"La
morte della farfalla" di Pietro Citati
Di
Augusto Benemeglio
1. 1. Francis e Zelda
Prefiguratevi la scena, come in un film in bianco e nero di
Billy Wilder. Siamo nel 1918 , a Montgomery, media città dell’Alabama, profondo
sud. In una sala da ballo , vicino al “Camp Sheridan”, un elegante , giovane
Ufficialetto dell’esercito , originario del Midwest settentrionale , invita a
ballare una delle southern belles, fanciulle del Sud , che sono in sala. Lui è
molto dotato. Molto ambizioso.Molto egocentrico. L’unico suo obiettivo,
nonostante sia molto sensibile al fascino femminile , è quello di aver successo
, far soldi , ottenere ricchezza e fama attraverso i suoi libri . Lei è un vero
fiore di bellezza del Sud , piena di grazia e fascino. E di insolite buone
maniere. Una che vuole vivere nell’abbondanza e sentirsi bella , ammirata, al
centro delle attenzioni. Splendido fulcro di una società dalle continue
emozioni , una società in continua trasformazione. Lui è Francis Scott
Fitzegerald, lei Zelda Sayre , insieme daranno vita alla leggenda dei “ belli e
dannati” , del sogno americano degli anni venti e trenta.
2.La ricchezza è lo
scopo principale dell’uomo
Di loro due si occupa l’ultimo libro di Pietro Citati, “La
morte della farfalla”(Mondadori, 116 pagine,€ 13), la storia di una “coppia in
bilico tra genio e follìa , una storia che è una linea metodica fatta di
destini che s’incontrano e che si allontanano”, scrive Giovanni Mariotti sul
“Corriere della Sera”. Una storia di inseguimento del successo come “dono” e
“grazia” dell’esistenza, ma anche una storia di fallimento , alcool,
dissipazione, vite bruciate. Una storia che rispecchia il mito di quei tempi.
Se è vero come è vero che lo stesso presidente degli Stati Uniti di quell’epoca
, J. Calvin Coolidge , il puritano di Babilonia, dichiarava che la ricchezza “è
lo scopo principale dell’uomo”. E non esitava a definire le fabbriche i nuovi “
templi”, e il lavoro che ivi si svolgeva la celebrazione di un “ufficio
divino”, anche se i lavoratori dell’industria del tempo ( vedi “Tempi moderni”
di Charlie Chaplin) forse non lo percepivano come tale e volentieri avrebbero
buttato nella spazzatura il loro Presidente .
3.La maschietta
I due giovani dei ruggenti anni ’20 erano profondamente
diversi l’uno dall’altra , ma in alcuni aspetti erano molto simili, anzi
perfettamente uguali: volevano tutto, una vita senza risparmio , senza limiti ,
per un “ obiettivo superiore” . Volevano tutto e possibilmente subito,
somigliando in ciò moltissimo ai giovani di oggi.Lui aveva ventidue anni, lei
appena diciotto, ma era già abituata a giocare col fuoco, coll’alcol e la
droga. Bella , ricca e viziata , con un carattere ribelle , Zelda era una
talentuosa , ma certamente non una good girl. Abituata ad essere la più
corteggiata in occasione delle varie feste , già esperta in tutte le pratiche
nella provocazione erotica, per lei quell’Ufficialetto è uno dei tanti, per lui
invece no. Francis è affascinato dal nuovo tipo di femme fatale , infantile .
Una demi-vierge , che ribattezza subito flipper ( maschietta) , e la idealizza
enormemente per tutto il tempo in cui si troveranno assieme in quel week-end
del 1918. “Eppure ero assolutamente consapevole che Zelda fosse la ragazza più
complicata che avessi mai incontrato. Era sicura di sé, presuntuosa e priva di
autocontrollo. Ciononostante non volevo cambiarla. Ogni suo difetto si
accompagnava a un’energia passionale che lo annullava. Il suo egoismo la
portava a stare al gioco con grande durezza; la sua mancanza di autocontrollo
mi incuteva addirittura rispetto e la sua arroganza era ripetutamente spezzata
da istanti preziosi di rimorsi e autoaccusa, in un modo che quasi quasi mi
piaceva. Mi pungolava a fare qualcosa per lei , a ottenere qualcosa da poterle
offrire “.
