HEMINGWAY
IL VECCHIO E IL MARE
DI AUGUSTO BENEMEGLIO
1.“Quella sera del 1° luglio 1961 era stata così quieta e serena!” – dirà Mary Walsh, l’ultima moglie di Ernest
Hemingway. “Avevamo perfino cantato
quella vecchia canzone imparata a Cortina d’Ampezzo . “Tutti mi chiamano bionda,/ ma bionda non sono:/ porto i capelli neri”. E poi avevamo ricordato Venezia, l’Hotel Gritti , la
grande festa che Ernest aveva voluto dare per gli amici che accorrevano da ogni parte del mondo
- italiani , spagnoli, francesi , slavi, inglesi , solo per poterlo salutare,
stringergli la mano. Ci
ricordammo del vecchio Adamo, il conte Kechler e la cara Adriana Ivancich, dell’olandese volante , Aaron Edward Hotchner, che ci aveva
scarrozzato un po’ per la
vecchia Europa”. Quella fu l’ultima sera di Ernest Hemingway
, la sera che doveva venire , la sera della “cicuta”, come aveva profetizzato molti anni prima Elio Vittorini ,
una sera senza senza alcool , senza macchina da scrivere , senza arpioni, senza
fucili , che Mary aveva provveduto a chiudere in cantina ( ma dimenticherà
fatalmente la chiave sul davanzale!) , una dolce
e chiara notte leopardiana , senza
vento, che non preludeva a quell’atto definitivo che da tempo ormai Hemingway
meditava di compiere.
2.La morte, l’eterna puta , è
la protagonista di quasi tutte le sue storie, il grande personaggio che
sovrasta le violenze e i massacri della guerra. Puta è il mare che
insidia il vecchio pescatore cubano, puta è la jena che insidia i
cacciatori nei suoi racconti più famosi, puta è la politica che porta alla
guerra. E ora questa onnipresente puta lo
attendeva per un ultimo abbraccio. “In fondo era l’unica cosa veramente pura che possa accadere nella
cosiddetta vita”.
3. “Ma non c’è ombra di razionalità nella sua prosa - aveva detto Moravia . “Chiunque abbia provato a
tradurlo sa che va in pezzi e che occorre rifarla tutta da capo”. Moravia era
invidioso del suo successo come lo erano quasi tutti i letterati di
professione, tranne qualche eccezione.
Quel suo modo di essere “personaggio”
almeno quanto scrittore esasperava i
critici e – dice la Pivano -
“rimarrà una colpa sempre imperdonata dai letterati di tutti i tempi e di tutti
i paesi…In realtà nei suoi libri , che ho tradotto , io ho visto solo splendori , nello stile, nello stupore
davanti alla crudeltà del destino, nella stoica
rassegnazione ignara di concessioni al macabro, nella storia d’amore, il ritratto
di un’epoca e una tragedia”.
4. Mary e Ernest , quella sera , ricordarono insieme tante altre persone , fatti e cose che avevano vissuto insieme. Ingrid Bergman , che erano andati a
salutare alla Scala di Milano mentre
recitava Giovanna d’Arco; Dominguin e
Ava Gardner , in una corrida a Pamplona , e poi la cattedrale di Burgos ,
dove Ernest si era inginocchiato davanti alla statua della Vergine e aveva
pregato con fervore , come il più devoto dei cattolici; il Safari
natalizio del 1953 in
Tanganika , con lui vestito da Masai,
la testa rasata, che va a caccia di leopardi con solo una lancia; la
festa di San Isidro , a Madrid ; l’ultimo imperdibile incontro di Ray Sugar Robinson al Madison Square
Garden ( il pugilato fu un’altra delle
sue grandi passioni, e quando gli capitava non mancava di battersi sul ring. Lo
fece anche con Walter Chiari , ex
campione dilettanti, durante un viaggio , in
un albergo di Parigi, all’epoca in cui l’attore italiano aveva preso una cotta
tremenda per Ava Gardner e la seguiva ovunque) , e infine ricordarono l’ultimo
show di un’attempata Marlene Dietrich
al club 21 di New York dove avevano incontrato Lauren Bacall e Bogy , una
coppia davvero hemingwiana . E poi Gary Cooper , convertito al
cattolicesimo per amore della moglie, che
era andato a trovarlo dove ora vivevano , a Kectchum , presso Sun Valley , dopo
che Ernest si era guastato i rapporti con il nuovo dittatore di Cuba, Fidel Castro, e aveva lasciato l’Avana e la sua fattoria.
