lunedì 9 aprile 2012

Federico II e Giorgio da Gallipoli

Federico II  e Giorgio da Gallipoli                                                                      Di Augusto Benemeglio
Sappiamo che Federico II aveva dei fortissimi legami con la Puglia ( era nato a Jesi , ma si considerava “puer Apulia” , figlio di questa terra ). Ma -  mi è stato chiesto da un lettore di Espresso Sud -  quali sono stati i legami , i rapporti , le coincidenze  tra l’imperatore e Gallipoli? 
Al riguardo , Bartolomeo Ravenna , nelle sue “ Memorie Istoriche” , ci dice che
lo “Splendor Mundi”  fu  riconoscente alla “città bella” per la sua fedeltà e dedizione, ed è per questo che  spedì , da Palermo , un diploma con cui riconosceva ai suoi abitanti:  1) che non fossero asportati per verun delitto, menochè quelli di lesa maestà; 2) che potessero comporre i litigj ; 3) Che rimanesse facoltata di eleggersi il proprio Giudice locale ; 4 ) che non si inferissero dei danni al territorio; 5) Che restasse abilitata la cura del lino nel ristagno detto li Foggi , cosa quest'ultima allora di notevole importanza , perché la semina del lino nel territorio era una delle maggiori fonti di guadagno. Ma il fatto era accaduto nel 1200 e a quel tempo il grande Federico era un  bambino di sei anni,che viveva più in strada che a corte , fraternizzando con la Palermo più umile e vivendo di esperienze disparate . Non crediamo , insomma, che , per quanto re di Sicilia da già tre anni , fosse “cosciente” di questi privilegi concessi a Gallipoli. 
Un ‘altra occasione  d’incontro  derivò  dalla sua mania di costruire o rifare i castelli della Puglia, che aveva trasformato in una sorta di  cantiere permanente , un vero e proprio boom edilizio. Una smania irrefrenabile nell'erigere fortilizi, castelli, casini di caccia, rocche, palazzi. Quasi mai  chiese o altri luoghi di culto religioso, anzi in palese contrapposizione ad essi, ad eccezione della cattedrale di Altamura, l'unica costruzione sacra voluta dall'Imperatore.  Ma Ettore Vernole , nel suo bel libro , “ Il Castello di Gallipoli” , praticamente non fa cenno di questi interventi  dell’imperatore . Insomma considerare federiciano il Castello di Gallipoli sarebbe una grossa forzatura. 
C’è infine – e stavolta il legame è forte, importante , - un uomo che unisce Federico a Gallipoli e si tratta di Giorgio di Gallipoli , il chartophilax , dignitario ecclesiastico bizantino , il rappresentante più importante della scuola poetica greca nel Salento bizantino.
Federico lo conobbe quando venne per la prima volta a Otranto , nel 1228 , e conobbe il circolo di Nettario , di Giovanni Grasso e , appunto , di Giorgio di Gallipoli, che gli fu a fianco unitamente   al notaio anche al momento del testamento  e del trapasso , a Castelfiorentino ,  il 13 dicembre 1250.
Per Federico il  rapporto con questi grandi uomini di cultura  salentini , maestri di greco e di latino , ma anche poeti insigni ,  fu immediato  , spontaneo , e scavò in profondità . Fu un fatto quasi naturale per una personalità come Federico, uno dei più notevoli ingegni di ogni razza e  nazione , che parlava e scriveva correntemente l’italiano, il tedesco, il francese, il latino, il greco e l’arabo, con cognizioni di diritto filosofia  medicina e storia naturale , che fondò a Napoli un’università che sarà presto alla pari con quella di Bologna che chiama a Palermo dotti di ogni paese , che costruì  – splendido diadema - un gioiello come Castel del Monte , che ebbe un senso ecumenico ante litteram ( vanno bene tutte le religioni) , - avere un afflato  con quella gente di cultura greca e quella terra d’Otranto , dove c’era , nel monastero di Casole , la più importante biblioteca  di testi greci . Lì avrebbe trovato conferma alle sue idee e risposte alle sue curiosità, così come nell'antiromanità" ghibellina di un Giovanni Grasso (grammatico imperiale), nell'irredentismo religioso di Nettario e di Giorgio di Gallipoli avrebbe trovato conferma alle sue scelte, a certe sue preferenze, alle sue prospettive politiche.
Giorgio di Gallipoli compose per lui  un poema ecomiastico, in cui lo fa apparire come una sorta di Zeus tonante e fulminante dell’Olimpo greco ( un frammento del suo poema  fu stampato nel “Catal. Cod. Graec.” ,Firenze , 1764 vol. 1 , pag,. 26) opera che fu largamente apprezzata dall’imperatore che quando si trovava nella terra d’Otranto  - e vi si trovò in diverse altre occasioni - non mancava  di far convocare Giorgio il Bizantino di Gallipoli, gran maestro di greco e gran poeta, che ebbe modo di testimoniare  dell’incredibile energia , una  forza vitale ,  taumaturgica, che emanava l’imperatore svevo. Del resto la virtù sovrumana dello Staufen  era stata celebrata da molti maestri di penna in greco e in latino :Tua  vis , Caesar , non est in terminis ,/ Nam ( ea) virtutem trascendit hominis/Ut it dicam: cuiusdam numinis / Instar…
C’è  una curiosa testimonianza di due secoli dopo la sua morte: la scoperta di una carpa trovata in uno stagno vicino a Heilbronn , in Germania , nelle cui branchie , sotto la pelle , era fissato un anello di rame recante un’iscreizione greca , prova certa che l’imperatore in persona aveva deposto quel pesce nello stagno , e che suscitò grande stupore e il desiderio di di studiare la lingua greca da parte dei tedeschi.
Con la morte dello “ Splendore del Mondo”, il 13 dicembre 1250  - era ridotto ormai ad un vecchio stanco , roso e tormentato da un cancro allo stomaco , nonostante avesse solo 56 anni – per la terre di Sicilia e di Puglia si spense la luce . Da  quel momento in poi , infatti , cadranno nel lungo tunnel delle dominazioni straniere e nel dimenticatoio della storia.

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