lunedì 5 dicembre 2011

Anita Garibaldi , dieci anni d'amore e di guerra

Anita  Garibaldi
Dieci anni di guerra e d’amore
recital per le scuole medie
Scritto e diretto da Augusto Benemeglio


ANITA  :Io sono sola, sola.
E registro  nella mia  mente  ogni cosa che vedo.
Divento memoria / delle atrocità della guerra         
Testimone viva  / della verità della guerra.
E la verità non è popolare .La verità cade in disgrazia, 
/ non ha occhi  e canta.

MAMELI : La storia è  sempre quella la storia identica scorre/
la storia è sempre uguale/ Ma a noi non è dato conoscerla/

ANITA: Non vogliamo più  padroni , / né stranieri
 /che ci governano in casa nostra.
Anche se il prezzo da pagare  è alto. E’  terribile.

MAMELI : Vana è  la scimitarra/ contro i cannoni/
Ma noi siamo i fratelli d’Italia / e  dobbiamo combattere
Per una rinascenza del nostro popolo.
 Anche se  la splendida sera  /che ora  guardiamo 
è forse l’ultima/per noi.

ANITA: Io sono sola, sola.
Ho visto la mia parte  dei disastri del mondo.
 Ho ancora occhi per ricordare /fame, miseria, ingiustizia,  morte
e lo ricorderò fino alla fine del mondo.
Perché il dolore è immutabile ed eterno.

MAMELI:Ora che è notte ed è spento /il suono d’oro di mille  trombe
Non senti come  il suono di una  campana?/ Pare che parli e dica:
Indecifrata e sola, so che posso/essere nella vaga notte una preghiera
O la sentenza che racchiude /il succo di una vita o d’una sera.

ANITA Molte anime vissero al mio  fianco,
percorsero la mia stessa via, lo stesso sentiero,
ed avevano lo stesso respiro dell’erba.
Molti  caddero in battaglia / per fare dell’Italia  una Nazione.
Ed io  sono qui per ricordare  questi martiri della libertà

 IMMAGINE DEI MARTIRI DEL GIANICOLO

NARRATORE  :C’era stato il polverone, il grido e la caduta, la liberazione, la conquista, poi Anita dalla pelle cupa ,una creola  che aveva  antenati indiani e portoghesi 


MAMELI   : Ecco qui la moneta di ferro della nostra vita . Interroghiamo le due opposte facce che saranno la risposta all’ostinata domanda che nessuno si è posta:
perché è necessario ad un uomo che una donna lo ami?

NARRATORE: C ’era stato il vento teso che si fa tempesta , il naufragio, la morte dei fratelli italiani, la luce fresca che segue sempre una tempesta , infine lo strazio dei ricordi , la solitudine ,
la disperazione…  infine Anita,   con il suo volto velato che si posava sull’oceano e andava alla deriva nel pizzo del suo strascico nuziale.

MEDICI  DEL VASCELLO : Anita: una donna forte, coraggiosa, un’amazzone, ma anche una  vera compagna , che gli avrebbe dato quattro figli e l’avrebbe amato come nessun’altra , per tutto il corso della sua breve vita, come lui aveva desiderato.

GARIBALDI  :Avevo bisogno d’una donna che mi amasse subito!... sì, una donna!, e trovai Anita,  la più perfetta delle creature…Da quel giorno non ho desiderato più niente. Il mio viso , come il viso del sole, era sfiorato dal suo sguardo, che era come una pioggia leggera, calma, sul mare”


MEDICI DEL VASCELLO: Le pietre sono il tempo, e Anita ora è pietra  , alabastro risorgimentale . Le sue spoglie sono  là, racchiuse nel marmo del suo mausoleo , a Roma, sul colle del  Gianicolo,  nel suo monumento a cavallo , con il figlio in braccio e la pistola in pugno, icona della pura amazzone,  con i capelli lunghi e nerissimi raccolti nella crocchia ,  e il  vento del sud sopra di lei , due secoli di vento, che si avvolge su se stesso e  si sotterra nel giorno della pietra.

NARRATORE: Ma , - ci chiediamo ,- :  è quella la vera Anita?, quella che Mussolini inaugurò  il mattino del 30 maggio del  1932  al cospetto delle più alte autorità dello Stato e disse, con orgoglio tutto italico-fascista:

MUSSOLINI  “Questa è Anita , la Madonna laica del nostro Risorgimento, il simbolo del coraggio femminile che nessun altra donna  italiana seppe eguagliare ; l’eroina che   seppe conciliare sempre  , durante la rapida avventurosa sua vita ,  i doveri della madre e della combattente intrepida , al fianco del marito, Giuseppe  Garibaldi”.

NARRATORE   Ana Maria De Jesus Ribeiro Da Silva , detta Aninhas , mezza portoghese e mezza indios  era nata in un villaggio sperduto  del Brasile meridionale , Morrinhas, il 30 agosto del 1821, esattamente cento novant’anni fa. Era un villaggio di farrapos  , straccioni,  della provincia  di Santa Caterina .

