martedì 28 febbraio 2012

Er chiaroscuro de la vita di Rossana Mezzabarba

ER CHIAROSCURO DELLA VITA
DI  ROSSANA MEZZABARBA NICOLAI

RECITAL DI AUGUSTO BENEMEGLIO

1)    ENRICO E ROSSANA CANTANO ROMA NUN FA LA STUPIDA

Signore e Signori , benvenuti a questa soireè , come direbbero i francesi, contrassegnata dalla “romanità” come la canzone che hanno cantato Enrico Nicolai , e sua madre, Rossana Mezzabarba Nicolai l’autrice de “Er chiaroscuro de la vita”, edizione Anicia, 2010- .un libro di poesie che vi presenteremo  in forma di recital , un po’ come è in voga ormai da tempo in questa biblioteca.  In realtà si tratta di un convivio letterario che ha la musica , il suono, il sapore , la voce di Roma , grazie alle  poesie in vernacolo del suo libro, versi che passano tra le fessure , gli interstizi della nostra memoria , che sanno ora di violini , ora  di grancasse, e grazie  alla ideatrice di questi deliziosi appuntamenti letterari in biblioteca , che è la padrona di casa, l’impareggiabile , entusiastica , gentile e rigorosa  direttrice di questa  Biblioteca :  Maria Moretti

 2. Roma per me...

“Roma  per me – ha detto lo scrittore Alberto Bevilacqua , che ci ha vissuto cinquant’anni  - -   è Scipione , Sordi , Fabrizi , Moravia e Proietti ;  Roma è la città più accogliente del mondo, è un ventre morbido che non lascia cadere nessuno, è sensuale , è ospitale , accoglie tutti con grande civiltà. E  tutto ciò lo ritroviamo , intatto, anche nei versi  di Rossana , alla conquista della leggerezza e della libertà, versi che si accalcano di nomi, aggettivi, avverbi e si scavalcano , ruzzolano, sognano, si scontrano ,urtano fra loro ,  sono segni, linee , interpunzioni,  giochi di luce e d’ombra, poesia che finisce per diventare talora atto sostituivo dell’esistenza , che è come una continua  attesa , illusione di un nuovo mondo che forse non esiste
3)    ROSSANA LEGGE L’ATTESA 

 Rossana scrive in dialetto romanesco, la lingua dell’immediatezza , del corpo , dell’istinto, lo strumento espressivo più puro, o meno usurato, da opporre alla saturazione di una tradizione che non sa più parlare , né scrivere.

Roma , per me ,  è  il Casermone  di via Vitellia ,  Donna Olimpia, Villa Pamphili,  San Pancrazio , Villa Sciarra e  il Gianicolo , con i monumenti di Garibaldi e Anita , a cavallo , con la pistola e il bambino in braccio  , e l’erme , lungo i giardini del Gianicolo , dei difensori della Roma Repubblicana , che caddero in quel lontano 2 febbraio 1849 , Mameli, Manara Dandolo Toti e tanti altri , tutti ricordi lontanissimi ,  i sentieri della mia infanzia ; immagini che oggi però diventano attuali , storia  viva , nella ricorrenza del 150° anniversario dall’Unità d’Italia . Non va dimenticato che per l’eroico comportamento dei suoi cittadini, la città di Roma fu insignita  , un secolo dopo, nel 1949, della  medaglia d’oro al valor militare . Quindi Roma non è solo la più insigne città del mondo , per la sua storia, e la sua cultura , la lingua il diritto i costumi , la religione, la filosofia ecc., per l’incredibile ricchezza e concentrazione dei suoi  monumenti  storici architettonici, ma si è dimostrata anche, in tempi non più remotissimi , con pieno diritto , una città piena di coraggio e di eroismi, e continua ad essere sempre la città più visitata e…invidiata del mondo. Rossana ci ha scritto una poesia che riecheggia un po’ il Cesare Pascarella della scoperta dell’America. Ascoltiamo,  declamata da Piero Girardi:

