sabato 31 marzo 2012

San Carlo da Sezze II


1. I nodi del tempo

Scavo tra i nodi del tempo  in questa chiesa-stazione- ferroviaria
di periferia ,con il tuo nome sulla fronte grigia impresso a  lettere maiuscole.
Qui , dove  incontro altri visi come il tuo
Visi poveri ,scavati , pallidi , emaciati,
sulla strada della Madonnetta tra il verde del parco
i giochi dei bambini/ il rincorrersi dei cani / 
e la folla più ignota / oppure  dietro un dito  alzato nell’aria rigida  come una prolunga fino al cielo. /
Ti ritrovo solitario , un po’ negletto, appartato /, 
sulla sinistra dell’altare col tuo saio squarciato là, nel posto giusto
quello del cuore, dov’era  la cicatrice , il santo chiodo/la stigmata  miracolosa/

2. Filo rosso
Un filo rosso di sangue copre la  croce  stampigliata all’altezza esatta
del cuore
ricordo di quella sera  d’ ottobre del 1648 sul traguardo del Corpo  di Cristo,
all’elevazione dell’ostia consacrata.
Fu  un raggio d’oro nella chiesa di S. Giuseppe  a Capo le Case
che ferì per sempre il tuo cuore./
La "trasverberazione" o "stigmatizzazione" del tuo cuore
è stato l’evento più prodigioso e soprannaturale avvenuto nella tua vita 
cadesti in deliquio / privo di sensi/ sui banchi della chiesa/
e il tuo corpo s’era fatto di cenere e pietra congelata/
e le tue ossa piene di febbre e di vento/
e fosti  come un morto che risuscita / con una spina nella carne/
inseguito da una voce d’angelo 

2. Sezze
Giovan Carlo da Sezze/ ecco la tua città chiusa nella triplice cerchia dell’antiche mura pelasgiche/ nei sei quartieri /ciascuna con una sua parrocchia/ e i Zoccolanti riformati / i gesuiti/ le clarisse/ San Lidano/ e la congregazione Mariana/ . Città in collina avara e amara / con le paludi pontine / tre famiglie a governare il tutto / e migliaia di cafoni/ a faticare / a cercar di sopravvivere/coi passi ciechi / nella nebbia dell’inverno / e il freddo, la fame/ le porte chiuse /sbarrate / le strade deserte/ il domani senza viso….

…Tu, fatto di vetroresina / con  le stigmate , -errate ,-  sulle mani/ che ti fanno confondere con San Francesco d’Assisi /, tu  eri uno di essi / un illustre bifolco / e forse per questo / hai ancora quell’aria un po’ impacciata / te ne stai lì , appartato, / in disparte/ abbandonato, / demodè /  pianticella, fiore giallo / dente di cane/ delle paludi pontine / pietra alabastro e onice / del tempo/ mandorlo o melograno di Sezze / impolverato dai secoli/involucro di santità retrocesso  a fiera paesana.
Tu sei ancora tra i brulli e sassosi monti Lepini / a cercare il sapore dimenticato dell’acqua pura /  Non tieni il passo coi tempi/ non sei nel girotondo delle feste urbane/ che gonfiano le caviglie di assessori e ministri facili alle veglie mondane/ Non  canti, non danzi , non balli / non sei giramondo con le ali al vento. Contempli, come me, l’ombra riflessa / che consuma ogni attimo la vita/ E guardi al cielo, con la Speranza che non muore mai, /che non può morire/ .Un muto segno:  Guai a chi uccide la  speranza!  
3.Il lungo silenzio
Certi giorni mi premi sul cuore / in quell’angolo d’ombra umida / di solitudine / dimenticato un po’ da tutti/ e allora vado indietro nel tempo / conto  i tuoi passi, ad uno ad uno . /Li raduno come segmenti , come foglie , / come passeri che si distaccano dal ramo/ come rondini che tornano da lontane primavere. /Ripenso   a quel tempo remoto/ videogramma della storia / divenuta  ora creta o pietra/ struttura di forme nel blocco articolato/ nel rigore della statua / ripenso all’estasi del pennello liberato dall’artigiano, /dove il colore scorre come parola traducibile, come sangue… e dove chi ascolta il tuo ciao – pace , fratello - / risponde al tuo saluto: la pace sia con te, fratello.  …Dove esiste la vita nel molteplici ingranaggi / e il sacro silenzio / dei paesi che ti videro calpestare la loro polvere: da Sezze a  Nazzano, da Palestrina, a Morlupo, da Ponticelli a  Carpineto,/ le mete del tuo pellegrinaggio, con l’abito bigio, con la cordella e cappuccio /e i passi sempre uguali  / ,tra pietre sassi e rovi / e la tua andatura /dolorosa e lieve …Dove hanno valore  altre leggi / quelle dello spirito/  e tutto , i  sospiri i gesti i lamenti / i digiuni, le preghiere / le bestemmie / le stagioni del cuore  / hanno un peso, una luce/; dove lungo i sentieri gridano le piante /e nella pianura  trascorsa dai corvi/ l’aria si fa grotta / alla tua voce smarrita /;  dove puoi trovare  la traccia / del lungo  silenzio da mettere nel conto della storia/  immagini ormai  chiuse nella pietra /un silenzio fatto di quattro  secoli, che ora si fa voce, la tua voce…



VOCE.F.C. S.CARLO  :  Nacqui  or dunque a Sezze ai ventidue di ottobre 1613 , in un giorno di martedì , e ai ventisette del medesimo mese, in giorno di domenica,/ fui battezzato, e mi posero nome Giovan Carlo… I miei erano contadini , Ruggero Marchionne, mio padre, e mia madre Antonia Maccione, ed erano poveri, come tutti i contadini .

