giovedì 5 gennaio 2012

Elsa Morante e la storia

ELSA MORANTE E  LA STORIA





di Augusto Benemeglio

1.     Fu una donna sola
Il Municipio di Roma ha intitolato a suo nome una grande biblioteca sul mare , a Ostia Lido, 2000 mq, su 4 piani, dove si può fare di tutto , laboratori multimediali, giornate interculturali, concerti, teatro, e c’è anche una sala per bambini ( che lei amava particolarmente) , con postazioni video e multimediali, giochi da tavolo , ect. , eppure  Elsa Morante fu una donna sola, una donna infelice, una donna piena di contraddizioni e di dicotomie. Stiamo parlando della più grande scrittrice italiana di tutti i tempi, che con “La Storia “,  il suo libro più famoso, avrebbe voluto cambiare il mondo.  Non vi è riuscita, ma il romanzo rimane comunque un capolavoro della letteratura italiana. Era generosissima e avara,  a seconda degli umori, appassionata e indifferente, dolce e amara, tenera e dura . In lei c'era una dolorosa gioia, e abbiamo esaurito gli ossimori.

2.     Una conoscenza occasionale
Quando la conobbi  , quasi quarant’anni anni fa (1974) , in modo del tutto occasionale ( allora ero un ufficiale delle Capitanerie di Porto e fui incaricato di andare a prendere il Ministro della Marina Mercantile nel proprio appartamento , e tra i suoi ospiti c’era anche lei ) , fu proprio questo suo modo di proporsi che mi  colpì: era estremamente schiva, timida e appartata , ma allo stesso tempo desiderosa di essere riconosciuta , ammirata , apprezzata per la sua grandezza di scrittrice , ma anche per la sua bellezza  di donna. Mi sedusse quel suo voler piacermi, con gesti e movenze , ammiccamenti e sorrisi , quasi da adolescente, quel farmi domande sul mare , sulle navi, sulle ore libere dei marinai , sul senso del navigare in mare aperto , dove tutto è mistero. Ovviamente io rimasi del tutto intimidito e quasi muto. Sapevo benissimo chi era.  

3.     Una scommessa anti Mary Shelley
Elsa Morante iniziò a scrivere “La storia”  a 60 anni, con una disfiorita bellezza che gli aveva fatto distruggere tutti gli specchi e qualsiasi superfice che potesse riflettere il suo volto , un tempo bellissimo . Ed era ormai alcolizzata e , forse, già colpita dal male che pochi anni dopo la portò alla morte . Il romanzo l'aveva pensato già molti anni prima, in una sorta di scommessa anti Mary Shelley. Cioè voleva dimostrare a quanti le rimproveravano di essere troppo favolistica e sognatrice, lieve e irreale, troppo "romantica", - il che negli anni '50-60 (epoca in cui Elsa aveva trionfato al Viareggio e allo Strega con " Menzogna e sortilegio" e " L'Isola d'Arturo") equivaleva ad un insulto, o quasi, per una letterata  - di essere in grado di scrivere “anche” un romanzo impegnativo, storico, sociale, concreto, realistico che nulla avesse a che fare con l’etereo , lo sfumato , il sognante , la favola. In realtà  “La Storia”  non rinnega affatto la sua disposizione al sogno e al favolistico , pur  toccando una materia e un ambiente popolari, raccontando la breve storia, (in un linguaggio popolare accessibile a tutti) di Useppe, figlio di una maestrina violentata da un soldato tedesco, e di numerosi altri personaggi, che si muovono sullo sfondo  “storico“ e reale della seconda guerra mondiale, in una Roma affamata e sgomenta.

4.     E’ la più grande scrittrice contemporanea, parola di Lukacs

Come abbiamo accennato, prima di questo libro, - da molti considerato il suo capolavoro -  Elsa Morante aveva avuto  dei notevoli  successi letterari , che l’avevano consacrata  scrittrice di prima grandezza , a livello di critica letteraria ,  ma non le avevano dato – come ella sperava per rendersi autonoma economicamente -  la  ricchezza.. Perciò continuò a  rimanere  all’ombra , tributaria e " vassalla" del suo ormai ex marito , Moravia , allora numero uno indiscusso della narrativa italiana che la manteneva anche dal punto di vista economico, cosa che la feriva e la umiliava.
Anche per questi motivi, Elsa decise di dedicarsi, per un lungo periodo, quasi esclusivamente alla poesia pubblicando due silloge, “Alibi” e “Il mondo salvato dai ragazzini”, che non suscitarono nessun particolare interesse.  Invece come narratrice i suoi romanzi continuavano a raccogliere consensi anche a livello internazionale e ci fu chi come Lukacs , filosofo marxista e critico letterario ungherese ,  non esitò a definirla la più grande scrittrice contemporanea italiana.  Ma - sempre secondo Luckacs -  “bisognava saperla leggere e capire, perchè il suo fascino più sottile  si trova in un equilibrio lieve e stupefatto fra il candore magico, evocativo, di una memoria spontaneamente portata a condesarsi in simboli e una sinuosa, febbrile capacità di penetrazione psicologica”.


5.Le ire dei puristi della Storia

Ma oltre a questo  lusinghiero parere ,  ci furono altre attestazioni  di scrittori francesi e tedeschi, che indussero Elsa Morante a cimentarsi in quella che fu la sua opera più ponderosa e importante, " La Storia", appunto, che le costò quattro anni di dura fatica e ricerche , e suscitò , non appena pubblicato , un'eco vastissima , con pareri non unanimi. Ci furono infatti furori e vampe contro Elsa da parte degli storici, “i puristi”, in particolare, che non le perdonavano il fatto di narrare la storia con un linguaggio popolare.  Lei aveva osato "abbassare " la storia al livello più infimo e populista. In effetti la Morante  aveva fatto del suo romanzo-fiume il suo messaggio testamentario ideologico e politico , inserendolo in una dimensione storico-realistica, ma usando un plurilinguismo assolutamente nuovo e un quasi "prosimetro" per raccontare modi di dire e detti proverbiali, in uno la breve e favolosa storia di un bambino innocente nato da uno stupro, sullo sfondo della seconda guerra mondiale in una città eterna molto poco fascinosa , affamata  laida e stracciona . Una sorta di apocalissi minimale.

6.La storia siamo noi

Io credo che quello che maggiormente colpisca il lettore è lo stile della Morante, che è immediato, discorsivo, vivo, fatto apposta per il dialogo, frutto di un intenso lavoro a tavolino, in cui dispiega tutta la glottologia di cui ella disponeva per l'uso dei vari dialetti che inserisce , con molta sapienza , nel romanzo. "La storia siamo noi", aveva detto Elsa Morante, ben prima di De Gregori. A quel tempo era frustratissima, arrabbiata, ce l'aveva con tutti, perché era conscia del suo grande valore di scrittrice e di donna . Elsa scrisse la storia perché era infelice e voleva dimostrare, prima del finire tragico della sua vita (morì poverissima e pazza in una casa di riposo per anziani) che Lei - donna, e donna fino in fondo - non era inferiore al mondo maschilista in cui era vissuta quasi come transfuga. Si scagliò, in un'intervista, contro questo mondo violento e ipocrita, capeggiato dal suo ormai odiatissimo ex marito, Moravia, che era - disse - "un impotente e un coglione". Elsa in fondo fece tesoro di quanto Lukacs le aveva suggerito in una lettera: “scrivi per il popolo e il popolo ti capirà”.

Roma, 3 gennaio 2012

Nessun commento:

Posta un commento