MEDICI DEL VASCELLO: Garibaldi l’aveva sognata nelle foreste del Rio Grande , tra raffiche turchesi di pappagalli in fuga, alberi ribollenti di corvi, e le raccoglitrice di manghi . La vide bella e quieta ,  colla blusa rossa e un fiume di capelli neri , tra gli alti girasoli . Era una pausa della  luce, un sorso di acqua di fonte, e i suoi seni ampi e sodi maturavano sotto i suoi occhi. Il corsaro la vide forte e ambrata , agile come una gazzella scura, leggera come una brezza marina, fiammeggiante nella veemenza di un tramonto tropicale.

GARIBALDI :“Tutte le donne riograndesi sono belle di forme, e generose nel donarsi, ma Anita era il mio ideale, il mio sogno pensiero che si fa donna, il mondo vero, la mia vita , e la mia morte.”. 

NARRATORE :Poi la rivide , nella realtà , questa figura sognata, vagheggiata e fu a Laguna , il piccolo porto di Santa Caterina ;  la rivide sul molo , con il cannocchiale , dalla sua nave in rada , ed era lei, in tutto, nell’alta statura, nella fierezza, nel seno prepotente , nel passo sicuro. Scese a terra , e la incontrò nella casa dove viveva . Era il 27 luglio 1839  e le cose intorno a loro ardevano.

GARIBALDI: Restammo entrambi a guardarci reciprocamente come due persone che non si vedono la prima volta, e che cercano nei lineamenti l’una dell’altra qualche cosa che agevoli una reminescenza , che appartenga al sogno”. Tu devi essere mia, le dissi in italiano. Qual è il tuo nome. 

ANITA : Aninhas

GARIBALDI:  Nel mio paese si dice Anita .Per me sarai per sempre Anita.  Io vivo sull’acqua, solo. Senza moglie e senza figli. Ho circumnavigato ogni mare , ogni possibilità umana , per arrivare a te, Anita, e finalmente ti ho trovata. Staremo sempre insieme. 

NARRATORE : E lei disse sì, sarò tua. Ma Anita non gli disse che aveva già una casa , e un marito , con cui era  sposata da ben quattro anni . Perché ?

ANITA :  Non gli dissi niente perché mi sentivo una donna libera. Mio marito  si era arruolato  con gli imperialisti di don Pedro II , i nostri nemici giurati , e , all’arrivo dei farrapos  di Garibaldi , era scappato da Laguna senza più dare notizie di sé  . Non   gli dissi che ero sposata  soprattutto  perché  “Manoel Duarte , o Manoel dei cani”,  come chiamavano mio marito,   si era rivelato fin dall’inizio un  “omme ‘e mmerda”! Mi  maltrattava , mi teneva  segregata in casa ,ed  era costantemente ubriaco. E quando era sobrio era un vero pusillanime, sempre dalla parte del più forte, meschino , vile e codardo. Non era degno  non dico  del mio amore, - che non c’era mai stato – ma neppure della mia  stima e  del mio  rispetto. Per questo non gli dissi che ero sposata. 

MEDICI DEL VASCELLO  : Era una sorta di  codice d’onore non scritto delle donne sudamericane di  quel tempo , che erano forti e coraggiose ,  e spesso si dovevano difendere da sole dalla brutalità degli uomini e dalla natura esuberante,  ma allo stesso tempo erano donne capaci di estrema fedeltà e dedizione , pronte a qualsiasi sacrificio e alla totale sottomissione ai loro uomini , che seguivano anche nelle imprese guerresche ,  purchè questi si dimostrassero  “uomini veri”…

NARRATORE: Ma suo marito che fine fece? Possibile che non abbia più cercato la giovane e bella moglie? , sentiamo che cosa ne pensa al riguardo lo storico Giuseppe Caporaso.

Prof. CAPORASO : A dirla tutta le , c’è chi sostiene che fu Garibaldi stesso – una volta conosciuta la verità –  a eliminare l’ingombro del marito. E ciò si potrebbe leggere fra le righe delle “sue memorie”, quando parla di un grosso rimorso e di un conto tragico (la morte di Anita)  che il destino gli avrebbe fatto pagare.  Fattostà che di Manoel  dei cani non si è saputo più nulla . Ma siamo nel campo delle ipotesi , per non dire nel romanzesco. Quel che è certo e che tra i due l’amore non c’era mai stato , e che quando venne Josè Garibaudi, come lo pronunciava lei, la diciottenne Anita , non esitò a lasciare tutto e tutti, familiari e amici, casa e patria, e a seguirlo dovunque,  come un’ombra, stargli accanto per tutta la sua breve vita, dieci anni intensi, pieni di avvenimenti , di  speranze, di promesse, ma anche anni di durissime privazioni, fortemente drammatici , che  solo una donna come lei avrebbe potuto sopportare.

