mercoledì 14 marzo 2012

Dentro l'abisso di Antonella Pizzo

ANTONELLA PIZZO E IL SUO “ ESSERE IN VITA”

DI Augusto Benemeglio



1.     Teatro delle immagini
Nella poesia di Antonella Pizzo, una bella donna siciliana di lontana etnia sveva,  colta, raffinata , di un’ aristocratica pensosità , ma vitale , piena di energia interiore , c’è un mix di teatro delle immagini e della musicalità  barocca che fanno le  piccole cose che ci circondano , a Ragusa e nel mondo , oltreché un’ironia  scoperta che si volge spesso al grottesco e al dramma.  Potremmo dire che Antonella riesce ad essere un po’ farfalla e un po’ granchio , due forme di animali – come diceva Calvino - bizzarre e simmetriche che stabiliscono fra di loro una inattesa armonia . La sua – osserva una lettrice  di un blog – è una combinazione di musica , versi ed immagini.  un gioco letterario in cui il pensiero  si fa  volo e va alla ricerca delle sue radici . C’è anche una sorta di trascendenza  cromatica  in cui i versi diventano  colori puri , diremmo fauvisti,  con tutte le loro antiche simbologie: il rosso-sangue-passione , il nero-funereo-malinconico, il bianco-rinascita-innocenza-sipario. .
Interessante ,  infine – osserva un’altra acuta lettrice- ,la singolare corrente dell’immaginazione ,il clic ,  lo scatto rapido ,  il dinamismo intrecciato dei suoi versi...
Potremmo definirla quasi un’equilibrista senza rete , che si è spezzata la schiena mille volte, prima di provare il numero, che ora sembra  lieve come passo di danza , ma quando  lo fa è come la prima volta,  rischia sempre di cadere sull’asfalto, sulle rovine, sui cocci aguzzi di bottiglia  montaliani , sui frammenti di quella che è la nostra   vita di tutti i giorni , consumata  all’interno di una società  ormai in liquidazione, in frantumazione, in decomposizione, che ha fatto da tempo harakiri:

Butterfly di tragedie diverse
la costumista s’è spogliata dei suoi averi
vive reclusa dalle suore clarisse
ricamatrice con le dita amputate
il punto a giorno più non è possibile
merletti in ecrù, le trine, foglie e veli
i ricami a fiori dorati, i lini e le trame
gli orditi e  le reti, fili di seta
i punti precisi, i piccoli punti, i mezzi punti.

2.Magna Grecia
Poesia che  assume talora i cupi e corruschi   toni di una favola surreale macabramente satirica,  grottesca , addirittura sanguinolenta , che diventa denuncia spietata,  in uno  stile  che è un mix tra Palazzeschi e Poe , con strascichi da Vespri    siciliani. Non a caso  Antonella Pizzo   vive nella terra  dei fichi d’India  , di   Pirandello, Brancati , Bufalino , Sciascia, Consolo , tutti grandi maestri d’ironia ,  dell’umor nero e del grottesco
ieri sera dal cielo cadevano bambini e cadevano cadaveri veramente cadevano
io ho afferrato un bimbo al volo e l’ho portato in salvo
a casa mia.
alcuni cadaveri restarono impigliati nei fili dell’alta tensione
in confusione di interiora, di vene, d’arterie
nella vie dell’intero paese ci fu un parapiglia

