lunedì 5 dicembre 2011

Umberto Saba e l'ammiraglio Borbonico


L'ammiraglio borbonico e il poeta Saba


di Augusto Benemeglio


1.Vedi,  caro figliolo , il  vecchio Saba  non credeva nel futuro , era un solitario e un pessimista  incallito  come lo erano   tutti  i vecchi del villaggio triestino che  “ hanno  il tabacco./Hanno il vino rosso ./ A pochi passi il temuto cimitero. Ed io /  (non quello temo, ai vinti unico pio) /avrei dovuto guarire /, sottrarmi un farmaco letale ; /caricarmi di pesi sempre più gravi /- ed è questa - lo so, la legge della vita; /darmi , promettevano, in cambio , essi, una festa /, essi, i miei buoni amici.  Perché/  tutto ti concendono i buoni ,  e non la morte”.

2.Ma il vecchio Saba  era  anche  una miscela di vibrazioni contrastanti , dicotomiche ,  in lui c’era bontà e sdegno , infinita capacità di comprensione  e 
un alto tasso di permalosità   e rancore ,  assoluta incapacità  nell’ accettare critiche , ingenuità  e ironia ,  furia e dolcezza .  Era vulnerabile , predisposto alla malinconia  e  alla sofferenza ,  ma aveva una forte coscienza morale , orgoglio, fierezza ,  amor proprio,  molta  considerazione di sé stesso, oggi si direbbe   grande  autostima e forse ce ne voleva  assai  in un tempo  in cui la sua poesia rimaneva ai margini  e doveva dibattersi tra i vari miti dell’epoca  ,  dannunzianesimo , futurismo ,  ermetismo  e poi ancora i vociani , con Papini  e Prezzolini  ai quali “ io appena o mai piacqui . Ero fra lor di un’altra specie ”. Anche dopo la seconda guerra mondiale dovette confrontarsi con i movimenti  della “ Ronda” , del novecentismo e dello stesso ermetismo , ai quali  rimase estraneo ( “E’ tardi. Affronto lieto il gelo/ di fuori. Ho in cuore di una vita il canto/ dove il sangue  fu sangue, il pianto pianto.”)
Lui era  per la linea  semplice e diretta , la linea del cuore ,   per una  lirica forte come una quercia e pura   come acqua di fonte  , che s’accostava a Leopardi   e 
e  non solo per il pessimismo ,    “o     per lo  stile   e     la  ‘capa’”,  le    due linee a cui arrivano molti poeti ,  -  amava dire Salvatore Di Giacomo- ,  ma   perché la sua poesia  è soprattutto  cuore. ..