NARRATORE : E Anita, infatti,  non si tira mai indietro. E’ sempre al fianco del suo Josè, partecipa attivamente a  varie azioni di guerra in cui  rischiano entrambi di perdere la vita, come nello scontro con le navi  dell’armata imperiale, nella baia di Imbituba , il 3 novembre 1839,  durante la disperata difesa di Laguna. E’ lei stessa che spara la prima cannonata contro la flotta nemica preponderante

ANITA: Mais fogo, mais fogo

GARIBALDI:  è lei che anima colla voce le ciurme sbigottite, è lei che soccorre i feriti, incurante della pioggia di pallottole e di una cannonata che la travolge fra i cadaveri. Ma Anita si rialza e in mezzo a membra e corpi mutilati , vesti e bandiere in fiamme che le intorno nell’aria, imbraccia un fucile e  con il suo coraggio e il suo vigore restituisce fiducia ai marinai nascosti sottocoperta, gridando e agitando la sciabola:

VALERIA:  Mais fogo , mais fogo!”

 GARIBALDI: Companeros ,  /il cuore crescerà dai sogni / se no   è un misero cuore… Companeros  ,  noi dobbiamo / strappare dall’acciaio una canzone e che il nostro canto  / sia  come  una pioggia scrosciante ,/per far crescere sogni e  speranze./ E che il nostro canto sia  / come un rubino ardente/ di passione , d’amore di giustizia e libertà / dopo tanta oppressione /dopo tanta battaglia
dopo tanto patire/dopo tanto morire…

VALERIA: Mais fogo, mais fogo

NARR La guerra prosegue via terra, con Anita sempre indomita, a cavallo, con la spada sguainata, sottoposta a prove incredibili di resistenza alla fatica, alla sete, alla fame , nutrendosi di sole bacche e radici per giorni e giorni , spronando i compagni di lotta ad andare avanti, a combattere, stanando gli imboscati e i vigliacchi a suon di fucilate. E non teme per sé, per la sua vita, ma se cadesse in battaglia, dice a Josè ,  vorrebbe essere sepolta sulla spiaggia della sua infanzia: 

ANITA: SE MAI PERISSE LA MIA VOCE A TERRA,/ LA PORTERETE A LIVELLO DEL MARE:/ LA DEPORRETE LA’, PRESSO LA RIVA,/ ACCANTO ALL’ONDE, / POI LA NOMINERETE CAPITANA. / O MIA VOCE , DECORATA/ CON LE INSEGNE MARINARE! / CHE PORTI UN’ANCORA SUL CUORE,/ SOPRA L’ANCORA UNA STELLA: / SOPRA LA STELLA,  IL VENTO LIBERO, E SOPRA IL VENTO, ALTA, LA VELA DELLA SPERANZA.

GARIB: “Io marciavo a cavallo con accanto la donna del mio cuore , degna dell’universale ammirazione…E che m’importava il non aver altre vesti che quelle  che mi coprivano il corpo, e di servire una povera Repubblica che a nessuno poteva dare un soldo? Io avevo una sciabola e una carabina , che portavo attraversata sul davanti alla sella…La mia Anita era il mio tesoro, non meno fervida di me per la sacrosanta causa dei popoli e per un vita avventurosa…comunque andasse l’avvenire ci sorrideva fortunato , e più selvaggi si presentavano gli spaziosi americani deserti , più dilettevoli e più belli ci parevano”

NARRAT: Non si fermano neppure quando Anita rimane incinta , anzi l’eroina prosegue a cavalcare, lotta , grida, cade, si rialza, torna in sella e vi rimane fino all’ultimo mese di gravidanza. E’ il  6 settembre 1840 quando nel  piccolo villaggio di Mostazas, in una casa di campagna , nasce il loro primogenito , Menotti Domingo , con un’ammaccatura sulla testa,  ricordo della caduta da cavallo.  Josè e Anita ora hanno un figlio , ma  mancano di tutto, perfino dei pannolini del piccolo , che avvolgono nel fazzoletto che il padre abitualmente porta al collo.  Garibaldi va a procurarsi viveri e indumenti adatti al piccolo, ma  il primo centro abitato è Settembrina, una località distante qualche centinaio di chilometri. Va  sotto la pioggia  torrenziale , attraverso campagne inondate, con  la volontà disperata di un padre che deve far campare il proprio  figlioletto. Anita rimane sola, nascosta nel bosco per quattro giorni al freddo e alla pioggia , alimentandosi con radici e frutti silvestri , mentre allatta Menotti ; finché Garibaldi riesce a rintracciarla. Ma sono sfiniti. E intorno a loro è uno sfacelo

ANITA: Josè  , i soldati  sono allo sbando più completo, ubriachi, incapaci di battersi, disertano, siamo rimasti solo una quarantina e siamo privi di tutto, col morale a terra .. Ormai non c’è più scopo di continuare la guerra, abbiamo nuove responsabilità, un figlio , guarda  il bambino, Josè, non ha nulla, nulla, tranne noi due.

GARIBALDI: Sì, hai ragione. Finiamola qui.