Erano andati a salutare il vecchio Ezra Pound , che tornava in Italia , a
Merano, dalla figlia e con lui avevano parlato di Frost, Cummings , Joyce , Eliot
.
5.Ma nessuno ricordò Eugenio Montale , che era andato a trovare lo scrittore
americano a Venezia , a metà degli anni cinquanta. Hemingway era stanco ,
sfiduciato, pieno di acciacchi , di recenti ferite e ustioni per un incidente
aereo
che gli era occorso in
Africa , e il poeta ligure lo descrive ,
come in un siparietto dietro la laguna , carico di colore e ironia : “Il
vecchio orso è ancora a letto, dal
pelame sbucano/ solo gli occhi e gli eczemi”. L’accesso all’orso Hemingway
non è stato facile, per Montale . Sono occorse astuzie per superare lo sbarramento del
portiere ligio agli ordini , una vantata (ed esagerata) amicizia con Pound , e qualche bottiglia di
Merlot. I due parlano , Hemingway è
leggermente balbuziente , parla a voce bassa, ed usa una lingua che è
un miscuglio di inglese, francese,
tedesco e spagnolo , ogni tanto si posa un dito sotto l’occhio e sorride di
sbieco, alla Clark Gable, Il
discorso corre sul filo dell’assurdo : nomi di gente e luoghi, critiche di
tempi e di stagioni sociali, scontentezza e disillusione. Scrive Eusebio
Montale : “ L’uomo delle corride e dei
safari / si dispera. Niente cacce in palude, / niente anitre selvatiche, niente
ragazze”. E poi , all’improvviso, il
brusco congedo. “Vuol restare solo, si è stufato , e che non gli si mandi altra
gente, si raccomanda al portiere, della mia risma, peggio se intelligenti. Il saluto è rapido , ma non senza un
sorriso, un ammiccamento. “ Era un addio: egli non doveva ancora aver molta
vita; era stata già data la prima falsa notizia della sua morte…e morendo due
volte / ebbe il tempo di leggere le sue necrologie”.
6. Hemingway a quel tempo
ha solo cinquantacinque anni, ma ne mostra molti di più. Un incidente aereo in Africa ,
subito dopo il Safari , ha compromesso per sempre la sua proverbiale vitalità
fisica. Sembra un superstite , pieno di ferite , di acciacchi e ustioni com’è.
“Fu a causa mia – dirà Mary – che in quel periodo si era rappacificata con il
marito dopo una lunga separazione. “Volevo
fotografare le cascate Murchison ,
ma uno stormo di ibis passò
davanti all’aereo e per evitarlo il pilota colpì un filo del telegrafo che
danneggiò l’elica e la
fusoliera. Facemmo atterraggio di fortuna in Uganda e di qui
proseguimmo su un altro piccolo aereo che prese fuoco e causò effetti devastanti sul corpo di
Ernest: ferite alla testa e al rene , un
collasso dell’intestino, il fegato compromesso, la spina dorsale incrinata ,
aveva perso la vista e l’udito , fratture e lussazioni varie nonché ustioni di
primo grado sulla faccia, braccia e sulla testa. Quando arrivammo non so
come a Nairobi, Ernest ricevette migliaia di telegrammi e centinaia di necrologi
da tutto il mondo . Ai giornalisti
dirà di non essersi mai sentito meglio in vita sua. In realtà era in pericolo
di vita”. E da allora in poi non si riprenderà ma del tutto...Crisi di
depressione , paura di perdere la vista e la capacità di scrivere . 7. “Scrivere – aveva detto - è una sfida
continua , la più difficile di tutte
le cose che mi sia toccato di
fare Per questo lo faccio – scrivo. E
sono felice quando mi riesce” .
