venerdì 6 gennaio 2012

Rocco Scotellaro poeta contadino

ROCCO SCOTELLARO
POETA CONTADINO  
                                   

Di Augusto Benemeglio
     

1.     Poeta della libertà contadina
A Portici , il 15 dicembre 1953, alle otto e mezzo di sera , moriva il giovane Rocco Scotellaro, “ poeta della libertà contadina”. A Tricarico, nella cupa e fonda provincia materana , c'è ancora oggi quella scritta , quella frase , ben impressa sulla soglia della sua casa. L’autore di quell’epitaffio era stato Carlo Levi , scrittore , pittore e poeta torinese , con vocazione  meridionalista . In realtà , Levi , - come una sorta di Pigmalione che modella la sua opera  più riuscita -  nulla volle mai sapere dello Scotellaro fragile , sofferto , dolente , drammatico degli ultimi anni  di vita , nulla delle sue lontananze struggenti  , del rimorso che lo divorò per aver abbandonato la sua gente , nulla dello Scotellaro  sull'orlo del suicidio per gravi problemi irrisolti a livello esistenziale,  nulla volle mai sapere della sua solitudine disperata,    delle difficoltà ad avere un rapporto sentimentale con le donne,  paesane o “forestiere” che fossero;  nulla della sua impossibilità ad essere felice , (una sorta di autopunizione , o espiazione , per il suo disimpegno politico , o tradimento nei confronti della sua gente) … Levi l’aveva modellato  poeta contadino  , personaggio emblematico del Sud , con tutta la sua foresta di simboli e la sua mitologia . E della poesia di Scotellaro , nuovo messia del Sud ,  fece il  quinto vangelo del compagno Rocco , ad uso e consumo dei contadini del meridione.

2.Fragile cuore

Dopo la sua morte , organizzò personalmente il corteo , con il grande antico lamento funebre delle donne lucane , che accompagnarono al cimitero del Basento il feretro di Rocco Scotellaro … Sembrava fosse la morte di un eroe greco , di “Ettorre domator di cavalli” , il più grande e nobile difensore di Troia , e disse più o meno :  questo fanciullo dai capelli rossi , questo piccolo uomo del sud , ha fatto in pochi anni uno sforzo intenso e gigantesco ,ha fatto quello che non era stato fatto per secoli e secoli. Per questo il suo fragile cuore di poeta contadino ha ceduto. E lui lo sapeva, lo presagiva…
Ma dopo i funerali epici ,  Mario  Alicata e  i suoi nipotini cominciarono a smantellare il piedistallo su cui poggiava il  mito  Scotellaro , negarono che fosse quel Messia dei contadini che aveva fatto intendere il piemontese Levi , negarono che la sua poesia avesse quel crisma popolare, anzi dissero che lo stile era  letterario aristocratico , ermetico , e che lui era in realtà un piccolo borghese , altrochè contadino !  E così  fecero una sorta di liquidazione sommaria della interpretazione leviana . 

2.     Non lo conosce nessuno

A questo punto qualcuno si chiederà: ma Rocco  Scotellaro era veramente un poeta contadino?   Certo che lo era , lo  afferma  Eugenio Montale  in persona (…”fu come Sergio Esenin o Attila Joszef, due dei più raffinati artisti della moderna poesia europea . Egli ha potuto lasciarci un centinaio di liriche che rimangono certo tra le più significative del nostro tempo “)…Forte di questo autorevole parere , in questi  ultimi giorni ho chiesto in giro agli studenti delle medie superiori  del basso  Salento  ( da Tricase , Castro, Leuca e Patù , a Collepasso, Tuglie, Sannicola , Gallipoli, Alezio , Taviano , Racale , ecc.)  se qualcuno conoscesse Rocco Scotellaro .
Il risultato , ahimè, è stato assai sconfortante.  Pochissimi , quasi nessuno, lo conosce. E , a dirla tutta, anche  molti  insegnanti  di lettere a livello di conoscenza non vanno oltre il nome.  Che peccato!
Ma  lo sapete , ragazzi,  che Rocco Scotellaro  è un poeta vero, autentico , importante,  forse unico nel suo genere ?  Lo sapete che è stato lui  a dimostrare che anche il  mondo contadino era poetabile?  Ha dimostrato che i contadini del sud  hanno  una voce  lirica  , una  coscienza letteraria , una lingua autonoma , una  poesia sublime?
E lo sapete che nel suo ultimo libro- inchiesta sui contadini del meridione , per la Puglia  scelse il Salento , venne qui  tra la fine di luglio e i primi di agosto di cinquant’anni fa , a  parlare con i contadini di  Lecce , Tricase , Alessano Patù , Leuca , Presicce , Acquarica e ne fu incantato?

