Federico II e Giorgio da Gallipoli Di Augusto Benemeglio
Sappiamo che Federico II aveva dei fortissimi legami con la Puglia ( era nato a Jesi , ma si considerava “puer Apulia” , figlio di questa terra ). Ma - mi è stato chiesto da un lettore di Espresso Sud - quali sono stati i legami , i rapporti , le coincidenze tra l’imperatore e Gallipoli?
Al riguardo , Bartolomeo Ravenna , nelle sue “ Memorie Istoriche” , ci dice che
lo “Splendor Mundi” fu riconoscente alla “città bella” per la sua fedeltà e dedizione, ed è per questo che spedì , da Palermo , un diploma con cui riconosceva ai suoi abitanti: 1) che non fossero asportati per verun delitto, menochè quelli di lesa maestà; 2) che potessero comporre i litigj ; 3) Che rimanesse facoltata di eleggersi il proprio Giudice locale ; 4 ) che non si inferissero dei danni al territorio; 5) Che restasse abilitata la cura del lino nel ristagno detto li Foggi , cosa quest'ultima allora di notevole importanza , perché la semina del lino nel territorio era una delle maggiori fonti di guadagno. Ma il fatto era accaduto nel 1200 e a quel tempo il grande Federico era un bambino di sei anni,che viveva più in strada che a corte , fraternizzando con la Palermo più umile e vivendo di esperienze disparate . Non crediamo , insomma, che , per quanto re di Sicilia da già tre anni , fosse “cosciente” di questi privilegi concessi a Gallipoli.
Un ‘altra occasione d’incontro derivò dalla sua mania di costruire o rifare i castelli della Puglia, che aveva trasformato in una sorta di cantiere permanente , un vero e proprio boom edilizio. Una smania irrefrenabile nell'erigere fortilizi, castelli, casini di caccia, rocche, palazzi. Quasi mai chiese o altri luoghi di culto religioso, anzi in palese contrapposizione ad essi, ad eccezione della cattedrale di Altamura, l'unica costruzione sacra voluta dall'Imperatore. Ma Ettore Vernole , nel suo bel libro , “ Il Castello di Gallipoli” , praticamente non fa cenno di questi interventi dell’imperatore . Insomma considerare federiciano il Castello di Gallipoli sarebbe una grossa forzatura.
C’è infine – e stavolta il legame è forte, importante , - un uomo che unisce Federico a Gallipoli e si tratta di Giorgio di Gallipoli , il chartophilax , dignitario ecclesiastico bizantino , il rappresentante più importante della scuola poetica greca nel Salento bizantino.
Federico lo conobbe quando venne per la prima volta a Otranto , nel 1228 , e conobbe il circolo di Nettario , di Giovanni Grasso e , appunto , di Giorgio di Gallipoli, che gli fu a fianco unitamente al notaio anche al momento del testamento e del trapasso , a Castelfiorentino , il 13 dicembre 1250.
Per Federico il rapporto con questi grandi uomini di cultura salentini , maestri di greco e di latino , ma anche poeti insigni , fu immediato , spontaneo , e scavò in profondità . Fu un fatto quasi naturale per una personalità come Federico, uno dei più notevoli ingegni di ogni razza e nazione , che parlava e scriveva correntemente l’italiano, il tedesco, il francese, il latino, il greco e l’arabo, con cognizioni di diritto filosofia medicina e storia naturale , che fondò a Napoli un’università che sarà presto alla pari con quella di Bologna che chiama a Palermo dotti di ogni paese , che costruì – splendido diadema - un gioiello come Castel del Monte , che ebbe un senso ecumenico ante litteram ( vanno bene tutte le religioni) , - avere un afflato con quella gente di cultura greca e quella terra d’Otranto , dove c’era , nel monastero di Casole , la più importante biblioteca di testi greci . Lì avrebbe trovato conferma alle sue idee e risposte alle sue curiosità, così come nell'antiromanità" ghibellina di un Giovanni Grasso (grammatico imperiale), nell'irredentismo religioso di Nettario e di Giorgio di Gallipoli avrebbe trovato conferma alle sue scelte, a certe sue preferenze, alle sue prospettive politiche.
Giorgio di Gallipoli compose per lui un poema ecomiastico, in cui lo fa apparire come una sorta di Zeus tonante e fulminante dell’Olimpo greco ( un frammento del suo poema fu stampato nel “Catal. Cod. Graec.” ,Firenze , 1764 vol. 1 , pag,. 26) opera che fu largamente apprezzata dall’imperatore che quando si trovava nella terra d’Otranto - e vi si trovò in diverse altre occasioni - non mancava di far convocare Giorgio il Bizantino di Gallipoli, gran maestro di greco e gran poeta, che ebbe modo di testimoniare dell’incredibile energia , una forza vitale , taumaturgica, che emanava l’imperatore svevo. Del resto la virtù sovrumana dello Staufen era stata celebrata da molti maestri di penna in greco e in latino :Tua vis , Caesar , non est in terminis ,/ Nam ( ea) virtutem trascendit hominis/Ut it dicam: cuiusdam numinis / Instar…
C’è una curiosa testimonianza di due secoli dopo la sua morte: la scoperta di una carpa trovata in uno stagno vicino a Heilbronn , in Germania , nelle cui branchie , sotto la pelle , era fissato un anello di rame recante un’iscreizione greca , prova certa che l’imperatore in persona aveva deposto quel pesce nello stagno , e che suscitò grande stupore e il desiderio di di studiare la lingua greca da parte dei tedeschi.
Con la morte dello “ Splendore del Mondo”, il 13 dicembre 1250 - era ridotto ormai ad un vecchio stanco , roso e tormentato da un cancro allo stomaco , nonostante avesse solo 56 anni – per la terre di Sicilia e di Puglia si spense la luce . Da quel momento in poi , infatti , cadranno nel lungo tunnel delle dominazioni straniere e nel dimenticatoio della storia.
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