 5)ROMA E LI ROMANI  - PIERO   ( sottofondo musicale)
La Roma dell’infanzia di Rossana è quella delle tenerezze struggenti, irripetibili legate all’innocenza, quelle nostalgie canaglie che ti prendono a tradimento e ti trafiggono l’anima, dei mondi  magici, dei territori profondi  in cui l’immaginazione scopriva nuovi paesaggi, nuove atmosfere, nuove intimità, tutte da comunicare ad una bambola di pezza, dono prezioso , unico , ma allo stesso tempo totem e maschera delle nostre disillusioni della vita che trovano rifugio (e consolazione)  nel mito tutto leopardiano di un’infanzia rivissuta nel tempio della memoria.
6) La pupa de pezza  - Rossana (sottofondo musicale)
Er bacio di Rossana ricorda inevitabilmente il bacio di Rostand nel Cirano de Bergerac, da sempre innamorato segreto di Rossana: ma che cos’è poi un bacio?  Un giuramento , una promessa, una confessione, un punto rosa sulla i di ti amo…un frammento d’eternità…
7) ER BACIO  - Rossana  (Sottofondo musicale)  
Però , ner chiaroscuro della vita, capita sovente  che tra  lui e lei  ci sia una musica diversa , diciamo assai meno idilliaca , più di conflittualità , di ripicche, accuse , insulti , e rimpianti... In questi casi è  solo col  dialetto che  si possono esprimere certi moti dell’animo, certe battute fulminanti. Il dialetto ha la capacità di cancellare d’un tratto tutti i dilemmi espressivi della poesia  contemporanea., di recuperare accordi , lazzi, frizzi, ma anche certe ritualità , certe liturgie sacrali , che appartengono alla nostra cultura cristiana, come ad. esempio lo  spezzare il  pane , ( ricordate i discepoli di Emmaus: : lo riconobbero  dallo spezzare il pane)
9) ER PANE   
Rossana non si dimentica dei suoi maestri di poesia dialettale, e allora ecco un omaggio al grande Carlo Alberto Sallustri, in arte Trilussa, con una delle liriche tipo “Ommini e bestie” , sempre piene di saggezza:
 Quando si parla di poesia in dialetto romanesco non si può prescindere mai dall’ideatore di questa lingua, da colui che lasciò al popolo di Roma questo incredibile patrimonio culturale , e cioè il grandissimo geniale  immenso  Gioachino Belli… E  se uno dice Belli …rivede  d’un tratto la Roma autunnale delle fontane e dei pini di Respighi ,  con la musica sonora,  che è una distesa di balconi e di alberi con le foglie dei platani sul lungotevere che battono le mani , la Roma dei pretini e dei marinai che sciamano per San Pietro e Castel Sant’Angelo , la stola e il solino, la croce e il cannone, l’incenso e l’odore di polvere da sparo, i topi e i gabbiani, la spada e la sete , le metamorfosi assurde , la nostalgia del mistero , le donne inginocchiate e i mattini che precipitano dentro di te, la  Roma   di quelle giornate  meravigliose, di quelle giornate così splendidamente romane che perfino uno statale di infimo grado  , be’ , puro quello se sente arricciasse ar core un nun socchè , un quarche cosa che rissomija a   la felicità...
E la felicità cos’è ?,– dice Trilussa    « C'è un'ape che se posa
su un bottone di rosa:/ lo succhia e se ne va…/Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. » . La felicità , con tutto lo scompiglio , direi la rivoluzione che ti può portare  , è  anche , senza dubbio,  la nascita di un bambino.
11) ER PUPO 
La mia , anzi , direi la “nostra”  Roma di oggi , è più distante dal centro , più ovattata, più silenziosa , più verde, con il parco della Madonnetta, le vie quasi deserte dei pittori moderni di Acilia-Malafede, e quelle dei grandi artisti filosofi e letterati dell’antica Grecia dell’Axa-Palocco , con il verde e le quiete ville signorili  adagiate nel verde geometrico delle aiole ,  e  i versi dialettali di Rossana Mezzabarba o quelli di un Giulio Sordini ,pubblicati mensilmente su Zeus , versi che hanno sempre sotto sotto  la  voglia di  ripercorrere   sogni infantili  ed eroici  , come ad esempio – per i maschietti -  quello del  trombettiere del Generale Custer , il mitico trombettiere del 7° Cavalleggeri , ch’era in realtà un romano  di via delle Zoccolette , 47, e si chiamava Giovanni Martini , ma è passato alla storia come John Martin. E fu  l’unico scampato al massacro dei  Sioux della famosa battaglia di “Little Big Horn” , quello che nel film di Ford  “Ombre rosse” viene ripreso in primo piano con la mitica tromba e che sprona i soldati alla carica…..E magari Giovanni era stato uno di quelli che fuori porta aveva cantato li stornelli romani , e oggi si unirebbe volentieri a noi
12) stornellata romana con Enrico Piero e Rossana
  Vi ricordate quelle amicizie che si fanno da bambini, da ragazzi, quando si verificano quei momenti di afflato e di grazia irripetibili, e ti porti appresso quel sentimento per cui l’amico è parte di te e tu sei parte di lui, quando si è “amici” perché inscindibili da qualcosa di comune e di immenso ? L’amicizia  ci sembra non debba mai finire, come e più dell’amore , ma poi passano gli anni, ci si perde di vista….e  magari quando ci si rincontra …..
13) L’AMICIZIA  - PIERO ( Sottofondo musicale)
 Il dialetto , disse Berman , è la riabilitazione della memoria e della pulizia etnica , storia personale , storia delle proprie radici , come elemento vitale dell’identità personale. E’ il bisogno di tornare a casa , di dispiegare la propria creatività e di essere protetta all’interno dei tuoi confini. 
 Io credo che la poesia  di Rossana abbia  un valore  proprio per questa sua capacità  di recupero quasi artigianale di uno strumento espressivo puro, meno usurato della lingua letteraria , questa sua capacità in sostanza  farci ridere e commuovere, con l’ordinarietà delle cose di cui è fatta l’esistenza, con la semplicità dei sentimenti di sempre , con l’oro del cuore che conosce cose che la mente non sa, come disse Pascal, ma anche con quella sua indubbia maestria di saper mescolare i toni e i colori, come  fa con l’emblema umile e determinante della nostra vita di tutti  i giorni: 
15) LA CASALINGA – ROSSANA  ( SOTTOFONDO MUSICALE )
A: E una risata liberatoria, rabelesiana, ci vuole, anzi cce vo’, cce vo’
16) LA RISATA – PIERO  ( SOTTOFONDO MUSICALE)
SOTTOFONDO MUSICALE
 Roma non è solo una città: è metafora, norma, paradigma, canone, testo, immaginario, meta e percorso dello sguardo, del cervello e dell'anima. Del linguaggio, accademico e comune. Ma è pure quotidianità. Si lavora, si fa l'amore, si canta, si cucina, si muore, si uccide. Come dovunque. Ma tutto ciò che è relativo in questa città, tutto ciò che è cronaca di questa città, tutto ciò che accade giorno dopo giorno in questa città non può non condividere un'aura di assolutezza. Di eternità. Di terreno e di sovrannaturale.
È un privilegio assoluto vivere qui, ma è anche una fatica vivere qui. È un dono straordinario. Quasi insopportabile. Si può buttarlo via e restarvi indifferenti, distrarsene: è un modo di sopravvivervi. Si può restarne schiacciati, afasici, imbambolati: è un modo per viverci. Chiunque viva o sopravviva qui mostra il massimo dell’affezione e il massimo della distrazione verso ciò che lo circonda, in cui è immerso. (FINE MUSICA
AUTORE: È nello stesso tempo radicato e in esilio, è in esilio da ciò in cui è radicato. Sarebbe davvero un’estrosità, una stravaganza considerare solo «locale» e «stracittadino» quel che accade qui.  Roma è capoccia.
17) ROMA CAPOCCIA CON ENRICO E PIERO
E siamo alla conclusione di questo nostro incontro con una poetessa romana , che è riuscita a fare poesia con la lingua di conversazione  familiare , il che non è poco ;  siamo alla fine di questa giornata dedicata ,  oserei dire consacrata –in fondo la poesia è un rito – alla romanità, ma non dimentichiamo le cose appena accennate  , quel  sibillino “ monno infame”   di Roma Capoccia, né  le disfunzioni , le storture , gli accaparramenti, le truffe , a cui  abbiamo accennato . Insomma, non  dobbiamo dimenticare  “er  chiaroscuro della vita” , dove la poesia  finisce talora  per diventare – l’abbiamo già detto - un rifugio, o un atto sostitutivo dell’esistenza . Ma Rossana , in questa sua silloge, non dimentica  mai quale siano le vere  finalità , i valori che contano , ed è sempre alla ricerca di una  redenzione , un riscatto morale e cristiano dell’uomo, che lo elevi dalla sue cose immonde. Anzi ci ricorda spesso le due cose fondamentali che costituiscono un po’ tutta l’impalcatura  della morale cristiana, l’ amore verso il prossimo   e la pace , che vanno spesso a braccetto. Dunque per  finire eccovi: LA PACE   
Non poteva che finire con la pace, qui, nella Biblioteca della Casa della Pace. Grazie.
Roma , 5 aprile 2011                             (Augusto Benemeglio)