4. Mi piace la tua
dolcezza triste
Tutti i successi che Francis otterrà al College divennero una
sorta di trofeo da esibire a Zelda. Lei in una delle sue tante lettere gli scriverà: ” Mi piace la tua dolcezza triste,
dopo che ti ho ferito: è uno dei motivi per cui non potrei mai dispiacermi per
le nostre liti, che ti assillano tanto, queste care piccole alterazioni durante
le quali , ho sempre cercato con tanta energia di indurti a baciarmi e
dimenticare tutto …Scott, al mondo non voglio altro che te e il tuo prezioso
amore : tutte le questioni materiali non hanno assolutamente importanza”. Erano
la coppia di sogno dell’età del jazz : entrambi di estrazione borghese, belli e
di talento , affamati di vita e di emozioni, volevano realizzare il sogno
americano di fama e di ricchezza. Per un po’ ci riuscirono. L’America stava
vivendo i roaring twenties , l’epoca che tentò di esorcizzare lo spettro della
Grande Guerra con un vitalismo sfrenato e una sconcertante libertà di costumi ;
erano gli anni delle “ maschiette” dai capelli corti , del proibizionismo ,
dell’automobile e delle facili fortune.
5. Di qua dal paradiso
Si sposarono il 3 aprile 1920, subito dopo il primo romanzo
di Fitzgerald , Di qua dal paradiso , che diventò immediatamente il culto di
una generazione. La coppia cominciò a vivere nel gran lusso e mondanità, fra
amici come Hemingway , Dos Passos , Edmund Wilson e Lardner . Zelda viveva nei
personaggi femminili di Scott , con la sua sensualità aggressiva , la sua
istintiva anticonvenzionalità, il suo estro disordinato. Avrebbe voluto
scrivere, dipingere, danzare , ma non riuscì a realizzarsi in nessuno di questi
campi . E lui in qualche modo la ostacolò , incitandola contraddittoriamente a
rendersi autonoma e ad assoggettarsi al suo talento superiore. Questa spinta
ambigua contribuì alla lacerazione della fragilità psichica di Zelda. I suoi
crolli nervosi, l’alcolismo di Scott gli eccessi di entrambi , la spietata concorrenza
in campo letterario all’interno della coppia fermarono bruscamente l’ascesa verso il sogno stesso. E
poi incomprensioni gelosie , la lontananza dovuta a sempre più frequenti
ricoveri di Zelda, li portarono a separarsi. Scott continuava senza tregua
nella sua lotta contro l’alcol e contro i debiti , malgrado il successo
letterario dei romanzi che seguirono.
6.Il Grande Gatsby
La loro vita la troviamo trasfigurata nei personaggi del
Grande Gatsby , di Tenera è la notte , mentre si avviava al suo inevitabile
tragico epilogo , una vita che diventò simbolo di una generazione . I due , pur
da sempre inconciliabili , rimasero egualmente legati fino all’ultimo ,
rivivendo a tratti l’eco di una passione lontana. Il tour in Europa , nel
periodo di Parigi capitale del mondo dell’arte e della cultura , l’amicizia con
Ernst Hemingway ( “Non riesco a dirti, caro Ernst , quanto abbia significato
per me la tua amicizia in questo anno e mezzo: per me è l’evento deciso del
nostro tour in Europa”) In realtà erano due tipi completamente diversi, Scott
ed Ernst. Scott era minuto e poco sportivo, aveva poco coraggio, reggeva
malissimo l’alcol e perdeva facilmente la testa mettendo da parte ogni
sensibilità e tutte le buone maniere; Ernst era temprato dalla guerra e dalle
avventure , aveva un aspetto robusto, tetragono , abituato a bere, buon boxer ,
amante delle corride e delle imprese rischiose. Scott viveva in un albergo a
cinque stelle , Ernst in una stamberga di Parigi , e scriveva ogni giorno in un
piccolo caffè, la Closerie des Lilas. Di Scott dirà: “ Ha sempre abusato della
propria persona , del proprio talento. Lui rappresenta la grande tragedia di un
ingegno della nostra generazione maledetta”
7. Hemingway
omosessuale
Quando si conobbero , Ernst viveva a Parigi con la prima
moglie , Hadley,ma le cose non funzionavano, erano in procinto di separarsi, ma
anche Scott viveva un momento particolarmente difficile del suo matrimonio.