NARR : E lui,  che aveva pensato di combattere per il popolo contro la tirannia  e il malgoverno ,  ora d’un tratto s’accorgeva che  il popolo  non stava sempre dalla sua parte ,  e che non erano solo i suoi avversari  a conoscere il malgoverno e la tirannia, lui che aveva sperato che questa fosse una guerra nazionale , secondo il desiderio di Mazzini  , ma ora vedeva la nazionalità sperdersi  nelle pampas , e che ne era venuta fuori la solita  guerra civile dove ci si scannava  tra fratelli , e perfino gli italiani si trovavano  in  entrambi i campi e s’ammazzavano fra di loro , doveva ammettere che sì, Anita aveva ragione. No,  non era così facile continuare a pensare a se stesso come a un cavaliere errante , con l’inebriante sensazione di stare dalla parte del giusto, del futuro, del progresso.

MEDICI DEL VASCELLO: Così nell'aprile del 1841 chiese  ed ottenne  dal Generale Bento Gonçalves di lasciare l'esercito repubblicano  In cambio dei servigi resi alla rivoluzione gli vengono dati 900 capi di bestiame, che lo trasformano in gaucho . Con Anita e il piccolo Menotti, si dirige  verso l’Uruguay, dove c’è una forte comunità italiana , e dopo cinquanta giorni  avventurosi ,con ruberie dei gauchos da lui ingaggiati ,  le piene del Rio Negro, e le malattie delle bestie,  percorrendo più di 600 chilometri , arriva a Montevideo,  con  le sole pelli di circa duecento  animali  da cui ricava appena cento scudi necessari per comprare un vestito per Anita e per sè.  “Nessun comandante rivoluzionario sudamericano  – scrisse  Montanelli -  fu pagato così poco”.

NARRATORE: A  Montevideo , Anita e Josè, regolarizzano  la loro posizione , si sposano nella  chiesa  di San Francesco d’Assisi  il 26 marzo 1842, alla morte (presunta) del precedente marito di Anita, il calzolaio  Duarte. Intanto avevano affittato una modesta casetta: una cucina dal soffitto basso e annerito dal fumo,  due camerette , un terrazzino da cui si vedeva il porto,  e un cortile con un pozzo.  Josè si è trasformato prima in venditore ambulante di casalinghi, con scarso successo,  poi in professore di matematica e di storia e geografia nel collegio diretto da un sacerdote d’origine còrsa, , ma i guadagni continuano ad essere miseri, tant’è che in casa Garibaldi, allietata dalla nascita di  un’altra bambina , Rosita, nata nel 1843  (successivamente nasceranno Teresita e  Ricciotti) ,  non ci sono sedie sufficienti  e mancano perfino le candele. Anita e Josè hanno un solo vestito , e i bambini si coprono alla meno peggio.

,MEDICI DEL VASCELLO  : Ma Anita , nonostante la povertà e l’isolamento dovuto alla sua rozzezza d’estrazione contadina , all ‘analfabetismo, e al fatto che era una brasiliana di lingua portoghese, è ugualmente felice, e si fa in quattro:  fa la madre, la moglie, ma fa anche la sarta , per contribuire al magro bilancio economico.  Anita era gelosissima  del suo uomo , ma il timore suo più grande era di vederlo  di nuovo “sposato”  alla guerra, lei sapeva benissimo che Josè non sapeva starsene con le mani in mani , e lei, con tre figli piccoli da allevare, non avrebbe potuto  essergli vicino .

NARRATORE : E la cosa puntualmente , fatalmente si verificò, non per nulla siamo in Sud America, professore…dove una guerra non manca mai.

PROFESSORE Già , proprio così. Allora tra Uruguay e Argentina , scoppiò  la guerra dei fiumi, perché si combatterà prevalentemente sul  Rio della Plata e sul  Parana . E il Capo di Stato uruguaiano , generale Rivera , non dimenticò  di certo  che tra gli oltre cinquemila italiani che erano  a Montevideo ( un sesto della popolazione ) , nel suo paese c’era  anche il famoso corsaro Giuseppe Garibaldi che aveva  combattuto per la repubblica riograndese.  Gli offrì  il grado di colonnello e il comando della flotta , o meglio di quel che rimaneva  della flotta , quattro navi malmesse . L’impresa apparve subito disperata,  diciamo impossibile, ma erano  queste le situazioni che Garibaldi prediligeva , e ne darà ampia dimostrazione  ottenendo l’ammirazione e il rispetto di un giovane ufficiale , Bartolomeo Mitre, che combatteva in campo avverso, e che diverrà prima generale e poi  Presidente della Repubblica Argentina:

MITRE Garibaldi sotto un’apparenza modesta  e pacifica celava un genio ardente  e una mente popolata di sogni grandiosi…L’impressione che ne ricevetti fu  di una mente e di un cuore non equilibrati fra di loro , di un’anima infiammata  da un fuoco sacro, votata alla grandezza e al sacrificio . Ne trassi la persuasione che era un vero eroe in carne e ossa , con un ideale sublime , però con teorie di libertà esagerate e mal digerite , in possesso tuttavia di elementi  per eseguire grandi cose…”

