sabato 31 marzo 2012

La luce e l'ombra di Caravaggio

CARAVAGGIO : LA LUCE E L’OMBRA
DI AUGUSTO BENEMEGLIO

1. La luce e l’ombra
Caravaggio significa la scoperta della forma delle tenebre  nella pittura , che interrompe il rilievo dei corpi; ma anche il dramma vivo della realtà. La sua è  una vicenda storica  fatta di drammi brevi e risolutivi, di lampi geniali e spietati , di  luce e ombra. La luce che rivela , fra gli strappi inconoscibili dell’ombra , uomini e santi impigliati in quel  tragico scherzo che è il  calcolo dell’ombra. Caravaggio è  il  geometra dell’armonia che rifà la storia della pittura con brividi di luce, che si mette a  studiare sui volti  l’incidenza dell’ombra, nelle osterie e sulle vie di Damasco, nelle bettole e nelle tende da campo, nelle strade malfamate e nelle cattedrali , nelle stradine  piene di coltelli di piazza Navona  e nei crocicchi e nei vicoli maleodoranti della  Roma papale . Caravaggio è  l’artista che s’incantò di fronte alla magia naturale delle cose, che si mise ad osservare la natura della luce e dell’ombra ,il gioco che fanno la luce e l’ombra, il pavimento inclinato, l’ombra sul muro, il nastro caduto , si mise  a teorizzare il caso, l’incidente luminoso e farli diventare causa efficiente di una nuova pittura, di una nuova poesia, facendo tabula rasa del costume pittorico del tempo.

2. Il raggio che ferisce
“Non vi è vocazione di Matteo – scrive Roberto Longhi -  senza che il raggio , assieme al Cristo, entri dalla porta socchiusa e ferisca quel turpe spettacolo dei giocatori d’azzardo”. E’ una descrizione di luce, è il primo fotogramma poetico della storia che cattura l’attimo di cronaca in tempo reale ed emerge dal quadro quasi come un rilievo , con un’evidenza memorabile, invariabile, monumentale. Caravaggio - dice Jullian -  inventa lo stil nuovo, un’armonia rara e sottile , una tecnica che si fa poesia, in cui dal nulla dello spazio nudo nascono  esseri e cose, dall’informe  emergono le forme ; dal contrasto e dall’incertezza del chiaroscuro si stagliano le figure  monumentali con la pienezza di statue, ma vive e sofferenti. Come sofferta fu la sua breve esistenza, in particolare negli ultimi anni sempre in fuga.  Infatti , l’ultimo  tempo del Caravaggio  è tragico e disperato ,  e la tragedia della sua vita si riflette nelle sue opere. Sono  anni di fuga e nascondimento , da Roma a Napoli, poi a Malta, in Sicilia e  ancora Napoli, infine Porto Ercole , dove morirà,  sulla spiaggia , solo,  come un cane abbandonato. Sono quattro anni costellati  di opere potenti ed estreme, a volte di grande e plastica bellezza, a volte  documenti di un’urgenza creativa concitata e affannosa.
Tutto ebbe inizio  Il 29 maggio 1606 , a Campo Marzio, Roma, tra le 19 e le 22. Si giocava a pallacorda,  quando Michelangelo Merisi , detto Caravaggio,  e Ranuccio Tomassoni,  da Terni, venivano a diverbio per un banale fallo di gioco contestatissimo. Ma forse dietro c’era  dell’altro.  Il Caravaggio lo conoscevano tutti a Roma e sapevano che oltre ad essere un  grandissimo artista , un genio , era un tipo poco simpatico , un caratteraccio, un tipo rissoso, manesco, bevitore e puttaniere , che non si faceva  pregare per metter mano alla spada, soprattutto se si trattava  di donne, o di gioco. Ma anche l’altro, Tomassoni, non era propriamente  uno sconosciuto , è un capo Rione , uno violento  che sa e vuole farsi rispettare, anche e soprattutto con le cattive. Ed erano entrambi armati di spadino ,  dopo le parolacce passarono  alle vie di fatto,  si sfidarono  e Caravaggio , pur  ferito dal Tomassoni , uccise  il rivale con un colpo di spada ben assestato.
3. La condanna a morte
Michel Angelo da Caravaggio , 33 anni e una vita assai movimentata , era  uno tristemente noto alla Giustizia dei vari Stati italiani : varie aggressioni, a Genova, a Roma, a Milano  , diffamazione e oltraggio agli sbirri. Stavolta si trattava  di legittima difesa , se la poteva anche  cavare , ma l’istinto gli diceva  che doveva  fuggire, non poteva  far altro che fuggire . E infatti  viene emessa nei suoi confronti una condanna a morte , per decapitazione, condanna che poteva esser eseguita, nel Regno Pontificio,  da chiunque lo avesse riconosciuto per la strada.
Caravaggio si  rifugia nei feudi dei Colonna , dove tra l’altro dipinge quel capolavoro che è la Cena in Emmaus , oggi a Brera, in cui -  a differenza dell’Emmaus di Londra, dipinto cinque anni prima -  il pane è già stato  spezzato e il gesto di benedire significa il congedo di Cristo ,il congedo di  Caravaggio che ha  dipinto l’opera  in quel modo rapido, essenziale , e poco più elaborato che un abbozzo ,che caratterizzerà tutti i lavori di questo periodo. E’ un quadro ricco di emotività e di risonanze sentimentali. Caravaggio continua la sua fuga disperata ,  si trasferisce a Napoli , dove dipinge la “Madonna del Rosario” , con la  sua grandissima monumentalità trafitta dal fervore religioso del popolo inginocchiato; e poi quella straordinaria invenzione che è “Le sette opere di misericordia” , una complessa e animata macchina teatrale , ispirata dalla vita di strada. L’opera con quella girandola di figure lunga la raggiera , che contribuiscono al senso dinamico della scena , con la luce che sbalza le masse , i volti , i panneggi, contribuendo a evidenziare il nuovo senso sintetico del volumi,  rivoluzionò l’intero panorama della pittura meridionale , divenendo un riferimento pittorico primario per tutti gli artisti che si andavano allora formando.