Zelda era gelosa , aveva in grande antipatia Hemingway , (che a sua volta la
considera una squilibrata , una rovina per Scott) e smascherava il macho che
era in lui con salaci battute e calunnie. Arrivò addirittura a far circolare
voci che fra i due scrittori ci fosse una relazione omosessuale , sapendo
benissimo che era la cosa che più temeva Hemingway, cioè quella di essere
considerato un pansy , un gay , che avrebbe distrutto la sua virilità . Ernst
respinge rabbiosamente il sospetto di Zelda e dice a Scott di ricoverarla . Ma
Zelda insiste , e dice che lo stesso Scott ha mostrato in più circostanze le
sue espressioni ambigue riguardo al proprio lato femminile. Del resto – ammette
– io stessa ho tendenze lesbiche , mi sono innamorata della mia insegnante di
danza , Jegorova ,colla quale ho avuto una relazione erotica . Ormai il
matrimonio è al crollo , alla catastrofe , quasi in coincidenza del crollo
della borsa di Wally Street , il 24 ottobre del 1929, un venerdì nero . Insieme
al collasso finanziario , si compie il destino di Scotte e Zelda, destino che
la realtà politica sfiora appena. In realtà il progressivo disorientamento
spirituale , l’alcol e altre droghe , lo stress nervoso e la follia di Zelda
alla fine composero una sorta di miscela esplosiva e irreversibile.
8. La morte di Zelda
Ispirato alla tragica esperienza della pazzia di Zelda , che
morì arsa nell’incendio dell’ospedale dov’era ricoverata , a soli trentasei
anni ( “Che cosa rimane di ciascuno di noi? Una pianella carbonizzata, come
quella che permise di riconoscere il cadavere di Zelda) nacque il romanzo
“Tenera è la notte” , l’ultima grande opera di Scott. Nel giugno del 1937, in
parte per pagare i propri debiti, in parte perché subiva ancora il fascino di
Hollywood ( da cui era stato più volte respinto) e non aveva rinunciato al
vecchio sogno di conquistarla, Fitzgerald accettò un contratto di sei mesi con
la Metro Goldwin Mayer, e un’opzione per altri dodici mesi che non si lasciò
sfuggire. A dispetto della cattiva salute e dell’alcoolismo, nel settembre del
1939, avendo Collier’s accettato di pagargli venticinque o trentamila dollari
come anticipo sui diritti di serializzazione per un nuovo romanzo alla consegna
delle prime quindicimila parole, smise di bere e si mise al lavoro con indomito
entusiasmo, non scoraggiato neppure da un primo attacco di cuore nel novembre
del 1940.
9. Gli ultimi fuochi
Non riuscirà tuttavia a portare a termine The Last Tycoon
(Gli ultimi fuochi), perché il 20 dicembre 1940 venne colpito da un secondo
attacco di cuore, che gli fu fatale. Aveva solo quarantaquattro anni, e il dono
e la grazia del successo lo stavano già abbandonando, ma forse quello che
veramente aveva corteggiato Scott era in realtà l’esperienza drammatica della
perdita, della sconfitta, del fallimento, dov’erano le trame invisibili e gli
smalti fascinosi e seducenti di una tela di ragno, le note più profonde della
sua musica naturale che lo aveva accompagnato per tutta la sua adolescenza.