sabato 14 gennaio 2012

Vittorini e gli uomini no



1. Enne due il mio eroe

Caro Paride , alla tua età Vittorini era - per me - un mito ed  Enne 2 fu il mio eroe , perchè anche lui era pieno di sogni dell'infanzia , perchè era pieno d'avvenire nonostante la guerra , ed anche pieno di dubbi e di perchè, come me. Perchè era innamorato ,ma anche infelice , perchè aveva sete e fame di giustizia e libertà, ma era anche pietoso , perchè era uomo sì, cioè "umano" , ma anche pieno di dolore e orrore per il non uomo , per la degradazione dell'uomo-no , il disumano, l'uomo che uccide se stesso , che si annulla , e lottò anche per il riscatto di quest'altro uomo-no che è sempre l'uomo .
Enne due è un cristiano aconfessionale che sta vicino ai deboli , ai bisognosi , agli sconfitti , ai "drop out" , un uomo che si nasconde e rischia la sua vita virilmente per una causa , ma si chiede anche il perchè delle azioni , uno che fa la guerra , spara e uccide , ma senza odiare . Riesce alla fine a sopravvivere ,a vincere ed è magnanimo , generoso , piange sull'uomo contro l'uomo .
Allora rappresentava forse tutto ciò quello che avrei voluto essere , il mio eroe positivo , il mio ideale, ed era anche un modello di scrittura per uno che cominciava a fare le prime timide prove : in lui ritrovavo lo stile degli americani che allora predilegevo ( Steinbeck, Caldwell, Hemingway , Dos Passos , Saroyan , ecc. ). Mi piaceva la sua scrittura agile, nervosa, essenziale , con le iterazioni , i momenti di lirismo ...

2. Uomini e topi

Vittorini  e Pavese erano allora gli scrittori miei preferiti , ma più il primo che il secondo, per quel suo essere portatore di una prosa lirica . E non mi ponevo , come faccio ora , ( anche per difetto di esperienza ) in un atteggiamento di critica spaccando magari il capello in quattro ...senza più provare il gusto autentico della lettura ....No. Allora mi lasciavo inondare , trasportare dalla lettura ,come sulle ali della fantasia ,  provavo un ebrezza di leggerezza , di visionarietà molteplice , vivevo dentro le pagine dei libri e ne rimanevo incantato . Non era infrequente che dimenticassi la cena per la lettura...Capitò ad esempio per "Uomini e Topi" ,  ad esempio . Ma ero capacissimo di leggere un romanzo al giorno , se erano inferiori alle duecento pagine  .  Poi man mano ho perduto quel gusto , quella freschezza, quell'incanto e mi son messo a evidenziare , a rimarcare , a sottolineare , a vedere che ne pensava quel critico e quell'altro , a fare il confronto con l'altro autore ...E insomma sono diventato un pessimo lettore , pur continuando a farlo per ...esprimere le mie considerazioni  pubblicate sui giornali e sulle riviste specializzate , sui blog, sui forum , e anche  perchè forse non so fare altro ...
Per cui mi è stato ( e mi è ) molto difficile dover ammettere che Vittorini non era quel grande , magnifico  scrittore  che credevo che fosse . Ti confesso che  ho provato una sorta di dolore quando rileggendo le prime pagine di "Uomini e no" non ho sentito più dentro di me l'emozione di un tempo. Anzi, mi è parso che quel reiterare sull'inverno mite , all'inizio , e altre cose consimili, sapessero un po' di copione , di sceneggiatura per un film : sapessero , insomma, un po' d'artificio , quasi di imitazione .... E anche i contenuti del romanzo ( che ovviamente tuttora persistono come testimonianza della resistenza milanese , forse la prima in letteratura ) li ho improvvisamente visti troppo ancorati all'ideologia, alla agiografia.

