OMAGGIO A GIUSEPPE MAZZINI
Di Augusto Benemeglio
1. Un uomo segnato da un destino irrevocabile
Nel mio recital , “Omaggio a Giuseppe Mazzini” , che metteremo in scena , come “Associazione Culturale Zero e Ben” , con il patrocinio del Municipio XIII – Roma Capitale - presso il Castello Giulio II di Ostia Antica, nel prossimo mese di Giugno, s’incontra un Mazzini lontanissimo dai libri di scuola, e sotto certi aspetti inedito, quasi sconosciuto : intenso, passionale, orgoglioso, solitario, indomabile, molto amato, ma anche molto odiato e molto criticato per le sue scelte utopistiche. Giuseppe (“Pippo”) Mazzini , non è il carducciano “marmoreo gigante //che giammai non rise”, ma un uomo stanco , isolato, abbandonato a se stesso , ormai segnato da un declino e un destino irrevocabili (“ Io dormivo insonne tra le muffe dei libri, i brogliacci e le carte. Ero vecchio ormai, ma avevo voglia di risalire gli anni, di sconfiggere il dolore, gli acciacchi, le delusioni, i tradimenti, le angosce, i rimorsi, la morte che mi teneva il passo). Anche se -anacronisticamente - , Mazzini non demorde, ancora lotta e spera nell’Italia Repubblicana e democratica fino all’ultimo respiro della sua tormentata esistenza . E il suo patetico, quasi grottesco tentativo di un’ insurrezione con un gruppo massonico siciliano per liberare Roma il 14 agosto 1870 (l’Italia è già stata fatta da nove anni!) rappresenta l’ultimo suo atto di una serie di fallimenti . Ma lui , si sa, era un utopista, destinato a seguire un sentiero doloroso, tragico, senza compromessi e senza vie d’uscita.
2.La solitudine come espiazione e condanna.
Ritroviamo un Mazzini ormai doppiamente esiliato , dalla Patria e dal cuore degli italiani , che , dopo tanti anni , liberato dal carcere di Gaeta dove era stato rinchiuso a seguito della cattura a bordo del piroscafo “Florio”, rientra di soppiatto nella sua amata Genova , città di ferrame e alberature, di suoni e travagli umani, coi suoi cantieri, e le sue fatiche, che precipitano a selva nella polvere del vespro, e poi si reca al cimitero di Staglieno , sulla tomba della madre , Maria Drago,donna fatta di dura tenerezza e rigore calvinista, l’unica donna che abbia veramente amato. E’ un Mazzini preda della solitudine più profonda ( la solitudine s’affermava in lui come un atto di necessità, era la sua espiazione, la sua condanna , l’inferno certo per ogni essere vivente), Ma scopriamo anche un Mazzini diverso , appassionato di musica , che suona l’ amata chitarra e canta canzoni di guerra e d’amore , che scrive lunghe lettere d’amore a Giuditta Sidoti dalla quale avrà un figlio , che morirà piccolissimo, a soli due anni e mezzo. Un Mazzini che qualche volta riesce anche a sorridere , pur soffrendo di acute profonde nostalgie per il suo esilio che non avrà mai fine , un ;Mazzini che è molto amato ( anche dalle donne inglesi) , e molto odiato ( dagli austriaci, dai piemontesi, in particolare ,ma anche da tutti i regnanti d’Europa).
3.La libertà non si riceve mai in regalo
Ma nello scenario ad ampio spettro che si è voluto disegnare , con frequenti flashes back sul filo dei ricordi, e con spunti lirici , - non mancano i toni aspramente dialettici fra due personaggi su posizioni nettamente contrapposte , per quanto riguarda la figura e i metodi di Mazzini, che viene visto ora come maestro e profeta mistico-umanitario e martire della libertà, ora come infame cospiratore a capo di un’orda di assassini, una specie di brigatista rosso di quei tempi, insomma ,un esempio clamoroso di mancanza di qualità strategiche , e del tutto inadeguato come politico , sia per scarsa originalità di formule , che per mancanza di novità ; sia per quell’agitarsi nel vago e nell’indefinito, quell’operare su astrazioni , che per assoluta ignoranza dei bisogni del popolo italiano..
A noi rimane il suo grande insegnamento morale , che è ancora attuale. Diceva Mazzini :“Ricordatevi che la libertà non si riceva mai in regalo. Ogni liberazione è sempre auto-liberazione”.E questo ben lo sanno i molti popoli che sono tuttora oppressi. Ma Mazzini rimane un uomo dei nostri giorni anche perché esaltava le qualità sociali, le doti civiche, l’abnegazione al servizio della comunità, i cui interessi trascendono quelli dell’individuo , il cui destino assorbe in sé la sorte dei singoli .
4.Mazzini profetico
Infine , assistiamo ad un Mazzini malato, ormai moribondo , dimenticato, solo , abbandonato, quasi rassegnato (“Ora tutti lavorerete con più fede , con più ardore per far sì che io non abbia vissuto invano) … che muore in incognito, a Pisa, il 10 marzo 1872 ,sotto mentite spoglie , con passaporto inglese, ma fino alla fine ancora con un anelito di speranza. “E l’Italia, la mia bella Italia dov’è? “
L’Italia legale di allora – scrisse Indro Montanelli - non mosse palpebra, né pronunziò parola. Ma ancora oggi la sua coscienza morale rigorosa e la sua concezione tragica della vita come di un dovere d’assolvere e una missione da compiere lo rendono straniero in paese da melodramma come il nostro.
.Forse non è così. Forse ci sono – vogliamo sperarlo - ancora oggi molti italiani che lo vedono come padre autentico della Patria, e molti studiosi sostengono che senza di lui non ci sarebbe stato il Risorgimento italiano, fondato sul martirio dei fratelli Bandiera , di Pisacane, sui “trecento giovani e forti /che sono morti”..
Questo recital in fondo è una sorta di invito a coltivare tale speranza, nonostante tutto , a conoscere realmente la figura e le idee di uno dei padri della nostra Patria , in occasione del 150° anniversario dall’Unità d’Italia e del 140° anniversario di “Roma capitale” .E’ anche l’occasione di ridare a Mazzini – come disse Azeglio Ciampi – “quella cittadinanza morale e politica che gli venne negata in vita”. Ricordiamo , per inciso , che , alla lunga , Mazzini è stato profetico, si è praticamente realizzato tutto ciò che sembrava pura utopia, follìa: l’unità d’Italia , la Repubblica, l’unità Europea.
5 .Mazzini riserva e fonte continua e costante di umanità e progresso
Mazzini è , alla fine, il vincitore morale e politico del nostro tempo , oltrechè una riserva e una fonte continua e costante d’umanità per affrontare alcune crisi che debbono avere la soluzione dell'unità nella diversità. In un epoca di globalizzazione, il concetto mazziniano di popolo, avente ciascuno una propria identità e missione, da non annullare nella uniformità della fraternità universale, costituisce la chiave di volta per affrontarne, senza odio di classe o di razza, le sfide. Così come sul piano europeo una federazione, non omogenea né burocratica, può costituire la realizzazione degli ideali che unirono Giuseppe Mazzini . Oggi le sue idee e le sue concezioni di società sono vincitrici , anzi costituiscono la sola prospettiva civile e democratica d'avvenire. “È proprio vero, -ha scritto Maurizio Nocera , - che vi sono momenti nella vita di una nazione in cui occorre riguardare al suo passato per capire ciò che accade nel presente”. E questo è uno di quei momenti.
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