sabato 7 aprile 2012

EUGENIO GIUSTIZIERI SE NE E' ANDATO...

            EUGENIO GIUSTIZIERI ARTISTA GENTILUOMO
                                    DI AUGUSTO BENEMEGLIO
Eugenio Giustizieri se ne è andato  alla fine d’Aprile del 2011 ( aprile è il mese più crudele) , alla fine di un giorno qualunque (  Se il giorno è finito /non lasciare sulla riva /le tempeste d’ombre”). Si è spento , dopo una malattia breve e devastante , quietamente, serenamente, senza volere drappi pendenti , facce di circostanza , dolori scaldati , ansie d’identità fraternizzate per un’ora in cravatta nera sul cadavere nella bara ;  se ne è andato come un uomo che amava  con l’irruenze  e le scosse di una chioma troppo ardita  che ramifica la linfa  e rinverdisce speranze , se ne è andato con intatte le sue radici salentine , vecchio ulivo d’argento  col cuore tutto racchiuso nella sua famiglia , la moglie , i figli, il suo ceppo granitico di affetti veri , autentici, insostituibili. Anche se amava moltissimo l’arte, la musica, la poesia, ed era un artista vero , non per gioco o per evasione, ma per passione, per vocazione. Sentite che dice a proposito della poesia : “Ti sentirò fuoco /fino al sole /e per gioco /consumerò la vita già domani”,
E questa morte , che è venuta prematura , ancora nel pieno della sua maturità
( aveva 53 anni), lui la presentiva, la preavvertiva, quasi la corteggiava:  “…quando viene il sonno /nasce l’anima, si tende nell’infinito cielo /tra deboli voci e deboli luci di stelle”… alle mie ceneri, /quieta una luce…nelle maree scompare…. Credo che una sera /dinanzi all’onda di gioielli /fra le tue scabre sere /mi inoltrerò /a riscoprire i lucidi voli / nell’intimo e nudo / tempo fuggito.
Da quando mi sono trasferito a Roma, i nostri incontri si erano  diradati , anche se c’eravamo visti da Mimmo Anteri , in quella sua casa-galleria d’arte , su quel suo terrazzo-palcoscenico , a parlare ovviamente di pittura, di letteratura, d’anima.  Ma il vecchio caro Eugenio,  architetto, pittore, scultore, poeta, critico d’arte raffinato , salentino doc, ce l’avevo sempre nel cuore ,e lui lo sapeva , ed è per questo che  m’inviava i suoi “graffiti & rilievi”, i suoi

collages ricchi di simboli , di  suonatori di flauto, di un  dio tutto sorrisi, del museo sottomarino e dello tsumani di crudeltà  che siamo noi stessi  quando l’egoismo ci sommerge ( l’autore deve scomparire,  il nostro nome? È solo febbre) e  purtroppo capita sovente.  E tuttavia  siamo noi lo spirito latino, e vogliamo il nostro immenso.  Tutte frasi “ natural chic”  di un poeta , un profeta gentiluomo, qual è stato Eugenio , sempre in volo in cerca di speranza, nonostante tutto l’immondo e l’obbrobrio che ci sta intorno e ci sovrasta.  Ho messo in corsivo le sue parole, i suoi versi , le sue amare profezie come questa:  “Anche se fossimo capaci/ di librarci in volo,/ senza più peso, nessuno di noi/ s’alzerebbe dalla voragine tremenda/ che ci inchioda/ ad  un legno d’ulivo scorticato ( da “Scritti nell’aria”)
Mi ricorda un po’  William Blake, il poeta, pittore e incisore inglese  che già due secoli fa diceva  che  la gente, la società era malata di Egoismo ( Self-hood),  ovvero il grado più basso della condizione umana: l’inferno a cui puo’ ridurci la ragione indifferente che calcola e che separa gli uomini dagli altri uomini. Il suo era un appello a uscire dal labirinto di inganni in cui siamo imprigionati, in nome di ciò che siamo stati e ancora potremmo essere, ossia simili ad angeli, esseri divini, vicini a Dio. Per tornare nel “paradiso perduto”  dobbiamo spogliarci di tutto, dobbiamo eliminare qualsiasi contesto o limite che impedisce alla mente umana di raggiungere il divino.