CORO : Ahi ahi ahi un altro povero / Con lo sguardo al cielo
La chiesa si velò a lutto ed un’aria /
Di tristezza si posò sugli uomini /e sulle cose
Lenti rintocchi dell’agonia /del Redentore.
Iniziava  la marcia / sulla via della croce.
CORO: Ahi ahi ahi un altro povero / Con lo sguardo al cielo
Su, dai, non perder tempo,
Gian Carlo, /  bambino povero, / la tua vita sarà breve
Ahi ahi ahi un altro povero / Con lo sguardo al cielo
Ahi ahi ahi un altro povero / Con lo sguardo al cielo

Carlo, io voglio guardare quel tuo viso levato /al cielo  e gli occhi di cenere  d’argento/ Voglio ripassare il mio pensiero su di te , come una linea grigia  / un girotondo di antifeste urbane , /una figura di memoria lontana ,/ uno spazio che va già oltre la materia , /- una danza di orizzonti  /  che il colore della  dimenticanza / ha sverniciato  nei riflessi  / nelle striature di muffa,/  nei gigli bianchi /nelle lastre incognite che sanguinano /in quei  teoremi dello  sgomento. ..E voglio  ricordare il tuo voto di castità , a soli diciassette anni , e gli assalti spaventosi e orribili della lussuria che ti sconvolsero l’anima , anche perché alcune volte t’assillava il dubbio di aver acconsentito al peccato…Era il diavolo sotto le spoglie di quell’apparizione bellissima, con tutte le brame e le tentazioni della sua arte  fantasmagorica di visi e veli , di vaghi contorni , di forme di beltà, di memorie vaghe e memorabili che delineano un falso odoroso paradiso 
Ma  non  parleremo della sua fanciullezza , della sua adolescenza da pastore e contadino, della scienza infusa , né dei disegni sgangherati /, delle mille lapidi che troviamo nei paesi laziali / che falciano memorie intinte di luna, / dei volti e lettere di grazie ricevute  / tra magia e superstizione / che vagano tra le pagine di cronaca d’ogni tempo / , di riflessi che spesso chiudono la porta della fede / e aprono quella del dubbio / delle oscillazioni che  sbarrano le vie di entrata e di uscita, / e ti fanno stare  in bilico tra la polvere e l’attico / guardare i sassi gettati dalla finestra / , rivisitare una  storia che va sempre verso il peggio.

Vi parleremo, invece,  del male che lo sconvolse e coprì il suo volto di un intenso rossore  VIOLACEO:/ era malattia di cuore / e fu detta dai Maligni , a suo disdoro , sifilide / e  divenne fuoco di  controversia /in sede di  processo di  beatificazione / Per trenta mesi Carlo portò con vergogna quella  maschera orrida sul viso / coprendosi / ma poi comprese che quello era il misterioso volere di Dio / “Non ritirarti da questa tua immagine, /disvela i lineamenti turpi che io ti ho voluto dare/ solo per obbedienza/  Ma dopo la sua morte / nell’alto consesso di cardinali e avvocati del diavolo , / accanita fu la difesa della sorella del Santo

Perché questa mancanza di cuore/ perché questa cattiveria / per un uomo che fu solo di Dio / percchè quest’infamia su chi era forza e canto/ e musica perpetua per il suo Signore? / Noi siamo appena sopra il baratro dell’ignoranza più sconfinata / ma sappiamo tutto dell’oro del cuore di Carlo / Sappiamo tutto della sua lingua/ del suo dialetto/ della sua armonia celeste . Sappiamo della sua  immemorabile sofferenza che lo tenne ostaggio per tutta la vita, con quel chiodo vivo dentro il cuore/

E’ il vento dello Spirito / che increspa  il fluire delle cose quasi per arrestarle nel loro punto nodale. /A noi non è dato nessun potere di districarle , di far luce dov’era ombra . Ci è dato solo il potere della fantasia che è un’arte in sospensione. E quello di ascoltare  voci lontane /e  misteriose / che ci hanno suggerito una riflessione , un racconto.    Alcuni squarci di vita - / immagini/ colori/ suoni/ parole - del santo /-  un racconto che in fondo somiglia a tante altre storie di Santi poveri / miseri e umili  / senza nessun apparente virtù / se non quelle della pazienza / della fede in Cristo /e della carità.

