Rabelais , Michelangelo, Shakespeare, Goethe, opere immobili come falesie , tempestose come l’Oceano , tristi come il deserto , azzurre come il cielo , opere di artisti impietosi, senza fondo, infiniti e molteplici. Aveva scritto a Gorge Sand:”Mi ricordo di aver avuto dei battiti di cuore, di aver sentito un  piacere violento contemplando un muro dell’Acropoli, un  muro assolutamente nudo…Mi domando se un libro , indipendentemente da ciò che dice, non possa

produrre il medesimo effetto. Nella precisione degli accostamenti, nella rarità degli elementi, nel levigato della superficie, nell’armonia dell’insieme, non c’è una virtù intrinseca , una specie di forza divina , qualcosa di eterno come un principio? (Parlo da platonico)”

10.           La vita, questa invenzione abominevole

Sì, credeva ancora nella felicità , ch’era uno sprazzo di luce , il sorriso del sole , la calma serena di un bue che pascola , - oh,  la calma , è davvero una gran cosa. Invece il  tempo – “quest’eterno imperfetto” –  era il suo nemico , il tempo “precipitava”  sulla sua testa come una sorta ghigliottina ; e allora veniva preso da palpitazioni, tremori,strette di gola . ”Passo dall’esasperazione alla prostrazione ,poi risalgo dall’annullamento alla rabbia …” . Quando scriveva aveva crampi allo stomaco, mali alle viscere, angosce nervose ,  “un umore accanto al quale quello d’ebano era color di rosa”. Tutto lo faceva soffrire e un’ansia esasperata gli faceva veder ovunque  pericoli , rovine e morti . Tutte le cose lo disgustavano . La vita , “questa invenzione abominevole , questo disastro “ , gli  pesava ogni giorno di più. Si sentiva sfinito, svuotato , sconfitto, vecchio: “ Sono incrinato”, diceva . Non  poteva uscire dallo studio, passeggiare sul terrazzo , o nei boschi , tra le foglie che ingiallivano , perché la malinconia lo assaliva di colpo con una violenza così dolorosa che  doveva tornare al tavolo di lavoro con gli occhi pieni di lacrime , e scrivere , scrivere , divorato dai ricordi.

11.           Assalito dalla  malinconia

Ricordò d’essere stato sempre assalito dalla malinconia , fin dall’infanzia , il padre col camice bianco da chirurgo , il suono di un campanile che scandiva le ore;  e poi  l’adolescenza in collegio , con il giornalino del Liceo e l’amico del cuore   Louis Bouilhet , che farà da  pendant poetico della sua prosa archeologica , l’espulsione dal collegio per indisciplina ( leggeva  Sade, proibitissimo) , la mancata laurea in giurisprudenza ,  studi che lo annoiavano , ma che dovette lasciare a causa di ricorrenti  crisi d’origine nervosa, (forse  epilettica); la morte del padre , i viaggi in Italia , Firenze , Roma, Napoli, le  belle donne di Via Toledo e Mergellina .

12.            Elisa Focault  e “L’Educazione sentimentale”

Nei  suoi ricordi trovava posto anche la trentacinquenne Eulalia Delanglade , conosciuta in un albergo di Marsiglia che lo iniziò ai misteri del sesso appena diciannovenne; e poi  Elisa Focault , meglio conosciuta come Madame Schlénsiger , una sorta di Beatrice , che sarà la musa ispiratrice di molte sue opere ( in Madame Bovary , la vediamo rappresentata nella signora Renaud e ne “L’educazione sentimentale”  nella dolce , ideale e appassionata Marie Arnoux ). Elisa aveva avuto un passato romanzesco e una morte tragica . Moglie di un luogotenente di Fanteria , resosi colpevole di malversazione, per salvare il marito dalla prigione e dalla fucilazione , aveva accettato di sposare l’editore Maurice Schlesinger , che si era accollato il debito del militare ,  che a sua volte fece in modo di scomparire per sempre. Moglie esemplare di quest’ultimo, a cui diede due figli, morì pazza in un manicomio. Tutti questi elementi esterni  sarebbero confluiti nell’altro capolavoro di Flaubert, “L’Educazione Sentimentale “, in cui dichiara il proprio fallimento , liquida con amara ironia tutte le sue chimere dei vent’anni , lo svanire dei sogni e dell’idealità , che a poco a poco si sgretolano e si sfaldano  al contatto di una umiliante realtà . Una rinuncia della sensibilità e dell’immaginazione davanti alla crudezza e stupidità della vita. 