Ma ovviamente , da buon mediterraneo, Eugenio non era  così magmatico e solforoso. Tornano in lui  talvolta gli echi dei banchi di scuola , echi pascoliani,  quasimodiani, ungarettiani, con qualche spruzzata nerudiana . ” Il cuore / mi resta e tace/ mutevole al vento”…Abbiamo antica luce…L’estate / già s’evapora / e sogna…Mi estenuo / in lampi d’ombra/ come sera… ( da “Ombra e Nubi”)  Ricorderai d’avermi atteso/ e avrai passato il mare/ come quando nell’oscurità/ conoscevi la mia tristezza… Mi sei venuta a trovare …/ come la notte che consola/la vergogna, i rimorsi, i dolori/ e mi hai nascosto tra la gente/ che sogna e soffre/ Il tuo fascino/ dove la luce esplode/ non ha bisogno di parole,/ chiaro mare profondo/ accarezza l’anima in segreto/ e di nuovo il mio destino”( da “Sette poesie d’amore”)
Caro Eugenio, ho affastellato i tuoi “preziosi” mini-quaderni  autarchici , composti  da te, con le tue mani che sanno  ancora accarezzare la vita , le persone , i profili delle cose; che sanno stringere e lasciare la  cenere e l’oro , l’ombra grigia e la luce. E vi ho trovato versi bellissimi ( “Nell’orizzonte prima del cielo/ il nostro sguardo si perde/ adesso nel chiaroscuro delle carezze/ ad un passo dal cuore”), versi che consolano e rischiarano l’anima, anche quando sono tristi da morire :  Che ne farò dei giorni che restano /colori evanescenti di colori fluttuanti, /di tutte le ore e della rabbia  / che lascerò su queste strade di polvere?

“Tu renderai grazie che la notte è consumata, e sarà tutto... Il resto è niente”, - diceva  Ezra Pound , forse il più internazionale, inevitabile, imbarazzante  poeta del novecento ( fu sostenitore di Mussolini e del fascismo ,  processato e dichiarato traditore della patria Usa ).  Ma non è vero, non è così, dici tu in queste tue  riflessioni poetiche.  C’è  qualcosa. C’è l’amore, “ tra le fiamme

che bruciano il silenzio”: c’è  l’amore “nascosto tra le lacrime” ,e  l’amore è “ senza limite”. Quell’amore non potrà mai finire. E sempre verrà da te.  Come quand’eri bambino ,  con lieve cuore, con lievi mani, e scandirà il tempo e i ritmi della vita pura come una musica leggera , tutta oblio e sollecitudine , sorriso e pietà. Il tempo in cui i luoghi geometrici della nostra vita erano i riti e le liturgie , le antiche e semplici cerimonie del mondo contadino , quell’eleganza di viva fiamma  dei camini di campagna , quel dialogare serrato rubato  alle stelle , rapito  tra le potenze dell’anima e l’invisibile, quei punti di fuga verso il regno della bellezza e del soprannaturale , il regno degli specchi raddrizzati e dei ceppi caduti, dove prendere e lasciare sono una sola cosa. Estasi di vita la tua vita.
Ecco , caro Eugenio, tutto ciò che mi suggerisce rileggere i tuoi “quaderni” di versi dove non c’è mai caduta di stile , e non é l’incertezza del domani( finchè dura , il presente è presente), né la violenza che può far crollare la campata ( c’è sempre stata, ad ogni epoca, e sempre ci sarà) ,  ma i segni  più scoperti, sgangherati e ormai  incontrollati del kitsch, della volgarità, della ineducazione, della perdita completa di ogni forma, l’incrinatura che mina la crosta , inquina la falda  della nostra dignità morale  e rispettabilità de vivere, su cui poggia , nel rispetto dei ruoli, ogni assetto, che ti fa sentire oltrepassato, superato, appartenente ad un mondo che non esiste più. 
Con Mimmo Anteri e Nicola Apollonio abbiamo parlato  anche della tua attività di raro, competente, critico d’arte , spesso esplicata sulle colonne di Espresso Sud l’unica rivista politica – mi dicevi - che dà tanto spazio alla cultura , abbiamo parlato  della tua scultura , della tua pittura così nuova , così diversa, così “tua”, fatta di collages  che sono schegge, vie luminose ,  di incontri ravvicinati , per chi non soffre d’attrazione del vuoto, per chi sa vedere gli occhi degli oceani spalancati nell’orbita vuota dello spazio , per chi ama il colore come  ritmo espansione tensione di vita , per chi sa incrociare, di notte, rientrando da casa, i piccoli fari furtivi degli occhi di un gatto.  Che dirti ancora che non sappia di speranza, di flauto magico e tappeto volante , queste in fondo  le cose che ci siamo sempre raccontati , queste le scusanti della vita?.  L’importante non è vivere , - diceva Pasternak – perché nessuno può sperare di vivere indefinitamente  e , comunque , vivrà sempre troppo poco L’importante è non perdere l’appuntamento con il  proprio destino. “Fammi noto, o Signore, il mio fine…Fammi nota, o Signore, la via che ho da percorrere…Illumina su di noi il tuo volto e abbi misericordia di noi, affinché si conosca sopra la terra la tua via…”  Ma tu dici  ( riesco a sentire la tua voce che mi parla da non so dove  )  ancora con forza : “l’importante è amare  e fino in fondo.E’ stata così dolce la mia parte in questo breve lembo di suolo terreno! Vorrei che conservaste di me memoria lieve e che la mia sorte in qualunque  altro mondo che mi toccherà navigare  fosse un  prezioso dono per tutti quello che ho amato e mi hanno amato”.

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