Hemingway inizia a pensare , quasi ossessivamente , al suicidio, a
“l’ultimo gesto di Socrate – scrive Vittorini – che è il gesto essenziale
dell’uomo- Hemingway; e non di auto-distruzione , ma di adempimento:
gratitudine estrema , in amaro e noia, verso la vita…In ogni pagina di
Hemingway noi troviamo accettato come un fatto già vecchio dell’uomo che le vie
della purezza sono simili a quelle della corruzione e che la purezza è ferocia, e che ogni velleità di ferocia è una velleità di
purezza, e poi troviamo , implicito, un ideale stoico….Spagna , Africa, guerra, questa
vita è gioventù, solo gioventù, un’orgia intrepida , e solo nella gioventù è purezza….”
8. Ma Hemingway non
era più l’esponente della “generazione perduta” , quello di “The sun also rises”
, il sole sorge ancora , che si ribella
alla legge esistenziale , e che mostra continuamente il suo coraggio di fronte alla morte nonché “
la quantità di peli che ha sul petto”.
Era finito ormai il tempo
delle sfide a se stesso e anche il mito del “macho” andava sgretolandosi leggendo le memorie , raccolte in volume , della terza
moglie di Hemingway , la bellissima e coraggiosissima giornalista americana
Martha Gellhorn , (Secondo Randolfo Pacciardi , che aveva comandato la Brigata Garibaldi
durante la guerra civile di Spagna , e a cui Martha aveva chiesto di
partecipare ad un combattimento vero , Hemingway fu indotto a sposarla proprio
per il suo coraggio) , che traccia un
profilo decisamente negativo delll’ex marito :
9.“…Era cinico ,
violento e codardo. Non fu mai gentile
con me , ero la donna che voleva, cioè la
donna che voleva assolutamente possedere e schiacciare , perché secondo la sua
teoria l’unica cosa che le donne capiscono è la brutalità e se sono
recalcitranti, come me, devono essere
picchiate. Non capisco perché nessuna di
noi mogli ed ex mogli , in particolare
Mary , non abbia mai sparato a quel dannato figlio di puttana. Tutte
ci immaginavamo che i suoi divorzi fossero stati colpa nostra. Ma in verità,
Ernest era orribile anche come amante: wham, bam, grazie Signora , o
addirittura wham, bam , e basta. Il grande fabulatore e scrittore di sesso
doveva essere terrorizzato dalle donne. Del resto odiava la madre , e a
ragione, perché era davvero infernale, tutta virtù e falsità. Solo adesso mi
rendo conto che non bisognava sposare un uomo che odia la madre, come non
bisogna sposare i figli di madri troppo possessivi perché diventano gay. Nel
profondo , nella indistruttibile memoria dell’infanzia , Ernest non si fidava
delle donne, gli causavano sofferenza e reagiva facendole soffrire , come
mostrano i suoi libri”.
10. E’ stato uno scrittore tragico, - replica Fernanda Pivano , che gli era amica devota - , era un inimitabile cantore del rapporto tra
uomo e donna e della sua disintegrazione in un destino senza via d’uscita. Che
gli amanti si chiamassero Brett e Jake
o Catherine e Frederick, o Harry e Marie, non cambia il loro destino che
restava senza speranza, davanti allo spettro della morte , eterna protagonista di tutti i suoi libri. E i suoi ultimi anni furono un calvario
personale. Hemingway non si è
ucciderà per amaro , per noia e perduta
giovinezza. Ma perché gli ultimi sette anni della sua vita furono davvero
terribili , un vero e proprio calvario: “
Vivere è assai più difficile e complicato di morire”, aveva scritto al suo
traduttore russo Kashkeen , l’unico – secondo lui – che capisse i suoi
scritti fatti di abile rozzezza e
complicata semplicità , di pessimismo sanguigno e disperazione repressa,
sincerità cinica e cattolicesimo scettico. “L’unico che sapesse meglio di me
quello che stavo cercando di fare “. Kashkeen aveva parlato del suo stile ,
la brevità tautologica dei suoi dialoghi
, la precisione dei suoi accenni , e
del suo spasmodico sorriso senza
gioia, groviglio di conflitti che aveva
le sue radici nella tragica disarmonia tra mente e corpo (Mens
morbida in corpore sano), nella discordia mentale che minacciava di
provocare la disintegrazione del corpo e la sua distruzione.