3. Era un grandissimo operatore culturale 

Forse  Elio  Vittorini  è stato solo un  grandissimo operatore culturale a cui dobbiamo tutti uno scatto della nostra letteratura , uno svecchiamento dal tritume , dal gesso e dalla cera , e anche straordinario rabdomante , scopritore di numerosi scrittori di talento ( anche se si rifiutò di far pubblicare il  Gattopardo del suo conterraneo Tomasi di Lampedusa, ma questo ci può stare, così come la Ginzburg che bocciò "Se questo è un uomo" di Primo Levi ) . Vittorini  non era un vero scrittore : avrebbe potuto  essere  un rivoluzionario e un poeta , uno di quei poeti che scrivono in prosa come se fosse poesia e che quindi fanno un doppio errore ( anche Borges ha scritto in prosa facendo poesia , ma aveva ben altra pregnanza e profondità culturale): non fanno sufficientemente sedimentare i materiali combustibili ( ricordi, emozioni, fatti di cronaca , politica, storia , banalità , bestemmie e  tutto ciò che ci può essere di impoetico nella vita ) per poi filtrarlo e fare la necessaria operazione di sintesi e prosciugamento che occorre per la poesia , dove la parola viene per così dire recuperata nella sua antica magìa e ogni immagine deve essere icastica. E come scrittore non ebbe sufficiente robustezza , con quella sua scrittura che sembra fatta apposta per la narrazione a caldo , in tempo reale , ma che poi finisce lì , al fatto contingente , perchè non ha il taglio e il respiro adeguato per i lunghi percorsi.
«Rivoluzionario è lo scrittore che riesce a porre attraverso la sua opera esigenze rivoluzionarie diverse da quelle che la politica pone; esigenze interne, segrete, recondite dell'uomo ch'egli soltanto sa scorgere nell'uomo…». Scrisse Vittorini, ma lui in questo senso non fu rivoluzionario, nè profetico , come di solito sa essere in qualche modo un artista. Proprio perchè il suo assunto iniziale era sbagliato: l'arte non serve all'uomo per migliorare la realtà. .Il compito dell’artista non è quello di calarsi nella realtà ( quello se mai avviene automaticamente perchè ogni artista è figlio del suo tempo ) e nell’impegno politico . Nè l'artista è deve essere necessariamente l’uomo nobile , impegnato , senza compromessi , con coraggio morale e spirito di sacrificio. E non è vero neppure che la poesia protegga l’uomo dalle sofferenze o le impedisca , o le scongiuri , o aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù e a vincere il bisogno. Nulla di tutto questo che lui credeva era possibile . I fatti dimostreranno che la cultura , per risolvere i suoi problemi , aveva bisogno di ben altro : ricerche storiche, economiche e sociologiche con cui nutrire una nuova letteratura , mentre Vittorini proponeva una soluzione poetica .