MEDICI DEL VASCELLO : Secondo me ci aveva visto giusto.  Ma la sorte di Montevideo non era   in gioco sul mare, o sui fiumi . La lotta essenziale avrà  luogo a terra , e anche in  questo campo Garibaldi, diventerà  una figura eroica. Ma intanto Montevideo era assediata,  tutti gli abitanti si erano impegnati nella lotta, avevano patito la fame, la sete, la carestia , erano stati colpiti da malattie infettive e soprattutto i più deboli, gli anziani e i bambini erano morti.
Tra questi , anche la sua piccola Rosita.  Viene  in casa il sacerdote per l’estrema unzione e il funerale, ma Anita non vuole nessuno. Lo scaccia, si prende la figlioletta morta tra le braccia e allontana tutti.  Allucinata, con gli occhi che emanano lampi di furore e di atroce dolore , Anita è  come impazzita.

ANITA :Lasciatela. Non la toccate.  Andate via!  Non voglio parole, né preghiere
non c’è  tempo per i canti della chiesa , /né per gli angeli che stanno in  cielo.
Non c’è più tempo per le parole d’amore/ Ed è  morto per sempre  il tempo della gioia, / ;non c’è  tempo per la speranza, ma solo per la disperazione.

GARIBALDI : La mia  Rosita aveva poco più di due anni ed era morta  a seguito di un’epidemia di scarlattina.  Anita era impazzita di dolore , aveva delirato per giorni e giorni , fino al punto in cui  avevo  dovuto portarla con me , in guerra, per starle vicino in qualche modo. Anita faceva l’infermiera di campo, curava  e assisteva  i feriti , ma continuava  ad essere in preda a una grande depressione per la scomparsa di nostra figlia .  

NARRATORE : Anita partecipa alla famosa battaglia di  San Antonio del Salto  dove Garibaldi , con soli 190 uomini , sconfigge 1.500 avversari del generale Oribe  . Ma è l'ultima volta . Torna ben presto a occuparsi dei suoi figli nell'umile casetta di Montevideo, oggi  divenuta museo  soffrendo privazioni di ogni genere. Nel giugno del 1847 Garibaldi è addirittura nominato comandante generale di tutte le forze di difesa di Montevideo,  ma si dimette quasi subito dalla carica  e - spinto dalle notizie incoraggianti che arrivano dalla penisola- decide di tornare  in Italia , dopo aver rifiutato  una grande estensione di terra, con relative case e bestiame, che il Presidente Fruttuoso Rivera gli aveva offerto in dono per i rilevanti servizi prestati a favore della Repubblica d’Uruguay.

MEDICI DEL VASCELLO : Anita si imbarcò  qualche mese prima di lui, il 27 dicembre 1847, insieme ai suoi figli Menotti, Teresita e Ricciotti . Fui io ad  accompagnarla , per ordine del generale. Sbarcammo a   Genova. Poi raggiungemmo  Nizza  , e lei si fermò a casa della madre di Garibaldi,  con cui non avrà mai un buon rapporto. Aspettava  con ansia il suo  Josè , che era partito in aprile del 1848 con la nave “Speranza” insieme a 61 legionari italiani . L’ Europa era  infiammata dalle  rivoluzioni ( è  l’anno delle barricate. Si sparava   a Parigi, Vienna, Berlino, Amsterdam, Budapest, Bruxelles, Milano, Napoli, Palermo, ovunque si chiedeva , e si pretendeva con ogni mezzo la libertà  e l’indipendenza) . Garibaldi , che fino ad allora era stato considerato un pirata sudamericano , grazie alle istanze rivoluzionare ,e agli scritti di Alexander Dumas ,  viene accolto trionfalmente . Va a  Firenze , Bologna, Ravenna , poi sul lago Maggiore , infine  viene chiamato a Roma, dove è caduto il Papa e si è instaurata la Repubblica con il  triumvirato Mazzini-Saffi- Armellini.

NARRATORE Siamo alla  fine  del quarantotto, e Garibaldi entra a Roma con la sua pittoresca legione fatta di “uomini – scrive lo scultore inglese Gibson - abbronzati dal sole, coi capelli lunghi e arruffati , e i cappelli conici ornati  da piume nere e ondeggianti, coi visi allampanati bianchi di polvere e incorniciati da barba incolta, con le gambe nude , che si accalcano intorno al loro capo, che, montato su un cavallo bianco, era perfettamente statuario nella sua bellezza virile”. Dirà Pisacane, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito:

PISACANE  I garibaldini  sono una massa di briganti , sporchi, indisciplinati, caotici. Non hanno nulla dello stile dei soldati .