Del resto – amava ripetere Palazzeschi -  un popolo senza ironia è un popolo  barbaro, mentre la Sicilia – spesso ce lo dimentichiamo - è  Magna Grecia per eccellenza, patrimonio sterminato di miti storia filosofia poesia , civiltà.  Essere nati  in questa terra, scrive Antonella ,  in un campo di borragine, di cicoria e tarassaco, paritaria nei muri e spaccature, capelvenere e fiori di cappero//…  in cima a un colle orbo, dentro al catino di un teatro corinzio,/…/  nelle necropoli e in una valle ampia, lungo le rive del fiume Anapo//…. nelle giunchiglie del fiume Ciane…. davanti alla tomba di Archimede, dentro l’orecchio di Dionisio….nel mare africano e (nuotare)  assieme ai pesci azzurri”, vorrà pur dire qualcosa.
La sua è  una lucida satira , alla Brancati, di elementi drammatici e comici, ispirati alla nostra situazione socio-politica, al vivere in mezzo alla spread, alla disoccupazione, precariato, violenza,guerra,  ingiustizie, ignominie , ma anche ai balletti televisivi, alle goffe esibizioni d’esercizi erotici, alle infinite banalità , all’insostenibile pesantezza  dell’essere . La sua è  una fantasia inesausta , e la fantasia , per dirla alla Dante ,che si considerava figlio del più puro oriente  ,  è un posto dove ci piove dentro .
3.Dentro l’abisso
Ma noi -  si chiede  Antonella - : Siamo davvero cosa di stelle? A dire il vero me lo sono chiesto anch’io qualche volta, e mi sono risposto affermativamente. Siamo frammenti stellari che vanno alla deriva, caricati su una barca senza timoniere e senza rotta, peggio del “Concordia”. E possiamo passare  il nostro tempo, il resto del viaggio, “nell’elastico del tempo a catapulta”,nella più assoluta e desolante banalità, nel kitsch da cui siamo ormai tutti anestetizzati, senza che neppure ce ne accorgiamo. ( E poi l’amore nelle sala polverose// oh la pula , la loppa, le scorie/il perso e il ritrovato)
Che c’è di nuovo  nella poesia della Pizzo, se non appunto questo  ricorso all’amara drammatica ironia delle cose che ci circondano , questa decisa denuncia sulla partitura della nostra vita  che è ben squallida, da qualsiasi parte la si guardi?
Per reinventarci una nuova vita dovremmo ricorrere  forse all’arte di un Dario Fo ( che non a caso  ha vinto un Nobel, come Pirandello , confermando  l’assoluta confusione che si fa oggi, a tutti i livelli, tra letteratura e arte della mimesi), che spiega i principi secondo cui  disegna la propria presenza scenica , parla di zumate , campi lunghi , panoramiche, primi  piani, controcampi, cosa che ogni tanto fa la Pizzo,  zumate di remake letterari (   Il  carro andava e i monatti sopra/ Tiravano i morti la carretta) .Il  Nobel  Fo presuppone che nel cranio di ciascun spettatore ci sia incorporata una sorta  di telecamera, che l’attore ( il grande attore qual è lui) sa dirigere , inviando gli impulsi  giusti affinchè lo spettatore  cambi gli obiettivi e  gli angoli della ripresa.  Antonella , convinta che l’energia spietata che muove il nostro secolo , nelle sue vicende collettive e individuali, ci porterà  solo verso la rovina totale , il completo annichilimento , con una serie di metafore-riflessioni a sfondo   leopardiane conclude  che l’uomo è…nulla , e nulla ha da sperare.
La vita è solo un fatto marginale
aleatorio, un gioco a tric e trac
la trottola che gira ci fa male
se ruota attorno a una casualità.
Capita che lo spettatore/lettore non sia cosciente di tale complicato montaggio
iconografico , dei diversi punti di vista, dei diversi orizzonti, delle diversi angolazioni, delle diverse prospettive ,delle molteplicità  che Antonella riesce a costruire con i suoi versi volutamente irregolari , spesso dissonanti , ossimorici ,  deformati, pur nell’apparente semplicità  ( le parole che uso – diceva Claudel - sono quelle di tutti i giorni, ma non sono affatto le stesse), e allora rimane un po’ spiazzato, stupito, sorpreso. Allora il lettore/spettatore fa una pausa di riflessione ( le pause sono schiarimenti), e si chiede che cosa significhi  “Essere in vita”. Un passo?, un battito?, un’immagine?, una parola?
È’ il sogno che mi consola come una madre
il piccolo che piange, lo porta al seno e lui succhia
il latte dell’oblio, mi vedo con un vestito
nuovo  a fiori bianchi, un prato a margherite
gialle le farfalle e le api a impollinare
ma il sogno è miele…

Essere in vita, sembra voler rispondere  Antonella, significa stare “dentro un abisso” , cercare un impossibile divenire, un brivido d’ orizzonte verso la morte, illudersi di  farsi “anima”, diventare piuma  e una musica lieve forse di flauto.

Roma, 14 marzo 2012                                Augusto Benemeglio

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