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Profilo di Vittorini scritto nel 1987 
1) Elio Vittorini
Nasce a Siracusa il 23 luglio 1908, nel segno del leone. E per tutta la vita , cui pone fine una lunga e tormentata malattia  la sera del 12 febbraio 1966, alle ore 22,30, a Milano, nel suo appartamentino di via…, Elio si dimostrerà un vero leone. 
Entusiasta, generoso , inquieto, orgoglioso , passionale, egocentrico , tenero e furioso. Disperato, anche. Ma con sempre vivissimo il sentimento della lotta , del coraggio , dell’onore e dell’amor proprio.
2)Il geometra Quasimodo
Costretto ad emigrare giovanissimo – come molti meridionali  del suo tempo e di ogni tempo - , per vivere si adatta a fare l’operaio , poi il contabile  e l’assistente tecnico in un’impresa  di costruzioni stradali della Venezia Giulia . Forse è in quest’epoca  ( 1929-30) che conosce il geometra Salvatore Quasimodo , a sua volta alle prese con le mappe catastali e il tacheometro presso l’Ufficio del Genio Civile, due figli della Trinacria che s’incontrano nelle brume del nord , dove Vittorini vivrà il resto della sua tormentata e non lunghissima esistenza. 
3) Le città del mondo.
Ma anche quando diventerà personalità letteraria di prima grandezza , grazie anche al fatto di vivere nella capitale morale d’Italia , Milano , dove si concentrano tutte le forze vive e vitali del paese , il sanguigno Helios  ( come lo chiamavano scherzosamente gli amici , facendo riferimento al dio del sole ), non dimenticherò mai la sua terra. Vi rimarrà costantemente legato con la memoria . E dalle memorie delle sue prime peregrinazioni dell’infanzia e dell’adolescenza nei paesi del sud della Sicilia  - causa gli spostamenti di lavoro del padre ferroviere  - nascerà il romanzo “ le città del mondo” , rimasto incompiuto e pubblicato postumo.
4) Don Chisciotte ciabattino
Vi si narra di un viaggio all’interno della Sicilia di un ciabattino  don Chisciotte  e di suo figlio per scoprire un  mondo nuovo e migliore , una sorta di  “ città del sole” , quell’utopica cittadella  che l’uomo  ha da sempre vagheggiato  dopo la sua cacciata dall’Eden.
5) Iniziazione alla vita
Gli incontri-scontri , le  inquietudini  e le  attese  messianiche  che faranno seguito a questo viaggio di iniziazione alla vita costituiscono  il sostrato dell’opera di Vittorini.
6) Compito dell’artista
La conoscenza dlela vita si rivela drammatica e spesso dolorosa? Ebbene, compito dell’artista è quello di calarsi in questa realtà, con  gli strumenti dell’accensione  fantastica e dell’impegno politico . Impegnarsi con l’uomo , senza compromessi , con coraggio morale e spirito di sacrificio. E poi , insieme  , confrontarsi , misurarne la pregnanza  e i risultati conseguiti.
7) Una cultura che aiuti l’uomo
“Non più una cultura consolatoria per l’uomo che soffre , ma una cultura che sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze una cultura che le impedisca , che le scongiuri , che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù e a vincere il bisogno. “
Era questa una soluzione irrazionale , romantica e  populista?
Forse sì.
I fatti dimostreranno che la cultura , per risolvere i suoi problemi , aveva bisogno di ricerche storiche, economiche  e sociologiche con cui nutrire una nuova letteratura , mentre  Vittorini proponeva una soluzione poetica .
8) L’uomo
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         Chi è  uomo è con la resistenza  e lotta contro il non-uomo perché altri uomini siano felici. Ma chi è l’uomo?
“L’uomo , si dice.E noi pensiamo a chi cade , a chi è  perduto , a chi ha fame , a chi piange, a chi ha freddo, a chi è malato , e a chi viene perseguitato, a chi viene ucciso. Pensiamo all’offesa che gli  è fatta , e la dignità di lui…
Questo è l’uomo”
9) Uomini e no
Ed è poetico il suo romanzo “Uomini e no”, che riflette la sua esperienza partigiana  e la sua visionaria sensibilità sempre sul filo di un’accesa febbrile  memoria dell’infanzia. Il libro viene scritto a caldo , da “ evaso “, giorno dopo giorno, ora dopo ora, nel periodo della resistenza a Milano. Piuttosto che narrare , Vittorini descrive e illumina le scene, i personaggi , i momenti più intensi di storie interiori. Isola questi momenti magici  della vita dei suoi personaggi e li colmpa di un lirismo apeto e violento.
10) Memoria dell’infanzia.
   Nel romanzo vi sono tonalità poetico-meditative e tonalità epico-documentaristiche , e un ricorso costante alla memoria dell’infanzia   e dei miti ch’essa comporta. Una memoria che non è solo ricordare , ma un ritrovare la nostra vita , fissata in un’innocente e irriflessa armonia delle cose dell’infanzia. Di questa  sua fondamentale personale  ricerca umana  e letteraria aveva già dato una prova determinata e convincente  qualche anno prima ( 1941) con  “ Conversazione in  Sicilia”,  racconto-metafora   sulla contingente situazione politica , scritto in un’aria tra il realistico  , l’allegorico e  rapsodico, in un continuo alternarsi di  tono , dal  veristico  a quello  lirico , all’elegiaco  abbandono   sull’onda della poesia .
  11). La resistenza ,  affinché  gli uomini siano felici.
La resistenza gli appare in un primo tempo come l’esaltazione dell’uomo contro il non-uomo.“Noi lavoriamo perché gli uomini siano felici. “, dicono le donne semplici del GAP .
“ Che senso avrebbe il nostro lavoro se gli uomini non potessero essere felici?…Avrebbero senso i nostri giornaletti clandestini ? Avrebbero senso le nostre cospirazioni? E i nostri che vengono fucilati? , avrebbero senso?”
12) Imparare dai morti
E se uno è  uomo non ha bisogno di avere il supporto di grandi ideali per scegliere la giusta causa. Sa che “ il significato della sua vita sta nell’aiutare gli altri a trovare nella loro vita un significato” . E anche in coloro che sono morti ingiustamente si può trovare un significato.
“ Gli uomini sono uccisi, e non bisogna perderli”
“ Se li piangiamo li perdiamo. Non bisogna perderli.”
“ Ma che dobbiamo fare?”
“ Dobbiamo imparare”.
“ Imparare dai morti?”
“Si capisce. Da chi si può imparare se non da loro? Loro soltanto insegnano”.
“Imparare che cosa?”, disse Berta.
“ Cos’è che insegnano?”.
“Quello per cui – il vecchio disse – sono morti” 
“ La liberazione?”
“ Di ognuno di noi” , - risposte.
“ Come di ognuno?”
“ Di ognuno , nella sua  vita”.
13) Il non-uomo. Chi è?
E chi  ha offeso, il fascista e il nazista del tempo di Vittorini, il “non-uomo” , colui che esercita in ogni tempo l’oppressione , la sopraffazione , il sopruso, lo sfruttamento, chi è ?
“Diciamo oggi: è il fascismo. Vorrei vederlo fuori dell’uomo il fascismo. Che cosa sarebbe ? Che cosa farebbe? Potrebbe fare quello ceh fa se non fosse nell’uomo di poterlo fare?”
Quindi, il non-uomo è sempre l’uomo, quando tironfano in lui gli elementi bestiali che albergano nel cuore di tutti gli uomini.
Liberarsi di tali elementi , prima dentro ciascuno di noi e, di conseguenza, nella società e nel mondo, è  - secondo Vittorini  - la grande lezione della resistenza.
Dunque , una lezione cristiana.

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