L’ASSEDIO DI GALLIPOLI
(1484-2004)
Di Augusto Benemeglio
Con il vecchio Aldino De Vittorio ci troviamo sul bastione turrito di San Giorgio , affacciati sul porticciolo. Da una tastiera invisibile ascoltiamo come un trasuono, una musica strana venire dal mare , o forse da un’onda fonda di risacca che tesse e ritesse la spola del tempo , riapre pagine dolorose e pur gloriose della storia di Gallipoli….
Alla vigilia dell’assedio, nel 1483 , nessun libro, nessun documento della storia di Gallipoli ci dice esattamente quali fossero le condizioni della città. Tutto è andato perduto , tranne una
“ supplicazione “ presentata dall’Università a Ferdinando d’Aragona : maestà , la città è desolata , c’è penuria di uomini da lavoro e anche per fare vettovaglie. Il re è magnanimo e concede franchigie da ogni dazio a “ tutte quelle persone che volessero condurre o far condurre grani o altre vittuvaglie, per venderle nella città”.
Ma è quell’onda di mare , che passa e ripassa sulle antiche mura , che ci racconta la storia e d’un tratto ecco venire verso di noi vessilli di cento leoni d’oro che ruggiscono nell’aria e fanno tremare le nuvole grigie. Sono le galee veneziane comandate dall’Ammiraglio Marcello , riprodotte in una grande tela da Aldino ( “L’assedio di Gallipoli” ) , una sorta di pannello scenografico teatrale in cui si può rivivere la storia dell’assalto veneziano sulle mura . I marinai veneti sono sulle biscagline di corda , con i loro inguini di spuma , le oscillazioni di barbe ramate e le grida terribili; ma i guerrieri di Gallipoli hanno fiamme mobili nel cuore e un infinito di passioni. Gli avi di Aldino si difendono valorosamente e respingono gli assalitori , finchè possono. Sono barriere vive di stinchi, di braccia, di grucci e bastoni. Ma sulle mura c’è un’estasi di grida , un delirio di vittoria e di grandezza dei veneziani i cui capi urlano : “ cento monete d’oro e la più bella donna di Gallipoli per il primo che mette piede sulle mura” .
Lame , scale, vessilli invadono le torri e i bastioni, ed è tutto un risuonare di voci strane e terribili che avanzano, avanzano sui morti e risalgono le mura sbrecciate...poi un suono lontano di campane che annuncia la muta onda nera delle donne di Gallipoli. Tutte , giovani spose con il figlio in braccio e anziane , fanciulle di undici o dodici anni con le trecce nere escono dalle case e si riversano sui bastioni con l’olio bollente , i sassi a difesa estrema della loro città bella che sta per cadere , essere presa… I loro cuori disperati formano una tastiera immensa , un’ultima barriera di clarini che stordisce e fa arretrare i veneziani trionfanti. Le donne fanno il cielo scuro e il mare d’olio . E i sassi e le rocce s’insaguinano di feriti e morti veneziani…
Tutto ciò è nel quadro di Aldino , come una sinfonia dalle intonazioni varie, da quelle più sorde a quelle più acute , la grandezza di un sogno che sopravvive alla sua degradazione e alla realtà della storia insieme ai granelli di polvere e al sentimento del vuoto e della morte , il tutto evidenziato con impressionante realismo e geometrica precisione; tutto ci puoi trovare , anche il dolore più straziante dei bambini massacrati , lo stupro delle donne e l’agonizzare delle onde che si infrangono sugli scogli . Un vizio assurdo , un rimorso e il silenzio , la luce e le canzoni di mare scritte da un maestro prodigioso di orchestre e di colori che ha dentro di se la tristezza di quelle onde infrante, il dolore di una campana al tramonto che ridesta sopite malinconie e antichi ricordi del sangue.
“Con la vanga dei ricordi/ scavo nei tumultuosi/ e frenetici abissi/ di questo mondo ora in eclissi/…Terre del mio Salento…/orlate di muri/merlettate di pietre/ come teschi calcarei…
Il suo cuore è una melograna profonda e aperta… Campi seminati di preghiere/ olivi benedetti/ e cori di bocche / di corpi sazi di lavoro/ echi di bestemmie / e rami secchi/ rivolti verso cieli neri.
E le onde sotto di noi si fanno semi fulgenti di sguardi lontani , mentre il vento del sud trasporta il profumo dei fiori d'arancio, intenso e penetrante, e l’immagine viva di un bambino gallipolino con “ … un pezzo di carbone spento/ per angeli e madonne/ dal collo torto disegnare.
Gallipoli, 2004 Augusto Benemeglio
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