lunedì 5 dicembre 2011

Carmelo Scorrano il pescatore... e l'uddiu .

"L'UDDIU" DI CARMELO SCORRANO


DI AUGUSTO BENEMEGLIO

L' "uddiu" è una pietra liscia che si trova sulla battigia del mare di Gallipoli , è una pietra che - come gli ossi di Montale - riesce a trovare il suo modo di vivere , di essere qualcosa , nel contesto di un universo crudele e quasi del tutto misterioso. Su quella pietra liscia, il poeta pescatore Carmelo Scorrano scrive la propria storia , storia di serrature e di silenzi , di notti e di preghiere , storia che fa apparire una mappa siderale anche l'inginocchiamento della madre sui banchi della cattedrale di Sant'agata , storia di spazi immensi e racchiusi in un niente , tra qui e l'orlo , storia dal cominciamento rettilineo, quando le spine dorsali eranol tutte distese come pietre lisce., appunto. 
Carmelo non ha studiato , è un autodidatta, uno che sta da anni a dettar legge all'Associazione Marinai di Gallipoli, tra una birra e una affilata di cortello , è agile di mano, sa far tutto , il muratore, il pittore, il piastrellatore , l'architetto , anche. E poi sa scrivere, vuole scrivere, quello è il suo destino , la sua possibile gloria futura , lo sa, lo sente, lo vuole . Se c'è qiualcosa che chiede ancora all'esistenza nella sua ingombra anima piena di ricordi bruti e carezze froti, non roba da chincaglierie, se c'è qualcosa che chiede con forza, con rabbia, con voce tempestata da un cranio pieno di ossi dell'interiore di dolori e discordie, è quella, attraversare quel muro di diffedenza che gli è dato dalla schiera di laureati, professori sulle fosse , o sui fili spinati, sui gusci di noce , e diventare qualcuno, uno scrittore, un poeta, uno che si fa spazio e luce tra i corpi e le menti della gente. Questo è il feroce Carmelo Scorrano che è d'accordo con Calvino sul fatto che il vero eroe del libro sia il lettore , ma  a lui  “piace di più scrivere ,scrivere ancora tante pagine, creando un orizzonte a cui non ho mai pensato”.
E con questo suo ultimo libro-strenna ntalizia  “L’Uddiu, il racconto dell’uomo dal cuore di pietra, Edizioni…..2011,
ribadisce la sua “vocazione” alla scrittura, a conoscersi mediante e attraverso la scrittura ( “So chi sono solo dopo aver scritto l’opera”, diceva  Piovene). E lo fa – come di consueto – con una stile duro, aggressivo, incisivo, che non lascia scampo , spesso meticciato, metà vernacolo gallipolino  e metà lingua italiana.
Che scrive?
Le storie di sempre, che stanno dentro di lui, nella sua infanzia, nella sua coscienza , nella sua “città bella”e nel suo mare greco.  “ Il mare è doloroso amore e mai domato spirito d’avventura. Esso è padre padrone che accetta e respinge” (vds.pag…). Non è una storia, un racconto, ma tante storie, un groviglio di racconti che si distendono, si intersecano, diventano labirinto dell’io, labirinto del cuore.E poi digressioni, considerazioni, incontri con personaggi di ogni tempo, dai più famosi ai misconosciuti , con cui si sofferma a discorrere sul senso del tempo e della storia , l’amore e la morte, il senso intimo della vita.Dalle suore di San Luigi a L’incontro con Maria, da In morte della sorella Aida a “L’arrivo dei Garibaldini, da La fermata del treno nel porto a Incontri sulla spiaggia da La fede di Maria a “Mundricule”

Tutto il tessuto narrativo  del libro non ha un vero inizio e una fine, è un continuo scorrere  ,  un riallacciarsi a qualcosa che c’era già stato e incontrare qualcosa che avverrà , il tutto s’apre in una sorta di quinta teatrale  a cielo aperto , che tu puoi sfogliare  quasi a piacere , perché dovunque ti trovi ti apparirà sempre una sua poesia dialettale di forte intensità ed espressività ( alcune  già edite, altre no), o una sua metafora, un racconto  di una Gallipoli  ormai scomparsa , che sa ancora di  vita  “corale”, del vivere porta a porta, fiato a fiato, respiro a respiro, come nella Gallipoli storica, dove le case si guardano in faccia da vicino, oppure vivere su una barca, in mare...o fare sogni con le mani in tasca lungo il porto , dove stanno le navi morte , non più con gli occhi di ragazza di un tempo.

Roma, 5 dicembre 2011                                                                   Augusto Benemeglio

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