11. E quando Hemingway
si sentì tradito dal suo corpo ( aveva perso quella forza ed energia che lo avevano reso
famoso ) , esasperato ed umiliato dalle sue condizioni fisiche che lo costringevano a farsi visitare
continuamente , nonostante osservasse con scrupolo e umiltà delle diete
severissime , si compì
il suo tragico destino.
Ma ci saranno prima altri momenti di grande sofferenza, altre grandi emozioni ,
che erano state il filo conduttore dei suoi libri e che ora , da vecchio , non
poteva più controllare; quelle emozioni
che avevano guidato le sue pagine più belle e intense , palpitanti di passioni
e di dolore , ora lo sopraffacevano . Era incapace di incanalarle, descriverle,
farne oggetto di un romanzo, era
incapace di controllarle. Piangeva, aveva vuoti di memoria, repentini cambiamenti
di umore, abbandoni.
12.Mary ricordava benissimo come tutto ebbe inizio , a partire dalla colossale festa
per il suo sessantesimo compleanno,
a La Consula , nei pressi di Malaga , sulla costa del Sol, con amici che erano
venuti da tutte le parti del mondo, l’orchestra che suonava il flamenco , le
gare di tiro, i fuochi di artificio che
durarono per tutta la
notte. Ernest , ad un certo punto cominciò ad offendere gli amici invitati con battute
crudeli, poi una crisi violenta di pianto. E poi crisi maniaco-depressive che lo
rendono sospettoso di tutto e tutti
e gli provocano grandi vuoti di memoria, l’ossessione
dell’FBI ( che lo teneva
effettivamente sotto
sorveglianza fin dai tempi della guerra di
Spagna, credendo che fosse comunista, mentre lui aveva scritto al suo
traduttore russo: “Non posso essere
comunista perché credo in una solo cosa: la libertà), il ricovero nelle
varie cliniche, dove gli fanno decine e
decine di elettroshocks.
Lui, abituato da sempre
ad essere attorniato da folle di ospiti
, vive ormai – nei brevi intervalli fra un ricovero e l’altro – come un recluso
in una disperazione ormai incontrollabile. Lavora a fatica e fissa a lungo i
fogli del dattiloscritto come non li vedesse, scrive qualche lettera, ma si
rende conto di non riuscire più a farlo, piange sovente, continua a dimagrire,
pensa di avere un cancro.
13. Ripensa al mare , all’ultimo periodo felice della sua esistenza, quando con la “Pilar”,
la sua barca d’altura aveva pescato
grossi pesci nella Corrente del Golfo per trentadue giorni di seguito , dal
mattino presto al calar del sole , ripensa al vecchio Santiago, lo sfortunato eroico pescatore dell’ultimo suo
capolavoro , “Il vecchio e il Mare” , che il 1° settembre 1952 era uscito su
“Life” in un numero unico in cui si vendettero oltre cinquemilioni e trecentomila copie nelle prime ventiquattro ore dalla
loro comparsa nelle edicole, il libro che gli fece avere il premio “Pulitzer” l’anno seguente , premio che
sarcasticamente Hemingway chiamava “The
Pullover Prize o The Ignobil Prize , con chiaro riferimento al Nobel che si aspettava di vincere e
infatti gli fu assegnato l’anno dopo, il
28 ottobre 1954, ma lui non si presentò a ritirarlo perché era ancora alle
prese con i postumi del Safari africano..