13.            “Lui”
E  Louise Colet , la sua “musa” ufficiale , colei che l’aveva introdotto nei circoli letterari parigini, ed  era  divenuta la sua amante, dopo esserla stata di altri letterati come Cousin e Villemain , la bella e affascinante scrittrice , che – finito il rapporto - scrisse su di lui  un romanzo, “Lui”, dipingendolo come uomo insensibile e meschino . “(Ho riso fino a sfiancarmi”)   E infine la madre , Caroline Fleuriot , morta da poco, ( “ Mi sento come uno a cui abbiano strappato le viscere ) ….Il passato lo ossessiona, lo assedia, lo invade, lasciandolo straziato. Accarezza tristemente  la vecchia zuppiera d’argento , il ventaglio  e il cappello della madre .Aveva sbagliato tutto . Nella sua folle  e orgogliosa giovinezza  aveva sacrificato la vita alla letteratura : i libri avevano bruciato il desiderio di una famiglia . “Sì, certo la letteratura rende tollerabile l’esistenza , la ricerca di frasi ci fa dimenticare il rimpianto delle cose  e, a poco a poco, la vita passa...”Ma in realtà era stato un vile , aveva avuto paura dell’esistenza ; e ora si trovava solo, a cinquantasei anni,senza una famiglia , e con un immenso bisogno di tenerezza che voleva effondere sugli altri e ricevere dagli altri. Desideri  irreali di un’ amante ,  di una moglie, di un padre , di una madre, di un amico…tutto era scomparso…

14.L’amica e “maestro” George Sand

Gli  era rimasta  l’amica George Sand , con cui non avevano nulla in comune, tranne una cosa:  vivevano entrambi fuori Parigi.  Anche se lui  in una vecchia casa che dava sulla Senna, e l’altra in uno sfarzoso  castello .C’era stata tra loro un’intensa corrispondenza. Qualche anno prima, in una lettera del 30 ottobre 1870 , Flaubert aveva scritto alla Sand  parole profetiche :” Quel che mi rattrista è la ferocia degli uomini, la convinzione che stiamo per entrare in un’era stupida . Sarà utilitaria ,militare, americana , molto cattolica” . Scoraggiato e ferito dall’insuccesso dell’ “Educazione sentimentale”, Flaubert ando’ a trovare George Sand , nel castello di Noah , dove lei viveva con sei figli e un mare di amici . Dispensato dalla giacca,  s’aggirava nel castello in pantofole e vestaglia e spesso la sera giocavano  a carte con george sand  e lui si divertiva come un ragazzo .Quando partì , Sand disse che era  sfinita, sfiancata  dal suo caro Flaubert. “Eppure con lui non ho mai fatto sesso , pero’ gli voglio molto bene ed è eccellente , ma ha una personalita’ troppo esuberante, distrugge gli altri , chissa’ forse gli ci vorrebbe il matrimonio, o una famiglia , che lo distragga  dai suoi tormenti”.
“A parte voi e Turgenev , non conosco un mortale con cui sfogarmi  sulle cose che amo di piu’ ed entrambi siete lontani a me”
“Mi pare che tu tenda troppo a considerare la felicita’ come una cosa possibile e che la sua assenza che e’ poi la nostra condizione  cronica , ti irriti  e ti stupisca troppo”
“Si, avete ragione, cara maestro, l’umanita’ e’ stata sempre la stessa. Il popolo e’ abbietto e la sua irrimediabile bassezza  mi ha amareggiato fin da quando ero giovane”.
“Non si puo’ disprezzare i propri simili – rispose Sand –Il popolo, dite voi,  ma questo popolo siamo noi, voi ed io”.
“Sono commosso fino alle lacrime di questa lettera, ma non siete riuscita a convertirmi, perche’ tutto il sogno della democrazia e’ quello di elevare il proletariato a livello della stupidita’ della borghesia.”

15.Cacciatore della stupidità

Negli ultimi anni  diventa sempre più un feroce cacciatore della stupidità umana , che trova ovunque, nella vita politica ,letteraria, nella religione  nella filosofia,  nelle parole ascoltate per strada ,  nel profilo borghese. “ Gli imbecilli coprono tutto il mondo”. Era diventata una vera malattia, una grandiosa ossessione, una folle mania di persecuzione, che cresceva, si dilatava, si allargava , si ampliava , e finiva per nascondergli l’universo. E tutto ciò finì in un libro che uscì postumo e incompleto:: “Bouvard e Pècuchet , un libro dall’umorismo nero, sigillato da un nichilismo ironico e definitivo del romanzo. L’esistenza è caos, e qualsiasi ordine, anche quello della scrittura, non può che essere vano e ridicolo.

Roma, 24.2.2012                  Augusto Benemeglio