sabato 31 marzo 2012

Il Grande Farinelli voce tagliata col coltello


FARINELLI
E LE VOCI ANGELICHE DEI CASTRATI



Di Augusto Benemeglio
1.Un usignuolo gigante
Recentemente , a Londra, c’è stata  una mostra sui castrati, - un abominio che ha creato “voci angeliche”, i loro tormenti , la loro fortuna tra il 1600 e il 1700. Farinelli,  fu indubbiamente il più famoso, il più celebrato di essi . Era un pugliese di Andria  e non era affatto una checca , come qualcuno immagina  che fossero i castrati.  Era  un usignuolo gigante , alto un metro e novantadue , con una potenza , una portata e un’estensione , un ‘ agilità di   voce mai più raggiunta da nessun altro dopo di lui , anche se molti castrati dell’epoca riuscirono ad emularlo , primo fra tutti il Senesino, protetto da  Handel,  che scrisse per lui opere sublimi e creò personaggi ad hoc come Radamisto, Giulio Cesare, Orlando;   e poi ce ne sono altri come  l’Appianino , il Cortona , il Porporino , il  Farfallino , il Nicolino, tutte voci di eccezionale qualità, ma la classe, lo stile, l’eleganza e  i polmoni di Farinelli ,- questo gentiluomo rispettato da tutti, tenuto a corte da principi e re ed esibito come un fiore all’occhiello , come un mazzo di rose rosse  profumatissime - ,  non l’aveva nessuno di loro. I suoi polmoni  erano dei mantici poderosi, erano come fiati lunghissimi, e l’emissione della sua voce era di una qualità rara , di una tecnica e di una competenza musicale raffinata ,davvero eccelsa. Io credo , mi dice un colto melomane di Zagarolo, che se noi la potessimo ascoltare  oggi quella voce angelica tagliata col coltello ,  la voce del castrato  Carlo Broschi  detto  Farinelli , un uomo  colto , piacevole d’aspetto  , ottimo conversatore  e sicuro di sé,   ne saremmo travolti come lo furono nel settecento  le corti e i pubblici di tutta Europa.   
2.Farinelli cavaliere di Calatrava
Ci fu chi , come il re di Spagna ,il malinconico  Filippo IV,  afflitto perennemente  da depressione , lo volle tenere tutto per sé, a corte, pieno di  onori e titoli  e beni. Gli corrispondeva uno stipendio di 2000 ducati, una cifra enorme , ma lui non doveva cantare per nessun altro. Farinelli divenne  ben presto “criado familiar”  dei re di Spagna , e con  l'ascesa al trono di Ferdinando VI , - che lo nominò cavaliere di Calatrava, (la più alta carica onorifica , che fino ad allora era stata riservata solo ai gentiluomini che potevano provare la nobiltà e l'antichità delle loro famiglie ) –  Carlo  Broschi-Farinelli  esercitò  una grande influenza sulla corte  e anche sulla politica interna spagnola.  Si devono a lui i primi lavori di bonifica delle rive del Tago, e fu lui che persuase  re  Ferdinando a instaurare un teatro d'opera italiano a Madrid. In Spagna , Farinelli , stette molti anni ( dal 1737 al 1759). Rispettato da chiunque, sommerso di doni, adulato sia dai diplomatici avversi alla Francia, sia da quelli francesi che avrebbero voluto vedere la Spagna firmare il Patto di famiglia, conservò questa posizione di rilievo fino all'avvento di Carlo III, il quale, probabilmente a causa dell'eccessiva influenza del cantante, lo allontanò nel 1759.
Allora  se ne tornò in Italia ,  a Bologna,  la sua città d’elezione . Amava moltissimo la città felsinea . Lì aveva frequentato l’Accademia Filarmonica,  lì aveva  sconfitto l’idolo locale , il celebre castrato Bernacchi, meritandosi la stima, l’ammirazione e l’affetto dei bolognesi.  E lì visse fino al termine dei suoi giorni nella sontuosa villa che aveva fatto costruire in vista del suo ritiro dalle scene (fuori Porta Lame, oggi distrutta). Malgrado le numerose visite che vi ricevette (tra cui quelle dell’adolescente  Wolfgang Amadeus Mozart , e di Giuseppe II d'Austria), Farinelli morì nella sua grande casa  in uno stato di totale depressione , tristezza e solitudine , nel 1772, all’età di 77 anni. Ma il mito della sua voce continuò a tramandarsi in tutta Europa fino ai nostri giorni.

