domenica 1 gennaio 2012

L'amore dimenticato - cap. II

L’amore dimenticato.


Cap. II 

Avevo conosciuto Ronen  alla pizzeria “L’Egiziana”  che sta a duecento passi da casa mia, in un’ora ideale , verso le 11 e mezzo del mattino, in cui c’è tempo – in quei locali -  per fare  diario perpetuo , aperto, di una vita-memoria , che si può narrare o scrivere in mille modi , in mille lingue  ,in pochissimi minuti . Ci sedemmo , l’uno di fronte all’altro , mentre era accesa la televisione che trasmetteva  un programma romeno , e mi raccontò tutto . Era nato in  Romania ,da famiglia di origine ebraica ,  e da piccolissimo l’avevano portato in Palestina  e poi in Egitto , nel  villaggio di Ishim, a oriente del Nilo, poi aveva attraversato il grande fiume e si era recato sul monte Samah, nelle vicinanze dell’antichissimo tempio funerario del faraone Ramsete III.  Qui aveva fatto a lungo una vita da anacoreta, con penitenze austere, a imitazione insomma del Giovanni Battista (si cibava anche lui di cavallette e miele selvatico); poi, nella solitudine della necropoli di Bishaw , non molto  lontano dal tempio funerario di un altro re egiziano, Hateshepsout, trovò un qualcosa di simile ad una  biblioteca alessandrina , con migliaia di volumi antichi scritti in greco, aramaico, ebraico, latino;  e cominciò a leggere in modo assiduo, forsennato, ossessivo. Scoprì che niente gli dava più gioia di quell’attività , che la vita , il senso della vita, probabilmente stava lì dentro, in quei libri antichi , bastava cercarlo con determinazione, con abnegazione , con fede e l’avrebbe sicuramente trovato . Insomma non fece nient’altro che leggere ,leggere, rileggere ,  e un po’ anche  pregare. Ma non sapeva più “ Chi” doveva pregare . Non era riuscito a trovare il nome di dio in tutti i libri che aveva letto.  Col tempo aveva imparato a memorizzare interi  brani dei volumi , infine la sua mente registrò – quasi senza accorgersene - tutti i testi , nella loro interezza , che aveva letto , riga per riga , lettera per lettera, virgola per virgola , più di trecento  libri, ma erano pochi quelli su cui ogni giorno meditava , anzi , a dire il vero, uno solo. Il Vangelo di Matteo ..S’incantava,  ripetendo a voce alta ,  i versetti delle “Beatitudini”, che si sforzava di applicare come programma di vita.  Attorno a lui si riunirono altri  discepoli , e gli abitanti dei villaggi vicini cominciarono a spargere la voce che Ronen era  un santo , e così iniziò la lunga processione  degli ammalati , degli indemoniati, ciechi, muti, storpi, handicappati d’ogni genere che gli portavano dalla  mattina alla  sera , affinchè  li guarisse. E lui a ripetere , Ma guardate che io non sono un santo , anzi sono un peccatore, il peggiore dei peccatori , peggio di me nun ci sta nisciuno , diceva Ronen in lingua araba. Macchè.  Ma no, tu sei il nuovo Maometto , il nuovo Cristo , il nuovo  Buddha , il nuovo Maradona , il nuovo Pelè, dicevano  un po’ tutti . E capitava anche che – qualche volta – ci scappasse pure il miracolo , anche se lui non aveva chiesto niente.  
Un giorno venne una donna bianca, veniva dalla Georgia , la regione caucasica nota per aver dato i natali a Stalin e al calciatore ex Milan Kaka Kaladze .
Vengo da lontano , Ronen , perché so che tu puoi tutto, se vuoi.
Che vuoi che ti faccia?
Guariscimi.
La donna non aveva apparentemente nessuna malattia, nessun difetto fisico, nessuna menomazione.
Da che cosa?
Dalla passione. Dalla lussuria. Sono una ninfomane.
C’è un solo modo per guarirti. Digiuno. E  preghiera.
E poi…
Poi?
Mortificazione della carne e dello spirito.
Che devo fare?
Ecco, battiti il corpo nudo con questo nervo di bue.
E la donna, che si chiamava  Veronica , non si fece pregare. Prese il frustino , si stracciò le veste e a corpo nudo – era bellissima ! –cominciò a fustigarsi , a flagellarsi a sangue .E a gemere…  
E Ronen , infervorato, diceva: Ecco il disfarsi dei tuoi baci. Ecco l’annullamento dei limiti e dei confini  dell’eros /Ecco il bruciare dentro le fiamme, / ecco la tua distesa di arazzi celesti /perforata dalle ali dei demoni / redenta dai canti dei martiri e dei santi ,/ dai cervi e da colombi,/ dai suoni più reali della realtà, / ecco la tua  infinita coscienza del nulla che eri / che sei/ del tutto che t’attende
Ma Ronen era molto eccitato . Le si avvicinò , le tolse lo stanco  frustino insanguinato,
cominciò a passare la sua saliva sulle piaghe, ad una ad una, come un lenimento miracoloso,
infine… l’abbracciò .
O mie braccia dal nome indicibile , dove il tuo sangue di giacinto? Dove la pupilla  azzurra , le palpebre e i veli .
La rivestì dei suoi abiti , che erano leggeri come la brezza  che ora spirava lieve. La sollevò sulle sue braccia e la condusse in una grotta.
O verso dove,verso quale regno/ verso quale libertà ci portate , o antichi dei ? Dopo sedici anni di astinenza , Ronen  tornò a fare  l’amore con una donna , fu nella grotta di  Bishaw, che da allora fu sconsacrata.
In capo a un paio di mesi, s’imbarcarono tutti e due per i famosi viaggi della speranza, arrivarono a Otranto,  nel Salento , alla fine degli anni ’90 , e la loro  imbarcazione si scontrò con una Fregata della Marina Militare. Per fortuna ci furono solo pochi morti. E loro due , illesi, in seguito , poterono eludere la sorveglianza nei centri di raccolta, e risalire verso nord. Fecero mille lavori, mille mestieri, mille notte all’addiaccio, mille preghiere , mille inchini , subirono mille e più umiliazioni, ma  rimasero sempre insieme, fino a quando riuscirono ad aprire la pizzeria l’Egiziana, in cui la padrona incontrastata era lei, Veronica, una georgiana di razza bianchissima, anzi caucasica. E lui , l’egiziano , il suo schiavo fedele.

Nessun commento:

Posta un commento