4. Cavaliere di Malta
Da Napoli il Caravaggio si imbarca alla volta di Malta, dove approda nel  luglio 1607 Qui viene insignito ,dopo un anno di noviziato, del titolo di Cavaliere dell’Obbedienza . Dipinge un buon numero di quadri , fra i quali l’immensa tela con la Decollazione di San Giovanni, che firma nel sangue sgorgato dal capo reciso del Battista con le lettere f. michel A, dove la f  sta per “ fra”. Tutto sembra volgere al meglio per Caravaggio , che come cavaliere di una delle più antiche e aristocratiche caste di guerrieri , avrebbe potuto chiedere la grazia al Papa . Ma dopo pochi mesi la situazione precipitò improvvisamente. Di nuovo dagli altari alla polvere, gettato   nel carcere della Guva (una fossa di tre metri scavata nella roccia profonda che era nel forte di Sant’Angelo a La Valletta ) e privato di quell’abito di Cavaliere , che aveva sommamente desiderato di indossare; viene espulso dall’Ordine con l’epiteto infamante di “membrum putridum   et  foetidum”. Non è dato sapere esattamente quali fossero le cause di un tale subitaneo rovescio., ma sempre che il repentino cambiamento del rapporto fra il pittore e il Gran Maestro fu dettato da un episodio a sfondo omosessuale che li aveva visti rivali.  Tuttavia riesce a fuggire dalla Valletta e riparare  in Sicilia, prima tappa Siracusa .
5. Aveva il cervello sconvolto.
Il periodo siciliano è  quello più disperatamente religioso , e ciò viene documentato dal Seppellimento di Santa Lucia e nella Resurrezione di Lazzaro , due fragilissime reliquie fatte alla mordi e fuggi. E tuttavia la resurrezione di Lazzaro è sul piano teologico, forse, il quadro più sconvolgente dell’intero seicento italiano . Il miracolo di Lazzaro viene messo in scena come prefigurazione della morte e resurrezione di Cristo , cui alludono sia il richiamo alla Pietà , resa nei due volti ravvicinati di Marta e Lazzaro che ricordano Cristo e La vergine ; il teschio del Golgota e la posizione e braccia spalancate di Lazzaro che esce con immane sforzo dalla tomba.
Aveva il cervello sconvolto, testimonierà Niccolò di Giacomo, sembrava prossimo alla follìa. Lasciata la Sicilia egli fa ritorno a Napoli , a palazzo Colonna ,  e in questo secondo e ultimo soggiorno dipinge freneticamente, forsennatamente , come se il tempo gli sfuggisse ,tutta una serie di quadri – dalla Salomè alla negazione di Pietro , i due San Giovanni Battista e il Martirio di Sant’Orsola ,  fino ad esaurire ogni energia .Sperimenta una pittura più abbreviata che mai,  esasperando la drammaticità  dei soggetti a discapito della cura formale. Ed ecco l’imprimitura rossastra come colore di base, con l’emersione delle figure dai “fondi e ombre fierissime” con lunghi tocchi di luce, in un rapporto proporzionale tra le figure e gli spazi del tutto nuovo, quasi di natura classica. Nel David della Galleria Borghese si autoritrae nella testa mozza di Golia , ulteriore richiamo ossessivo alla decapitazione
6.La grazia, la morte , e la misteriosa scomparsa del suo corpo
Caravaggio voleva rientrare a Roma, ma non sapeva ( o meglio non ne era certo) di aver ottenuto la grazia  del papa e si dibatteva tra speranza e disperazione, oscillava continuamente come un pendolo impazzito, delirava.  Il suo cervello era stravolto davvero e l’ultimo viaggio di avvicinamento a Roma,  da  Napoli a Palo, indi a Porto Ercole , gli fu fatale. Dice Baglione (l’artista che tentò di imitarlo) , che Michelangelo andava per quella spiaggia sotto la sferza del solleone ,” a veder se poteva ravvisare il vascello che le sue robe portava”. Su quella nave c’erano i dipinti che portava in dono al Papa, ma non arrivò mai a porto Ercole, tornò indietro, a Napoli. E lui , dopo  l’accumulo di fatica, anche per il caldo di luglio, si sentiva spossato. “Si mise a letto – scrive Baglioni - con febbre maligna e senza aiuto humano tra pochi giorni morì malamente , come appunto male havea vivuto”.A Roma poco dopo arrivò un dispaccio ufficiale che riportava la notizia: “E’ morto Michiel Angelo da Caravaggio , pittore celebre, a Port’Hercole mentre da Napoli veniva a Roma per la gratia di Sua Santità fattali dal bando capitale che aveva. I dipinti che avrebbe dovuto portare  con la feluca più tardi  giunsero nelle mani di Costanza Sforza Colonna , ma il suo corpo , nonostante le lunghe ricerche, misteriosamente non fu mai più trovato.

Nessun commento:

Posta un commento