MEDICI DEL VASCELLO Garibaldi viene  colpito da un attacco di reumatismi , ed  il gigantesco negro Aguilar, vestito  da indio , con una lancia rossa lunghissima e affilatissima , che se lo porta in braccio come un bambino da una parte all’altra . Ed è   proprio  in             questo momento davvero poco opportuno, che lo raggiunge la gelosa moglie, Anita . E’ il 15 marzo 1849 , subito dopo la proclamazione ufficiale della Repubblica Romana .  Anita rimane qualche settimana  con il suo  Josè, lo assiste, lo cura, lo rianima, ci fa l’amore , e concepisce il quinto figlio,  ma quando il generale si riprende le intima di tornare a Nizza, dai figli. E lei stavolta obbedisce.  Intanto il corpo dei volontari si è allargato, affluiscono studenti, borghesi, ragazzi giovanissimi  provenienti da ogni parte d’Italia. C’è Goffredo Mameli, un poeta, un ragazzo genovese che si gettava nella mischia senza troppo pensare , c’era uno strano frate , padre Bassi , che era un grande predicatore scomunicato , c’era Ciceruacchio , un carrettiere e capopopolo romano  ,e tantissimi altri.

NARRATORE  Ma le cose, a Roma,  si complicano. Dopo l’appello di  Pio IX alle potenze cattoliche per il ricupero del potere temporale, tutti , Austria, Francia, Spagna , Napoli , il Granducato di Toscana , inviano uomini e armi  a Roma . Alla fine se ne conteranno ottantaseimila , ordinati e ben equipaggiati, contro i complessivi circa 20mila  volontari degli eserciti della Repubblica, sparsi nel vasto territorio dello Stato Pontificio  , per lo più   raccogliticci e  senza nessuna esperienza di  guerra, tranne i veterani di Garibaldi .   A Roma ce ne sono  circa la metà, diecimila combattenti , compresi i bersaglieri lombardi di Luciano Manara.  Siamo uno a otto,  o uno a nove, situazioni in cui Garibaldi si è venuto a trovare nel passato, ma ora è diverso. Cosa successe, professore?

PROFESSORE    Che i primi ad intervenire furono  i francesi comandati dal generale  Oudinot  39. . E’ il  30 aprile 1849  , e sferrano l’attacco verso  il Gianicolo e Villa Sciarra.  Sono più di 30mila uomini muniti di numerose batterie d’artiglieria , un parco d’assedio vasto , e validi reparti del genio. La lotta è dura, feroce, spietata, impari. Ma il solito Garibaldi non molla di un centimetro , ed è l’unico, con le sue leggendarie camice rosse di Montevideo, che riesce a battere i francesi, che nel frattempo si sono impadroniti di Villa Pamphili.  La situazione precipita  rapidamente , Mazzini lo chiama, gli chiede un’opinione confidenziale sul da farsi , lui risponde:

GARIBALDI  “ Giacchè mi chiedete ciò che io voglio, ve lo dirò: qui io non posso esistere per il bene della Repubblica che in due modi: o dittatore illimitatissimo , o milite semplice. Scegliete”.

PROFESSORE : Ma non sarebbe servito neppure metterlo a capo dell’esercito. Roma non è Montevideo , e le possibili entrate in città sono infinite, impossibili da presidiare. Non si ricreano quelle situazioni ambientali e psicologiche    che lo hanno portato nel passato a combattere e vincere anche in condizioni più disperate di queste. Ormai non c’è più nulla da fare, i capisaldi della resistenza, il Vascello, San Pancrazio , Villa Spada,  sono caduti. Garibaldi  ,schiacciato da forze infinitamente superiori  non ha più scampo, l’unica via che gli rimane è la fuga. 

MAMELI:  Soldati, siete vagabonda muraglia di fumo ,/ trappola aperta nel giorno .Ci uccidono dall’orizzonte  /dando luce a livide stelle .Batte il mondo nelle nostre tempie./La paura di morire grida nella nostra gola/ In trecento salimmo sulle barricate del Vascello  /cantando i nostri ideali e le nostre madri  disperate  ,e i nostri teneri figli innocenti / A quest’ora quasi tutti riposano  sopra la terra, la grande terra di Roma ./ Recavano il palpito del seme libero /sulle rive del vento e cantavano./ Il cannone francese  ha spento le loro voci /e quella canzone di pace, d’amore e di libertà./ Sono stati abbattuti in vicinanza del cielo./Ora i nostri morti dormono, /venite a vedere come sgorga ancora dal loro costato /il sangue dolce di Cristo,/venite a vederli sparsi sulla  terra, /la grande , la mitica  terra di Roma :  hanno tutti una corona di sudore sulla fronte  / e un sorriso pallido.