3.Per “Bertin” , come lo chiamava la santa madre ,   le ragioni del cuore non dovevano mai venir meno , e ad esse   egli   non ha mai sacrificato la tecnica e la ricerca formale…Ma tu vuoi sapere della sua vita, vero? 
Certo non fu facile, anzi....Fin dal concepimento incappò in un padre , che di  cognome faceva Poli  e di nome faceva  , - come scrisse  il mio Trilussa, -    " fijo de na mignotta",    un padre che non esitò  ad abbandonare  la  moglie,    -  una  ragazza ebrea  minuta ,  graziosa , carina  ,ricciuta e con un’infinita capacità di sacrificio e sopportazione ( come tutti gli ebrei) ,  proprio  nel momento più difficile  e delicato,   quando stava per dargli un figlio , che fu battezzato  Umberto Poli  , all'anagrafe,  ma appena crebbe  (male)  ed ebbe coscienza di essere figlio di tale padre la prima cosa che fece  Bertin  fu quella
di cambiare il cognome ,  adottandone uno simbolico , (Saba, in ebraico vale per “ pane” ) ,  in omaggio all'eroica piccola madre ebrea. Il piccolo Bertin fece vita inquieta agitata sofferta e assai grama, del resto non poteva essere altrimenti,  cresciuto nel ghetto , senza padre, sotto lo sguardo apprensivo e geloso della madre che per mantenerlo fece tutti i mestieri più umili , dalla  sguattera alla lavandaia a ore. E tutto  ciò  si rifletterà inevitabilmente sulla sua poesia    ( che cos'è la poesia se non il deposito, la stratificazione di materiale  il più vario e disparato , idee religiose , sociali, politiche che si va ad adagiare dentro di te chissà dove come in una cisterna ,  una sentina e poi  , attraverso le forme , subiscono una decantazione;  alla fine  quando vai a pescare , tiri su  il tutto filtrato e mica lo sai bene quel che viene fuori…boh!) .Quelle miserie,  quel freddo,  quell'angoscia, quelle  privazioni, quelle umiliazioni , quella ghettizazzione, insieme ad altre cose  sociali politiche culturali   hanno costituito il materiale della poesia di Saba ,  che  intanto  dovette  subito cominciar a guadagnare  per aiutare la baracca  e dato che viveva in un grande porto franco, appena potè s'imbarco su un cargo  come mozzo;   più tardi   (siamo nel 1907  e Trieste non è ancora italiana)  gli venne l'idea balzana di arruolarsi nell'esercito italiano (  dieci anni più tardi , durante la prima guerra mondiale , si rifiuterà  di imbracciare il moschetto e rischierà di brutto d’essere fucilato ) e cominciò a leggere  disordinatamente libri su libri , tutto quel che gli capitava sotto gli occhi, e poi cominciò a studiare letteratura italiana , francese e tedesca ,  sempre da autodidatta  (  Saba aveva fatto studi irregolari , frequentando solo per poco tempo il ginnasio e l’accademia di commercio e nautica ; ufficialmente conseguirà solo la licenza  elementare) .Dopo la guerra mise su quella che diventerà la  famosa libreria da antiquario  “Saba” , con gabbiette di canarini  , vaschette  e  fiori di lillà,  e con quel mestiere visse per tutta la vita sua tribolata , sempre discretamente angosciato -  per sua natura -  “discemm inscì” -  ma l'ansia si fece disperata e l' angoscia insostenibile quando furono emanate  le leggi razziali contro gli ebrei. 

4.Allora dovette scapparsene a Parigi   ( Paris è sempre  Paris,   anche nell'aiutare i perseguitati) e pianse e meditò a lungo sulla riva destra  della Senna sul tedesco lurco che tutto gli aveva strappato;   fece per un periodo anche vita da clochard,   preso da una  disperata malinconia di tipo astenico, ma poi si scosse e si disse ma tu guarda  che mona sei, Bertin!   Star  qui sotto i ponti di  Parigi a fare  il barbone , mentre la Linuccia  mia e  tutta la famiglia se ne sta in Italia con  rischi e pericoli  terribili  ( la moglie Linuccia non era ebrea,  ma insomma ,  era sempre moglie di un ebreo e  non si sape mai come va a finire con   “fasisti e  todesch!”) e così tornò in Italia e andò sul  lungoarno, a Firenze , dov'era Eusebio  Montale,  a poetare e cantare e se lo portò a casa , si travestì  da Scarpia , come aveva sempre desiderato ,  e gli  cantò un’aria della Tosca con la sua bella voce da baritono mancato.   Montale aveva un talento tutto speciale nello scovare i letterati triestini  ( dopo Svevo,  anche Saba  l'aveva scoperto lui,  diceva lui ,  ma  gli interessati negarono , dissero che non era vero, nell’un come nell’altro caso,  tant’è che  Saba  prese sempre le distanze dal poeta ligure e anche dagli  altri “ ermetici” , che si incontravano nei caffè alla moda per rifare il verso ai vari “maudit franciosi” ) .