3.La sfida con il trombettista tedesco
Per avere un’idea della potenza e dell’effetto incredibile della sua voce dobbiamo citare un aneddoto rimasto famoso nella sua storia.  Siamo nel 1722 , a Roma. Farinelli è appena un ragazzo , ha solo 17 anni , ma è già famoso nel Regno  napoletano ( ha esordito a Napoli  due anni prima , nella serenata “Angelica e Medoro” del maestro Porpora,  su testo del  Metastasio,  che diverrà suo grande amico ,  ed è stato un vero trionfo)  , e lancia una sfida contro un trombettista tedesco, sulla tenuta lunga di una nota altissima.  Così la descrive Charles Burney : “.. Aveva luogo ogni sera una gara tra lui ed un famoso esecutore di tromba che accompagnava col suo strumento un'aria cantata dal Farinelli. Sembrò sulle prime un'emulazione amichevole, di carattere semplicemente sportivo, fino a che il pubblico incominciò ad interessarsi alla contesa, parteggiando per l'uno o per l'altro; dopo che ognuno, separatamente, ebbe emessa una nota per dar prova della forza dei propri polmoni tentando di superare il rivale in vivacità e in potenza, eseguirono insieme un crescendo ed un trillo a distanza di una terza e lo sostennero a lungo mentre il pubblico ne attendeva ansiosamente la fine poiché entrambi sembravano esausti; e infatti il suonatore di tromba, sfinito, cedette, convinto tuttavia che il suo antagonista fosse altrettanto stanco e che tutto si sarebbe concluso in una battaglia senza vincitori né vinti. E invece si sbagliava. Farinelli ne aveva ancora e risultò vincitore”.
4.L’ultimo castrato della storia
I  romani deliravano per lui  e lo videro andar via con molto malincuore, avendo una grande nostalgia di lui e delle ambite voci dei castrati, tant’è che - nonostante la castrazione fosse ormai fuori legge da moltissimi anni , furono proprio loro che ascoltarono dal vivo la voce dell’ultimo castrato della Storia ( siamo già  nel 1902) , quella  di   Alessandro Moreschi ,  detto “l’angelo di Roma” , solista del Coro della Cappella Sistina , l’unico ad averci lasciato una testimonianza  sonora  registrata  di quelle voci angeliche tagliate col coltello . Si dice che il pubblico della capitale , innamorato della sua voce , come lo era stato al tempo di Farinelli , travolto  dalla  passione lo applaudisse  gridando con  atroce entusiasmo :“ viva il coltello!”
 Ed  era  quella   la tragica verità; la gente , il pubblico, gli appassionati del canto, gli stessi grandi musicisti dell’epoca ,   avrebbero voluto ancora i castrati sulle scene , avrebbero voluto che continuasse quel fenomeno abominevole che era la castrazione , “Un abominio però -  dice Nicholas Clapton, controtenore e professore di musica e canto –  che  ha creato  vere e proprie “voci angeliche” e che ha ispirato alcune delle più belle pagine di  musica mai scritte al mondo”.
4.Rossini e Handel
E’ risaputo come Gioachino Rossini delirasse per i castrati ,  al punto tale che non volle più ascoltare  altre voci , quando gli stessi furono man mano sostituiti  dalle voci femminili. I castrati , con le loro  voci angeliche tagliate con il coltello,  nel seicento, ma soprattutto nel settecento , furono  le vere superstar dell’epoca barocca.  Erano ricchi, famosi e ricercatissimi dalle corti e dai teatri dei tutto il mondo , sia per la curiosità , ma soprattutto per la qualità della loro voce, straordinaria. Handel considerava la loro voce superiore a quella di qualsiasi altro essere umano perché racchiudeva in sé le migliori caratteristiche delle  voci bianche, maschili e femminili, con una maggiore estensione e un impatto emotivo unico
“Farinelli , - disse Quantz, quando lo ascoltò la prima volta , a Milano, nel 1726, - ha tutto nella voce,  purezza di timbro ed estensione di scala, la nitidezza di trillo e l’inventiva, è un fenomeno unico nella storia della musica. Nella sua voce si trovavano riunite la forza, la dolcezza e l'estensione, e nel suo stile la tenerezza, la grazia e l'agilità.»  Alle sue qualità artistiche, Farinelli aggiungeva quelle umane. Affabile e modesto malgrado la sua fama e il suo talento, di perfetta educazione, seppe guadagnarsi l'affetto del pubblico e la simpatia dei grandi. Farinelli non solo cantava, ma suonava anche strumenti a tastiera e la viola d'amore.
E’ quello dello sfinimento di un uomo arreso e ormai svuotato, con il cervello stravolto,molto vicino alla follìa,  come afferma Niccolò di Giacomo,  l’ ultimo dei suoi committenti  che  incontrò l’artista lombardo di persona a Messina nell’agosto  del 1609,  e ne rimase profondamente colpito

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