3.     L’epica del lavoro

C’è  chi ha scritto che in lui , nella sua personalità,  c’è  un intreccio di significati che non sono soltanto etici e letterari, ma rappresentano un modello culturale che va al di là di ogni retorica o di ogni forma di discussione di natura anche storica. La visione antropologica, la Lucania , il folklore , gli usi , costumi e tradizioni , il Mediterraneo immenso di Scotellaro . C’è la storia che diventa tempo e il sentimento del tempo che cuce la memoria dei giorni …E c’è , naturalmente , il dramma dei cafoni , materia prima , combustibile ideologico e politico fatto di fatiche sudori attese e speranze , che Rocco riesce a trasformare , trasfigurare , in una nuova epica del lavoro e delle tribolazioni dei poveri , e lo fa con strumenti essenzialmente poveri, immagini naturalistiche efficaci e dirette, rime facili e lessico contadino….
E poi c’è tutto l'insegnamento di Levi, il suo maestro  : tirar fuori orgoglio, grinta, amor proprio , non piangersi addosso , rimboccarsi le maniche , darsi da fare , con entusiasmo, passione , costanza , in un mistico affratellamento. Lottare , insomma, per rivendicare una nuova qualità di vita, anche esagerando ,magari , quando tutto sembra coalizzarsi contro i poveri : il potere sociale politico economico e religioso , e lo stesso Stato che anziché un padre , sembra un bieco oppressore dei deboli e dei poveri." Io sono italiano, ma l’Italia è mansionata da infami , ladri e barbari; gli enti e gli uffici mi hanno riempito di dolori e io ho affrontato la sorte menandomi all’avventura in quest’aperta campagna pure essendo grande invalido con un infortunio subito per difendere la mia PatriaLa Patria!…Andai dal prefetto , non mi volevano ricevere , allora mi buttai a terra e mi coprii della bandiera tricolore e rotolondami nel corridoio gridavo : - Mamma mia che puzza! , che marciume!, non si resiste …Rifacciamo la costituente , ricostituiamoci in piena regola da italiani, da estirpare i vari ceppi e farne carbone…. Il Maresciallo mi disse: “Così vai in galera” ed io risposi: - Chi se ne frega , più scuro della mezzanotte non puo’ essere quando io sto lottando l’oscurità dell’una e un quarto …Ora siamo nel secolo dei nobili ignoranti , pieni di beni e di vaste comodità usurpate ad un popolo balocco e scemo , ed io mi voglio distinguere innalzando la mia bandiera a lutto , essendo la bella Italia ricaduta nuovamente sotto il regime burocratico…Basta rubare, sarebbe ora di marciare sulla via dell’onore. Per me sarà meglio di ieri".

4.La solitudine  
Questo brano è tratto da  “Contadini del Sud”, il libro-inchiesta che lo scrittore non riuscì a completare per la morte improvvisa , per un infarto a cui non doveva essere estranea l'amara traumatica esperienza del carcere, dove rimase per 45 giorni a seguito  di  lettere anonime e indizi inconsistenti che lo accusavano di concussione. Al processo fu mandato assolto per non aver commesso il fatto , ma intanto il carcere lo fiaccò, lo segnò , lo marchiò in maniera indelebile e fatale. " M’avevate ridotto un tabernacolo/ Le battaglie si facevano più dure e il capitano era sempre più solo…Ora basta, è tutto finito". E si spense lì  una delle ultime voci  di poesia funzionale, civile e consolatoria. Si fa fatica a ritrovare  Rocco sui libri di scuola , nelle antologie dei poeti contemporanei . Egli  rimane a tutt’oggi poeta "emarginato" dai circoli culturali ufficiali ,  tirato via con un segnaccio: “neorealista dell'ultima ora”, il che poi non è assolutamente vero.  Ma  lo stesso  Levi , in fondo ,  fin quando Rocco fu in vita , non riuscì,  con tutta la sua influenza ,  a fargli pubblicare nulla . Da Einaudi aveva contro un Pavese anti-terroni e forse anche la Ginzburg nutriva delle riserve sulla sua poesia .  Che non sempre è  liliale ; anzi , a  tratti  c’è forse pure  rabbia e violenza  e  il  clima cupo della sua terra , un’anima geografica  annerita , insieme ad un forte e risentito accento aggressivo , come ha scritto qualcuno. Ma io vi domando: che cosa ci dovrebbe essere nella sua poesia ?, lo zucchero e il miele per tutto quello che lo Stato non ha fatto per i cafoni del sud? Egli fa una rappresentazione epica del suo paese, un paese sperduto di appena ottomila abitanti che non sta neppure sulla carta geografica , eppure lui riesce a farci costruire un Ospedale , uno dei tre in tutta la regione Lucania , quando in tutto il meridione  non ce l’avevano neppure città di cinquantamila abitanti .  Nessuno prima di lui s’era immerso così profondamente dentro l’animo della gente contadina , sembra un Enzo Majorca negli abissi del mare contadino , un palombaro dello spirito che raccoglie tutto , sentimenti frustrazioni aspirazioni fatica rabbia stenti e trasporta i contadini , i braccianti , i piccoli artigiani , i poveri , gli ultimi della sua terra verso quel mondo della libertà che sta davvero nascendo , grazie a lui, che ne è capo indiscusso e guida profetica.
5-La speranza
Sì. Ma quanto  vale la sua poesia ?
Secondo Dario Bellezza  vale molto: “Rocco Scotellaro è un rimprovero vivente per la poesia italiana , così vuota di senso , ruffiana e formalista, svuotata di ogni energia e significato ”.E lo stesso Nenni , che non era un  critico letterario, ma sapeva intuire disse che la poesia di Rocco era un grido di  libertà e speranza. La speranza è nella lotta. E Scotellaro lottatore lo fu davvero , dalla sua nascita alla morte, che è solo apparente perché…”qui nessuno muore”.
Oh, qui nessuno è morto !/Nessuno di noi ha cambiato toletta
E i contadini portano le ghette/ Di tela , quelle stesse di una volta .
Oh, qui non si può morire!/ Venite chi vuole venire :
suoneremo la nostra zampogna / soffiando nella pelle della capra,
batteremo sul nostro tamburo/la pelle del tenero coniglio.
Oh, qui nessuno è morto…qui non si può morire

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