NARRATORE: Tra i feriti  c’è anche l’eroico  capitano garibaldino GOFFREDO MAMELI, che morirà pochi giorni dopo a seguito di una cancrena.  Aveva solo ventuno anni,  e aveva fatto appena in tempo a comporre l’Inno degli Italiani , l’Inno che oggi reca il suo nome.    
Canto dell’INNO DI MAMELI   
GARIBALDI: E’ in  questa situazione di estremo caos , con i francesi che bombardano Villa Spada,  che  viene di nuovo Anita, assolutamente inaspettata.  E’ il 26 giugno 1849  ,  ha  viaggiato per mare fino a Livorno, proseguendo per Roma in carrozza, nonostante sia incinta di quattro mesi. Mi dice che ha deciso che  non mi avrebbe mai più lasciato , che aveva solo me , che io ero l’unica sua ragione di vita. Feci di tutto  per farle capire che doveva  mettersi in salvo, pensare ai nostri figli, che aveva lasciato a Nizza. Roma stava  per essere presa dai francesi, dovevamo fuggire . Ma lei non lo mi fa neppure finire di parlare che  eccola già vestita da uomo, si è tagliata  i capelli , quei capelli di vento e di mare , e si è vestita in uniforme da ufficiale dei legionari , pronta a partire , insieme a me , come ai bei tempi . Eccola, con l’abituale fierezza di amazzone ,  che cavalca al mio fianco , eccola gridare il suo disprezzo ai codardi che sbandano  sotto l’attacco dei francesi .

NARRATORE: : Sembra essere  tornata l’amazzone del Rio Grande , ma in  realtà Anita soffre terribilmente gli infiniti disagi di questa affannosa fuga. A San Marino viene  colpita da una forte febbre, deperisce, s’indebolisce rapidamente. Ha bisogno di un medico e di riposare . Ma Garibaldi rifiuta di arrendersi agli austriaci,  vuole raggiungere a tutti i costi Venezia, che ancora resiste   .Supplica Anita di rimanere in quella ospitale terra di rifugio.

GARIBALDI  Tornerò  a prenderti  quanto prima.

ANITA :  Tu vuoi lasciarmi. Io non ho che te, Josè.  Sono sola , in terra straniera, di cui a mala pena conosco la lingua, non ho  più nemmeno il conforto degli amici venuti  con noi  dall’Uruguay, che sono tutti morti, a cominciare da Aguilar . Te lo ricordi quel gigante indios  che ti portava in braccio quando venivi preso dai tuoi dolori ?

Garibaldi:  Ma dobbiamo fare della marce forzate. E tu stai male, Hai la febbre.

NARRATORE : I fuggiaschi proseguono la marcia attraverso sentieri poco battuti, qualcuno si ritira, altri si sperdono. Anita è consumata , divorata dalla febbre, soffre la sete, si ristora con un melone, frutto di stagione. Con Anita e Garibaldi c’era anche Leggero, il fedele prezioso indivisibile Maggiore Leggero, con un solo braccio e le dita mozze dell’altra mano , che l’aveva seguito fin da Montevideo . E gli rimarrà al fianco fino alla fine.

LEGGERO  a Cesenatico, c’imbarchiamo  su un bragozzo per raggiungere Venezia, seguito dagli altri fuggiaschi . Navighiamo  tutta la giornata , seguendo da lontano la costa. : Ma a Goro , a ottanta chilometri da Venezia, la flottiglia dei bragozzi viene avvistata da un brigantino austriaco , che spara due cannonate intimorendo i  pescatori . Che si arrendono. Ma noi facciamo in tempo a sbarcare . Il Generale prende Anita , tenendola nell’acqua , fino all’altezza del petto. Raggiungemmo la spiaggia dopo aver percorso  400 metri a guado

NARRATORE   Intanto molti dei fuggiaschi vengono catturati dagli austriaci. Tra questi Angelo Brunetti, capopopolo romano , detto Ciceruacchio  coi figli Luigi e Lorenzo rispettivamente di sedici e tredici anni. Saranno tutti fucilati, anche il ragazzo di  tredici anni, che lascia uno scritto

LORENZO: Se morissi impiccato sopra il colle, o madre mia,/io bene so chi sempre mi amerebbe, o madre mia! /Se morissi gettato in fondo al mare, o madre mia /io so bene chi sempre piangerebbe, o madre mia!/E se l’anima a me fosse dannata, so chi pregando, allor, mi salverebbe, o madre mia!

LEGGERO: Subito dopo verrà catturato e  fucilato , a Bologna , anche padre Ugo Bassi  il frate barnabita,  nostro cappellano , che era stato un grande ispiratore di idee liberali e progressiste .Era stato scambiato per lo stesso Garibaldi, che lo amava come un fratello e un maestro dello spirito, nonostante fosse ateo. Il frate non aveva mai impugnato un arma, aveva curato , come infermiere del corpo e dello spirito , tutti i feriti e i moribondi,  tutti, anche i nemici. Era un vero religioso che non avrebbe mai portato , né  usato armi,  e tuttavia lo fucilarono senza pietà. 