Canzoni:
ROMA CAPOCCIA
Quanto sei bella Roma quand'e' sera
quando la luna se specchia
dentro ar fontanone
e le coppiette se ne vanno via,
quanto sei bella Roma quando piove.
Quanto sei bella Roma quand'e' er tramonto
quando l'arancio rosseggia
ancora sui sette colli
e le finestre so' tanti occhi,
che te sembrano dì: quanto sei bella.
Oggi me sembra che
er tempo se sia fermato qui,
vedo la maestà der Colosseo
vedo la santità der cupolone,
e so' piu' vivo e so' più bbono
no nun te lasso mai
Roma capoccia der mondo infame,
na carrozzella va co du stranieri
un robivecchi te chiede un po'de stracci
li passeracci so'usignoli;
io ce so'nato Roma,
io t'ho scoperta stamattina.

ROMA NUN FA’ LA STUPIDA STASERA
Roma nun fa' la stupida stasera
damme na mano a faie di de si
scegli tutte le stelle piu' brillarelle
che c'hai e un friccico de luna
tutta pe noi
faje senti' ch'e' quasi primavera
manna li mejo grilli pe fa' cri cri
prestame er ponentino
piu' malandrino che c'hai
roma reggeme er moccolo stasera
roma nun fa' la stupida stasera
damme na mano a famme di' de no
spegni tutte le stelle
piu' brillarelle che c'hai
nasconneme la luna se no so guai
famme scorda' ch'e' quasi primavera
tiemme na mano in testa pe' di de no
smorza quer venticello
stuzzicarello che c'hai
roma nun fa' la stupida stasera

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