A scrivere questo minuscolo libro , che ebbe uno
straordinario successo
di pubblico e il consenso quasi unanime anche della critica ( “Il tempo
dimostrerà che è la cosa migliore scritta da tutti noi”, dirà un suo
rivale come Faulkner,
insignito del Nobel
qualche anno prima di Hemingway) , Ernest non impiegò che otto settimane , meno di due mesi , ma la storia era stata meditata per oltre vent’anni , fin da
quando lo stesso Hemingway , nel 1931, nel suo viaggio a Cuba aveva arpionato
un grosso pesce spada e dopo due ore il pesce riuscì a fuggire lasciandolo
disperato sotto la pioggia che gli procurò una broncopolmonite. E
successivamente , quando aveva arpionato un grosso tonno e nel portarlo a terra
se lo vide divorato dai pescecani che lasciarono intatte soltanto la colonna
vertebrale, la testa e la
coda. Inoltre , a Cuba , dove possedeva la fattoria La Finca
Vigia, poco distante dall’Avana , egli amava
ascoltare i racconti
della gente di mare e qualcuno gli avevano raccontato “una storia meravigliosa della costa cubana,
una storia davvero straordinaria- scrive al suo editore – se mi riesce di
raccontarla bene.
14.Una storia , il vecchio e il mare. Ed era quella di un vecchio pescatore “salao” (jellato) , che
con il suo gozzo aveva preso all’amo un grosso marlin che , girando la pesante
lenza di fusciacca, trascinò la piccola imbarcazione a vela in alto mare. Il vecchio
era rimasto con il pesce un giorno e una notte , un altro giorno e un’altra
notte , mentre il pesce nuotava in profondità e trascinava la barca. Quando poi
era salito alla superficie , il vecchio gli era venuto addosso e l’aveva
arpionato . In seguito , il marlin , legato al gozzo era stato attaccato dagli
squali e il vecchio si era battuto con loro , tutto solo, nella Corrente del
Golfo, bastonandoli, punzecchiandoli , cercando di colpirli con il remo ,
finché non fu troppo stanco per impedire
che gli squali mangiassero tutto ciò che poterono. Quando i pescatori , due
giorni dopo , lo raccolsero , sessanta miglia più ad est , il vecchio aveva
ancora legato all’imbarcazione la testa e la parte anteriore del marlin. Piangeva , il vecchio , come impazzito, per la sua perdita. E gli squali
giravano ancora intorno alla sua barca.
“Il libro è la storia di un esempio di stoicismo nel sopportare le avversità , con una
struttura narrativa sottolineata dalle onde del mare e la straordinaria abilità
di Hemingway a unire arte e natura, la verità e la poesia delle cose reali”.
Con questo libro Hemingway voleva mostrare di cosa è capace la dignità umana , “una mistica del coraggio e della speranza
indistruttibile dell’uomo” , e infatti pensò , in un primo momento ,
di intitolarlo “The
Dignity of Man” , ma è anche – dirà
William Faulkner – un libro sulla scoperta di Dio , un Creatore …”Stavolta ha scritto sulla pietà , “su
qualcosa che è in qualche luogo li ha
creati tutti : il vecchio che doveva catturare il pesce e poi perderlo, il
pesce che doveva essere e poi perso , i pescecani che dovevano sottrarre al
vecchio il suo pesce; li ha creati tutti e li ha amati tutti e ha avuto pietà
di tutti” “ E un idillio del mare in
quanto mare – scriverà Berenson – ed è trasmesso in una prosa pacata e irresistibile
come il verso di Omero”
15. Osserva Roberto Casole , un giovane liceale di Gallipoli: “Non è inutile la
lisca di pesce che Santiago , per aver lottato da solo, porta a casa. Essa
rappresenta la sconfitta di Santiago e può anche darsi che rappresenti la
sconfitta di Hemingway, però il ragazzo
il ragazzo che piange e torna nella barca del vecchio perché ha molte
cose da imparare , e i pescatori , che hanno mandato aereo e guardacoste a
cercarlo, e che ora misurano quella incredibile lunga lisca e trovano in essa
il conforto alle loro speranze, al loro orgoglio di lavoratori, alla loro
possibilità, alla loro tenacia, sono lieti di avere Santiago in mezzo a loro e
di sapere che un uomo vecchio e sfortunato ha potuto tanto”. Possono benissimo
prenderlo ad esempio anche se ad essi è dato , nella loro gioventù, di uscire
in mare in molti, a barche unite, remo contro remo, cuore accosto a cuore, per
vincere e non per perdere”.
