LUCIGNOLA DI GLORIA DE VITIS
DI AUGUSTO BENEMEGLIO
1. Pinocchio guardiano d’odalische
“Lucignola” di Gloria De Vitis , Lupo Editore, Copertino, 2011 , è un libro tutto concentrato nel titolo e nella copertina, magistrale foto di Francesco Leone , in cui c’è un Pinocchio legato ( potremmo anche dire “guardiano impiccato” alle grazie proibite di un’odalisca ) al collo di un’immagine di donna nuda vista però di terga , una donna che mostra un corpo perfetto e un fondo schiena scintillante. La trasgressione , la ricerca del paese dei balocchi ( leggi una vuota ricerca del piacere e un’ impossibile felicità) e l’eros ( i frequenti rapporti sessuali che la protagonista ha con diversi uomini) , tutto il romanzo sembra già lì, in bella mostra , non c’è bisogno – forse - di aprire quella scatola magica che è il libro . E non a caso l’autrice è un’artista figurativa ( pittura e fotografia) che sa come sia possibile narrare il “tutto”, o quasi (questo sarebbe stato il sogno di un Fellini) con una sola immagine, la copertina appunto. Del resto a che serve la scrittura, a che servono i libri? . E’ lei stessa a fornire la chiave di lettura. “Ancora un altro libro, solo un altro sterile , inefficace libro…I libri , nient’altro che contenitori stanchi di mezze verità, e la verità, un’altra finzione?
2. L’arte senza condizionamenti
Gloria De Vitis è una leccese , nota soprattutto come artista d’arte figurativa, in cui ha conquistato i suoi spazi , grazie alla sua personalità e alla sua assoluta originalità creativa. E anche a un suo modo di pensare decisamente anticonformista. Della sua pittura informale - , che richiama abissi mostruosi , spaventosa energia del caos della materia , buchi neri , spazi senza confini, turbini agata e indifferenti beatitudini , luoghi di tenebra senza fine , nodi d’urli e nubi di silenzi , roba inconscia , che risale da memorie lontanissime , ancestrali , da giorni di morte bianca o nera , - non vuole nessuna notazione o , peggio, “illuminazione” critica (è da presuntuosi credere di penetrare e spiegare qualcosa che la stessa autrice non percepisce bene cosa sia, l’arte è un fatto emozionale e diretto , lasciamo che lo spettatore provi la sua libera sensazione di stupore o repulsa , senza condizionamenti di sorta )
Insomma è una che va controcorrente , una vera e propria “Lucignola”. Ma chi è Lucignola? E’ un’amica intima di Pinocchio il ribelle giocoso,
il nostro Peter Pan pieno d’energia , a cui è dedicato il libro , “la favola bella che ieri ti illuse, che oggi ti illude …” Ma “lucignolo” è anche un asse della candela, un incrocio tra il filaccio e la luce vera e propria. Possiamo dire che è un libro che sta nell’ombra , che non ha verità da trasmettere , che è tra il detto e non detto, tra il fuori e il dentro, tra l’altro e noi, tra istinto animale e collegamento divino; nel tutto s’infiltra una passione totale di anima sesso e sangue, forse un inganno, forse un prurito , forse un destino, comunque un altrove.
3. Anna , Moravia e l’Ultimo tango.
Anna , la protagonista del romanzo , è un personaggio molteplice, che ha dentro di sé una confusa idea d’infinito e di rivolta ( Vivevano dentro di lei vari “personaggi in cerca d’autore” : l’imprenditrice , la barbona , la virtuosa, la puttana –pag.23) e trova , dovunque si giri , nullità , banalità, o arbitrarietà di gesti e di valori, crudeltà psicologiche, violenze, erotismo disperato e meccanico.
“ In questo teatro di incontri fugaci ,/ amori promiscui, orgasmi simulati,/ nell’incidenza di un corpo che sembra offrirsi ridente / che si concede senza appartenenza ed appartiene senza concedersi, in cui in nuclei invisibile è celata la verità/ e la menzogna è padrona sulle bocche velenose ,/ non trovo più il dolore di un’esistenza che si contrae, ma assenza” (pag.29).