5.Dopo la cantata  della “Tosca” ,   Montale era al settimo cielo, ma  Bertin  cominciò a bestemmiare piano piano e fitto fitto ,  in triestino  purissimo ,  e non la finiva mai.  Ce l'aveva  giustamente contro il lurco tedesco e il fascista abietto che tutto gli avevano  tolto,  alla fine  pianse  come un bambino, povero Saba!.   Allora quel mona di  Eusebio  per consolarlo gli disse :   Bertin ,  tu sei un grande poeta,  devi saper reagire,  l’Italia ha bisogno di te , belin d’un belin! Ma più che il discorso patriottico  poterono gli americani   e  di lì a poco , con   la fine  della  seconda guerra mondiale ,  Umberto potè tornare a Trieste... nella sua amatissima libreria,  che era il suo mondo e fortunatamente era rimasta in piedi.  Seguirono anni sereni.  Fumava la  pipa, riceveva gli amici  ( pochi) e  gli allievi (molti)  con i quali faceva  un po’ il Socrate , anche per quanto riguarda certe usanze tipicamente greche   nel rapporto con i fanciulli ,  ma capitava che venissero a trovarlo da ogni parte d'Italia e del mondo. Un  giorno venne un  vecchissimo gentiluomo  di stampo borbonico,   l’ammiraglio napoletano  Salvatore Ruggero   De Michelis ,  e gli disse caro   Saba ,  voi siete un gran poeta   e mi piacete assai   perchè siete così  quieto sereno dimesso umile;  sì, è vero ,  ogni tanto siete  ‘nu poco malinconico  , ma la vostra malinconia è cordiale , aggraziata ; forse avete pure ‘nu  poco di travaglio , è vero? - vedo che dite di sì  con la  capa, caro Saba –  ma  il vostro  è un  travaglio cordiale  e  anche la vostra sofferenza  è  accussì cordiale… E poi , vivaddio!,   parlate di cose che riguardano tutti noi, del senso della giovinezza che si brucia in un volo, dell'aria,  della luce che ci sta intorno e del movimento , e del sole  e del vento  di Trieste e una donna ; e  fate tutto con semplicità, senza  quella presunzione  che mostrano  tanti colleghi vostri che si credono più intelligenti di voi perché nun se capisce quel che dicono    e dicono  sotto sotto   - scusate, neh! -  che il Saba è  ‘nu coglione ,  ‘nu mona, come dite voi, a Trieste...e dicono che siete anche ‘nu poco pedofilo , ‘nzomma che  vi piacciono i mamminielli …Ppe  mmeve  i gusti so’ gusti e vanno rispettati,  e poi o’ffacevano i greci e i romani…’Nzomma, don Umbè , ‘na cosa è certa .    Su di voi si sbagliano , que’ criticoni , e di grosso ,  ve lo dice uno che di uomini s'intende ,  i coglioni sono loro , voi  siete un vero poeta perché  esprimete una vera emozione umana...che è anche un’idea di pace , di  liberazione  dai bisogni, di progresso.  Mi compiaccio con voi! Lasciate che vi stringa la mano.

6. Voi siete  il vero  poeta italiano, perché come ha detto un critico che ne sape assai assai più di me , voi siete un ritorno dello spirito, o meglio dell’anima, alla sua sacra semplicità “.     
Saba diventò rosso come un peperone e dalla sua tristezza muta e insuperabile solitudine non seppe  dire altro che grazie.  Avrebbe voluto dirgli tante cose, che la vera eguaglianza e giustizia umana non è data dal benessere , né dal progresso, ma dalla coscienza di tutto il dolore “necessario”, avrebbe voluto dirgli che lui stava sempre in crisi,  era sempre  travagliato ,  sull'orlo di una crisi di nervi perenne , era sempre sul filo del rasoio, aveva mille mali dentro e 
fuori,  spesso era preda di una vera e propria disperazione...Ma poi pensò all'onore che gli faceva l'ammiraglio  borbonico, pensò che era stato generoso, e gli fece un bel sorriso buono. Posso offrirle una birra, ammiraglio? disse. Il borbonico disse no,  grazie , caro Saba, devo andare a trovare un mio collega austriaco , ma voglio dirvi  ancora una volta che amo la vostra poesia proprio perchè è buona e generosa come la nostra terra del Sud , sapete io sono di origine  pugliese  e il canto pugliese  è un canto semplice, nudo,  sobrio ,  dedicato alle cose vere, alle cose che contano nella vita, agli affetti familiari, agli amici, al cielo, al mare, alla luna, agli uccelli dell'aria...Vi saluto , caro Saba e  vi prego di ossequiarmi  la  vostra cara Linuccia e  “li cardilli”.

Roma, 5.12.2011

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