GARIBALDI : Fu il giorno del prodigio e del  crimine./quando lo uccisero nello splendore
della sua clemenza e della sua quiete./ Quando traboccava di desiderio / di redimere chi voleva il male/ e quando, anche se vincitore,  fu gentile.Ma essi lo uccisero nella sua gentilezza,/nella loro pazzia e nella loro cecità /e lo uccisero a tradimento ./ L’avevano scambiato per me/  Si sentono ora i singhiozzi dei forti/ e il drappo funebre si stende sulla terra./Ma il popolo nel suo pianto  /scopre la sua mano di ferro./Guardatevi dai pianti del popolo/se mette a nudo la sua mano di ferro./Hanno ucciso l’uomo buono , /l’uomo del perdono/L’uomo della vendetta prende il suo posto./Si sentono ora i singhiozzi dei forti….
LEGGERO: Durante la penosa marcia , Anita , che avevamo adagiata su un carro trainato da buoi, sembrava  ormai agli estremi.   Riusciamo  a trovare ,poi,   un biroccio, Anita viene adagiata su un materasso e dei cuscini. E’ mezzogiorno del 4 agosto 1849 . Anita è ormai in agonia. 

NARRATORE  A sera arrivano  alle Mandriole,  poco distante da Ravenna , alla fattoria Ravaglia, li attende un medico.  In quattro prendono il materasso dagli angoli, trasportano Anita nella camera da letto dei Ravaglia. Ma non c’è più nulla da fare.

GARIBALDI:“Nel posare la mia donna in letto, scoprii sul suo volto la fisionomia della morte . Le presi il polso…più non batteva! Avevo davanti a me la madre dei miei figli ch’io tanto amavo ! Cadavere!”

LEGGERO  E’ una morte misera, quella di Anita, come misera è stata la sua vita. Muore , a soli ventotto anni , su un letto altrui, vestita di panni regalati per carità, muore lontano dalla sua patria e dalla famiglia. Ha lasciato tutto e tutti , anche i figli, (li ha raccomandandoti al padre negli ultimi momenti di lucidità) per stare fino alla fine vicino al suo uomo , sua sola ragione di vita , e l’ unico conforto è stato quello di averlo avuto  accanto nei momenti estremi.

ANITA: …Addio , Josè, addio, unico amore,/addio per un momento /Io tornerò, sai, amore,/anche da distante cento/ e cento e cento/  miglia/ io tornerò…

NARRATORE  Gli fanno premura, gli austriaci lo cercano, deve fuggire, altrimenti sarà troppo tardi…Così lo ricorda il padrone della  fattoria, sig. Ravaglia:

RAVAGLIA : “Poveraccio  , era già uscito, quanto rientra , va verso la fredda salma , vi si getta sopra con tutta l’anima, e si scioglie nuovamente in amarissimo pianto. Le toglie la sopravveste , i sandali, un fazzoletto e un anello e me li porge. No, teneteli voi, generale, è giusto così, diciamo mio fratello ed  io. E poi gli diciamo che non può aspettare oltre.  Deve andare . E’ sfinito. Mi   chiede un tozzo di pane. E mi dice di dare sepoltura cristiana alla salma , che sia portata a Ravenna e le si facciano solenni funerali. Si è scordato che è massone , ed ateo, e che non ha in tasca neppure una moneta per pagare il biroccio che ha portato  Anita….La sera stessa di quel giorno, 4 agosto 1849, avvolgemmo la salma in un lenzuolo , scavammo di  fretta una fossa poco profonda in un terreno incolto , a circa un chilometro dalla fattoria , e vi deponemmo il cadavere , coprendolo con un po’ di terra.”
NARRATORE  E Garibaldi  uscendo ricordò le parole di una canzone  di tanto tempo fa:   GARIBALDI:Bella che stai lontano/ Tu sempre vieni dal mare
hai la voce  fonda e roca del mare /  e gli occhi blu segreti 
Bella che stai lontano/ Tu sempre vieni dal mare
Ogni volta rivivi sull’acque /  come una cosa antica
                    con il cuore selvaggio/  che sa  d’ostrica e  serra.
   Bella che stai lontano / Tu sempre vieni dal mare

NARRATORE  Ora Garibaldi  piange la sua amazzone , la fanciulla dinamitarda, ed è un pianto senza fine. Anita non si sveglierà più, non aprirà più gli occhi , non si aggirerà più come un sole insonne nella notte nera e bianca  in cerca del suo Josè; ora la memoria brucia, è fatta di lacrime salate, è nube, pioggia, neve ardente, ormai i fiumi del suo corpo  sono essiccati, i paesaggi nei suoi occhi dissolti, l’acqua e l’aria dei suoi pensieri dissolti. Tutte le cose d’intorno soffrono , anche l’erba e gli insetti ostinati si fermano.  E già s’innalzano muri di pietra nella memoria.

(TOMBA DI ANITA- SI RIPETE L’INNO DI MAMELI NELLA FORMA BREVE)

FINE




Note:
a)      Due leggii laterali per i lettori , e uno spazio al centro per la proiezione di immagini
b)       immagini da proiettare che si riferiscano ai personaggi e alle azioni di cui si narra, da far
cercare dagli stessi allievi..
c)      Sottofondi musicali nella declamazione della poesie.



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