Ricorda un po’ i personaggi da ultima spiaggia di Moravia, che si arrendono a discrezione, per disistima di loro stessi, per indifferenza verso qualunque deriva della vita : Il suo corpo si concedeva con facilità , forse perché non aveva conosciuto la sacralità del piacere…si donava semplicemente perché era stata scelta…ma l’apice del piacere lo sapeva raggiungere solo attraverso la masturbazione”(pagg.23-25)
Finalmente Anna incontra Tobia , ed è una lunga storia d’amore che mi rievoca vagamente “Ultimo tango a Parigi” ( Gloria De Vitis era troppo piccola quando uscì il film-scandalo, di cui allora non se ne comprese la portata rivoluzionaria) , con una finale scena di sesso estremo che ricorda in qualche modo quella del film di Bertolucci. E’ un sesso disperato, tragico, funereo, d’addio . Questa è la scena centrale , essenziale , di tutto il libro , come lo era di tutto il film . Sembrerebbe un po’ banale, ridurre la sua voglia di “ liberare la vita, quella vita che si ribellava a tutti i lucchetti di sicurezza cui era contenuta , per poi afferrarla in volo”(pag.17) solo a questa scena , ma lo fu ugualmente a suo tempo per il film di Bertolucci , che era un film quasi metafisico e fu scambiato per un film pornografico .
3. Maledettismo salentino
Anche Anna-Gloria cerca…( mi verrebbe da dire, con una battutaccia, la gloria , ma in realtà non è quello che vuole) un proprio modo di essere, un proprio modo di esistere, un proprio modo di amare, ( …“fu letteralmente sommersa da una luce bianca che filtrava tra bollicine d’aria e d’acqua in sospensione. Era proprio così che si era immaginata l’amore: una cessazione temporanea dal sé…) che , forse, si raggiunge solo con la morte. Del resto non diceva forse Camus che c’è incompatibilità tra l’uomo e la vita?…
La protagonista del suo racconto, Anna, non ha più parametri di giudizio , tutto è pari in questo mondo, in questa società in liquidazione, il cinismo e la lealtà, l’amore e il disprezzo . Offre il suo corpo , il suo sesso spento , un po’ a tutti i diversi uomini che incontra , quasi in una sorta di gioco schizofrenico, ora si fa puttana di lusso , ora amante frigida , ora affettuosa samaritana che si concede ad un vecchio amico del padre, ma sempre con la massima noia e disgusto , sempre in cerca di qualcosa che esorcizzi la sua angoscia profonda , il suo mal di vivere, ( direi che l’ artista leccese possa entrare a far parte del c.d. “maledettismo salentino” di cui parlava Donato Valli) .
Anna è una che sovente filosofeggia sul mondo delle idee ( …le parve persino di vederle quelle idee, correre a piedi nudi verso…mentre lei portava addosso il peso del mondo – pag.33) , e chissà che – invece - alla fine non trovi la sua armonia insieme a Tobia , il solo uomo che abbia veramente amato?
Sì, è , probabile.
Ma in un'altra dimensione .
Nel paese delle meraviglie?
Più o meno.
4. Il muro
Che ci vuol dire , infine , Gloria De Vitis con questo romanzo breve? Che la pienezza di esistere è preclusa da spesse cortine di limiti del corpo e dell’intuito, che possono coglierne l’intuito attraverso minimi respiri clandestini, fuori dalla pochezza dilagante dell’autoinganno.
La disponibilità alla vita deve districarsi in miscugli non risolti d’anima e corpo ( Cos’altro poteva essere lei, se non uno spicchio del mondo e del sogno cui lui anelava? Lei che non bastava a se stessa, lei che puzzava del suo io, lei e il suo niente)
Echi di sillabe si sgranano in parole o grumo che filtrano significati, e si tenta il precipitato e l’intreccio dei corpi ,l’estrema intimità, in cui la loro carne e mente non richiedevano nessun’altra percezione , per ritrovare un suggerimento di senso in divenire. Ma nonostante quella fonte inesauribile di baci , “tra loro c’era un muro ,un muro che non sarebbe mai venuto giù.
Quel muro era “ l’ Eterno ritorno senza ritornare mai
L’Eterno avanzare senza avanzare mai
L’Eterno tempo di una sigaretta.
I suoi personaggi sembrano un po’ quelli di Moravia , finiscono col vivere soltanto quel che c’è dietro quel muro ,coi loro gesti vuoti e il chiuso chiuso dentro il loro petto serrato. La realtà li fascia, li assedia, e non li scalfisce: forse li chiama ad agire, ad essere, ma essi non ne sentono il richiamo, non riescono a compiere nessun salto liberatorio, restano impigliati nell’abulia di esistere, disperati senza disperazione.
Il muro è ancora alto. E non è caduto.
Roma, 16 marzo 2012 Augusto Benemeglio
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