16. Del libro gli fu proposta la riduzione cinematografica
dal produttore Leland Hayward,
che comprò i diritti e la consulenza tecnica del film. All’inizio Hemingway ne
fu entusiasta, perché pensava che fosse affidata la parte del vecchio pescatore
al suo grande amico Humphrey Bogart ,
che la desiderava molto ed era in ruolo, invece fu affidata a Spencer Tracy ( che aveva comperato da Hayward parte dei diritti e quindi diventò
coproduttore), nonostante il suo fisico fosse in netto contrasto con il
personaggio. Tracy promise di dimagrire correndo tutti i giorni sulla spiaggia
e mettendosi a dieta: “Poor bastard!”,
commentò sarcasticamente Ernest, “non ci
riuscirà mai”, e lo criticò così
duramente da umiliarlo . Spencer Tracy riprese a bere ( era in cura
disintossicante) e per dieci giorni non fu in grado di lavorare. Poi subentrò Zinnemann , che aveva prodotto
“From Here to Eternity”, ed era molto
stimato da Hemingway. Ma dopo un mese di pesca all’Havana non riuscirono a
prendere neppure un pesce spada abbastanza nero e grosso da essere adatto alla
storia: “Qui non saltano, vanno troppo a fondo. Sono troppo vecchi e troppo
grassi”, disse un amico pescatore cubano di Ernest. Così decisero di spostarsi
in Perù , dove i pescespada erano numerosi e turbolenti.Ma anche lì non pescarono
neanche un pesce. Pagarono i diritti di un filmato in cui si vede la cattura
record mondiale di un pesce di 1560 libbre , e nel film si vede questo pesce
saltare nel mare, ma alla barca di Santiaco-Tracy venne legato un pupazzo di
gomma.
Il film uscirà solo nel 1958, con la regia di
John Sturgess, la sceneggiatura di Peter Viertel, la musica di Dmitri Tiomkin e
l’interpretazione di Spencer Tracy. Nonostante ci fosse anche una breve
comparsa di Mary, Hemingway si rifiutò di vederlo.
Disse solo: “Quei dannati cinematografari hanno distrutto quattro mesi della
mia sola e unica vita”.
17.Mary andò a dormire molto tardi, mezzanotte passata, ma Ernest non
poteva. Soffriva d’insonnia da sempre, la
sua vecchia insonnia che gli aveva fatto scrivere libri come “Fiesta” in sole sei settimane, ora lo
angosciava. Ma se chiudeva gli occhi, aveva paura che l’anima gli sarebbe uscita dal corpo. Doveva rimanere sveglio per
fare qualcosa che doveva fare: “ Mi pare
come se tutto dentro di me fosse andato al diavolo” . Dopo due tentativi di suicidio sventati da
Mary , l’avevano ricoverato a Rochester dove
gli avevano fatto una decina di elettroshocks assassini , e poi chiuso
in una stanza senza macchina da scrivere e senza telefono , per sessanta
lunghissimi giorni, in cui aveva pensato unicamente a quel gesto che si
accingeva a fare. Aveva appena sessantatre
anni, ma ne mostrava venti di più, era come il vecchio Santiago , “
tutto in lui era vecchio, tranne gli occhi che avevano lo stesso colore del mare ma non ce la faceva più a lottare, non ce la
faceva più nemmeno a scrivere.
E’ ormai l’alba del due
luglio 1961 quando si reca nella cantina e prende il fucile, inserisce due cartucce che squarciano l’aria , e squarciano la sua
testa. Questa volta i necrologi, che arrivano dal Vaticano , dalla Casa Bianca
e dal Cremlino , non potrà più leggerli. Ernest Hemingway è morto davvero!
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