Sì, la carità. Carlo fu esempio luminoso d’umanità/ in occasione della terribile pestilenza che colpì Carpineto nell’estate del 1645
. Aveva dentro di sé un fuoco inesauribile di carità/ attraversava strade e i muri delle case ammorbate / in una gabbia di lamenti e di dolori/ con le lacrime agli occhi / con il corpo che era più nero del carbone/ ed aveva come un fiume nelle sue mani. Dava a tutti, moltiplicava / pane  parole e carezze e gli sguardi erano un orizzonte senza fine su quella landa desolata , in quella radura gelida di morte che era diventata Carpineto
 Era presente dovunque fosse necessario, non ascoltava i consigli di prudenza dei confratelli. Ogni giorno era vicino ai fratelli sofferenti.Si recava dalle persone più abbienti per raccogliere tutto ciò che potesse sollevare in qualche modo la miseria degli appestati , che si moltiplicavano giorno dopo giorno. Ne morivano dieci al giorno/ e lui era vicino a tutti quelli che poteva,  per una buona morte, ma spesso cercava di recar loro cibo e conforto perché potessero tornare a veder la luce. Attingeva anche alle poche riserve del convento, e la sua carità non aveva prospettive , non aveva limiti se non l’infinito.

Ecco, ora, andate nella nostra Chiesa , a rivedervi la sua statua , /posta al centro di una specie  di  giardinetto / di cemento nudo, grezzo, rozzo , / andate a riguardare l’immota cornice del suo altare, /fra gli strappi inconoscibili dell’ombra/ dove uomini e santi rimangono impigliati nella trama / nel calcolo segreto/ nella natura della luce e dell’ombra/…  Andate a vedere la reliquia che è racchiusa in una teca , /un lembo del suo santo bigio saio francescano/  e scorgerete nei suoi occhi la falce e la croce / , il raggio che ferisce / l’attimo che emerge / la  gobba calante della luna di Sezze , / la natura che lo incantava. / e il volto anonimo  di una santo – unico nella storia della chiesa – che ebbe la stimmata al cuore .
Sì, ma in fondo / è solo un santo di Sezze , / un passo falso del tempo / un inciampo / che è venuto per caso in mezzo a noi / in questa antica paludosa contea / dove si riuniscono – e tramano – /nell’ombra umida /- molti uomini dal bavero alzato ; / è una speranza frantumata  sui  marciapiedi /di periferia/ , nelle viscere di svogliate promesse, / nel male delle parole, / del rude esercizio nudo e crudele / che aiuta ad approdare a tutte le rive convertite dal silenzio , che ospita sgomenti e incertezze… Ma  eccolo / alfine / il  poeta del Signore / che s’affaccia sopra un mattino /della campagna romana /  nell’acque sonore/ a pascolare il  buio/ a inseguire i campi/ e i germogliati uccelli /nella valle dei fiumi / con l’erba affiatata alle pietre / e gli ulivi che lo acclamano/ nella luce perpetua della sua terra/ dove lo sguardo si fa mietitura…ed è la sua anima che canta, la sua anima che parla. E il suo corpo danza , odorosa fantasma che spande profumi di santità e ascolta la voce di Dio nascosta tra la lucciola e il belato caldo dell'agnello
: Ho deciso. Non farò più  il contadino,  o il pastore tra i sassi, / non ascolterò a lungo le trombe ciociare , / né chiederò lumi  ai pini che parlano greco lungo il Circeo / . Non discorrerò più con i mie cari caproni di Sezze /… Qualcuno mi chiama tra le foglie / e le lucciole / mi cerca / e mi desta quando è notte. / Ascolto la sua voce lieta / come quella dei passeri / che si piegano al chiarore del canto ,/ ascolto la sua voce  come il belato dell’agnello / la sua voce che sa di acque gentili / tra i sassi e gli olmi puerili/; che  sta nei boschi e nelle foreste infinite / nell’aria tersa che mi disseta l’anima /,  fra gli aranci e la rugiada/ ( pausa).  Fratelli , io…esulto/ io  sono inseguito dalla felicità/ io festeggio la gioia delle creature/ e della  luce perpetua /  che scorre su di me /,  allungo i piedi nella coda delle stelle  /vado incontro ad una nuova alba che non ha fine ( pausa) Oh, io voglio essere tutto di Dio / crocifisso con Cristo/  Mi farò  frate minore / diventerò zoccolante / farò la  questua/ raccoglierò le noci / rigovernerò le bestie , sarò garzone in cucina / sarò il servitore di tutti / e canterò ad ogni istante / le lodi del Signore / come i Frati di  Santa Maria delle Grazie/ angeli sulla terra / che vivono la Sinfonia de Creato /  e la Grandezza di Dio / (pausa) .  Ecco , - la sentite? - , la brezza che disvela  i segreti di queste foglie/ che vibrano / che ricamano nuove voci / e  quest’amore  che pervade la natura / e lo spirito di tutte le cose …(pausa)  . Vado a chiedere  il bigio saio / e la cordella / e il cappuccio/ e tutti mi diranno / , come quand’ero bambino: /guardatelo/ sembra fra  Giovenale / ora fa il noviziato e non parla…/ma un giorno/ chissà/ quante cose ci dirà

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